Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  18 luglio 2017

"Il capitalismo è morto per overdose"

La teleconferenza di martedì sera (presenti 11 compagni) è cominciata con un riferimento all'ultima newsletter, in particolare al trafiletto sulla struttura del debito americano.

Il dollaro è ancora la principale moneta di riserva e di scambio internazionale, ma non è più sostenuto dalla potenza economica di una volta. Se gli Stati Uniti consumassero di meno avrebbero meno debito, ma comprerebbero anche meno merci dalla Cina che, ricordiamolo, possiede buona parte del debito pubblico americano. Quest'ultima intanto vede aumentare la sua presenza nel mondo: dal porto del Pireo in Grecia alla nuova base militare in Gibuti, passando per il progetto della Nuova Via della Seta, il Dragone è costretto a espandersi per dare sfogo alla sua esuberanza produttiva. Anche l'India, che per numero di abitanti è salita in prima posizione, sarà costretta a fare altrettanto. Però il pianeta è piccolo e la crescita di un paese va a scapito dell'altro. A tal proposito, abbiamo ricordato l'articolo "Il fiato sul collo" (n+1, n. 4):

"Gli Stati Uniti hanno bisogno della Cina per la loro politica orientale, ma gli servirebbe meno indipendente. La quadratura del cerchio non è fattibile. D'altra parte Giappone, Russia e India non sono alleati tradizionali e gli Stati Uniti devono per forza continuare la politica orientale imperniata sulla Cina iniziata da Nixon. Ognuno dei due paesi non può che appoggiarsi all'altro, ma non può ovviamente rinunciare al proprio ruolo locale e mondiale. I sondaggi reciproci, compresi gli 'incidenti' di percorso, vanno intesi in questo senso: sempre più concorrenti, ma sempre più legati da comuni interessi."

Insomma, se saltano gli Usa salta anche la Cina e viceversa. E siccome i rapporti interimperialistici stanno velocemente degenerando, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti lancia l'allarme. Un compagno ha letto e commentato alcuni passi dell'articolo "Pentagon study declares American empire is 'collapsing'" del giornalista Nafeez Ahmed, il quale analizza uno studio del Pentagono in cui si afferma che l'ordine internazionale sostenuto dagli Stati Uniti dalla seconda guerra mondiale in poi starebbe crollando, portando gli americani a perdere la propria posizione di "primato" negli affari del mondo.

Per contrastare questo processo il Dipartimento della Difesa propone più sorveglianza, più propaganda e più espansione militare. Nello studio si nota inoltre che non è solo l'America ad avere dei problemi ma è l'autorità dei governi di tutto il mondo che si sta dissolvendo:

"Gli Stati e le strutture tradizionali delle autorità politiche sono sotto la pressione crescente di forze endogene ed esogene... La frattura del sistema globale post Guerra Fredda è accompagnata dalla lacerazione interna del tessuto politico, sociale e economico di praticamente tutti gli stati."

E' stata letta anche un'intervista dell'Espresso al sociologo Wolfgang Streeck, direttore del Max-Planck Institut di Colonia, che nel suo ultimo libro, How Will Capitalism End? Essays on a Failing System, sostiene che il capitalismo è fallito:

"Il fatto che il capitalismo sia riuscito a sopravvivere alle teorie sulla sua fine non significa che sarà in grado di farlo sempre. La sua sopravvivenza è sempre dipesa da un costante lavoro di riparazioni. Ma oggi le tradizionali forze di stabilizzazione non possono più neutralizzarne la sindrome da debolezza accumulata. Il capitalismo sta morendo perché è divenuto più capitalistico di quanto gli sia utile. Perché ha avuto troppo successo, sgominando quegli stessi nemici che in passato lo hanno salvato, limitandolo e costringendolo ad assumere forme nuove. Siamo di fronte a una dinamica endogena di autodistruzione, a una morte per overdose da sé stesso. Seguirà un lungo interregnum, un prolungato periodo di entropia sociale e disordine. La sua fine va intesa come un processo, non come un evento."

Interessante: il capitalismo è morto perché ha avuto troppo successo. Viene in mente Marx quando scrive che il maggior nemico del capitale è il capitale stesso.

Nella citazione riportata sopra, termini e linguaggio assomigliano ai nostri, ma non c'è da stupirsi: siamo tutti risucchiati dal vortice della rivoluzione e tutti dobbiamo fare i contri con essa, però solo chi ha gli strumenti teorici adatti riesce a orientarsi nel marasma sociale in corso. Streeck proprio non ce la fa a trarre conclusioni coerenti con le premesse del suo ragionamento e arriva a sostenere che dobbiamo rendere "meno globale" il capitalismo perché "non esiste futuro ordine europeo senza gli Stati-nazione."

Che dire di fronte a questo rigurgito di nazionalismo? Che è impossibile far tornare indietro la ruota della storia, de-globalizzare il mondo come vorrebbe il presidente Trump. L'involucro capitalistico non corrisponde più al suo contenuto, deve saltare per lasciare il posto ad una forma sociale superiore.

Due articoli del Sole24Ore hanno attirato la nostra attenzione: 1) "Ecco perché il 2017 non sarà l'anno del gran ritorno dell'inflazione"; 2) "Metà della ricchezza mondiale in mano all'1% della popolazione". Nel primo si dice che la rivoluzione tecnologica ha reso obsolete tante professioni e per questo i salari non crescono, nel secondo che entro il 2021 gli "almeno milionari" arriveranno a controllare la metà della ricchezza planetaria, percentuale che toccherà quota 70 negli Stati Uniti. Queste cifre sono importanti perché la polarizzazione economica è il fattore scatenante della polarizzazione politica tra le classi, come spiegato nel filo del tempo "Imperialismo vecchio e nuovo" (1950):

"Per la dimostrazione che il sistema capitalistico deve cadere, per la rivendicazione del suo abbattimento, per il diritto, se così vogliamo esprimerci, di denunziarlo infame, non è condizione necessaria la prova che sopravvivendo abbasserà il tenore medio di vita mondiale. Il capitalismo deve cedere a forme di più alta resa economica oltre che per le sue infinite conseguenze di oppressione, distruzione e di strage, per la sua impossibilità ad 'avvicinare gli estremi delle medie' non solo tra metropoli e paesi coloniali e vassalli, tra zone progredite industriali e zone arretrate agrarie o di agricoltura primordiale, ma soprattutto fra strato e strato sociale dello stesso paese, compreso quello dove leva la sua bandiera negriera il capitalismo più possente ed imperiale."

Abbiamo inoltre accennato al pezzo della newsletter sui partigiani che vanno a combattere in Siria a fianco delle milizie curde delle YPG, aiutate dai tanto odiati - almeno nell'ambiente sinistroide - Yankee. Per quanto ci riguarda, la consegna è: non tradire, che vuol dire lottare contro il coinvolgimento dei proletari in una partigianeria per l'uno o per l'altro fronte borghese, sia esso americano, europeo o islamico.

La teleconferenza si è conclusa con un breve commento sulla disoccupazione giovanile, la crescita dell'astensionismo e gli scandali di pedofilia che vedono coinvolta la Chiesa, tutte manifestazioni di disgregazione delle vecchie strutture politiche e sociali. Come in Brasile, Polonia, Marocco e Turchia, dove cresce il disagio sociale e centinaia di migliaia di persone si riversano nelle strade dando vita a mobilitazioni anti-governative (potenzialmente out of control la situazione in Egitto e Venezuela). Sono movimenti che possono trascendere in altro, ma per adesso non rappresentano l'anti-forma. Occupy Wall Street, non ci stanchiamo di ripeterlo, è stato l'unico movimento del XXI secolo che fin dall'inizio si è posto contro il capitalismo, senza fare rivendicazioni, senza leader e voltando le spalle al sistema politico dell'1%.

Articoli correlati (da tag)

  • Processi evolutivi e probabilmente anche catastrofici

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo la produzione di autovetture elettriche.

    Il colosso cinese BYD ("Build Your Dreams") ha superato Tesla di Elon Musk in numeri e fatturato, attestandosi come primo produttore di auto elettriche al mondo. BYD sta costruendo a Zhengzhou una fabbrica di 130 kmq (una superficie maggiore di quella di Napoli), che impiegherà circa 90mila lavoratori e conterrà al proprio interno tutto il necessario per la costruzione delle automobili: dalla produzione di batterie, motori e carrozzerie, fino alle abitazioni per i dipendenti e alle aree per lo svago. La Cina ha la necessità di sviluppare il mercato interno, dato che negli ultimi anni la sua crescita è dipesa dalle esportazioni; ora si sta preparando per far fronte ai dazi e alle barriere doganali.

    Nella produzione di automobili a combustione prima c'è stata la grande fabbrica fordista, che realizza tutte le componenti al proprio interno; successivamente, si passa ad una fabbrica globale distribuita sul territorio, in cui ogni stabilimento-reparto produce un qualche semilavorato. Ora sembra che in Cina si stia ritornando alla concentrazione industriale. La crisi dell'automobile fornisce indicazioni sullo stato di salute del capitalismo: troppi produttori, troppi autoveicoli da costruire per ricavare una massa di profitto che giustifichi gli investimenti. L'elevata composizione organica del capitale determina un calo del costo unitario della merce, e tale processo porta ad aumentare la massa della produzione ma, al contempo, causa il calo dei profitti. Mettendo in atto le controtendenze alla caduta del saggio di profitto, la borghesia, come ci spiega Marx, non fa altro che spostare i problemi nel futuro, ingigantendoli.

  • Accumuli e catastrofi

    La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo i temi trattati nella relazione "Peculiarità dello sviluppo storico cinese" presentata durante lo scorso incontro redazionale (15-16 marzo).

    La Cina ha attraversato una lunga guerra di liberazione nazionale (1927-1950) durante la quale la tattica del fronte unito con il Kuomintang, lanciata dal PCC in funzione antigiapponese, portò prima al disarmo e poi al massacro dei comunisti. In seguito alla vittoria della rivoluzione borghese, si rese necessario sviluppare il mercato interno e l'industria; la storia del capitalismo è la storia dell'assoggettamento della campagna alla città. Con la fine degli anni '70 si chiuse un'epoca e si aprì la strada ai finanziamenti esteri che, con le riforme, trasformarono completamente il paese (Deng Xiaoping: "arricchirsi è glorioso"). Il processo di accumulazione originaria, che nei paesi occidentali ha impiegato decine e decine di anni per compiersi, in Cina avviene bruscamente, portando con sè profondi disastri ambientali e sociali. Lo sradicamento dei contadini dalle zone rurali provocò migliaia di rivolte, soffocate con la forza dall'esercito.

    La Cina contemporanea non è solo un paese industrializzato, ma anche finanziarizzato. Nell'articolo "Tessile cinese e legge del valore" abbiamo visto che le contraddizioni riversate in Asia dall'Occidente sono poi tornate indietro amplificate. La vulcanica produzione cinese corrisponde al declino produttivo in altri paesi. La cosiddetta de-industrializzazione dell'Occidente non è causata da cattive scelte politiche, ma dalle leggi inerenti la natura del sistema capitalistico.

  • Accelerazionismo e forze storiche

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla segnalazione di un articolo del sito Futuro Prossimo, intitolato "USA senza freni: l'accelerazionismo tecnologico di Trump e Musk".

    Nell'articolo, Ben Buchanan, ex consigliere per l'IA per la Casa Bianca, afferma che l'accelerazionismo, una corrente di pensiero secondo cui lo sviluppo tecnologico non deve avere limitazioni, è diventato la dottrina ufficiale dell'amministrazione Trump, con conseguenze potenzialmente rivoluzionarie. Per il nuovo esecutivo politico americano la vera minaccia non è la mancanza di regole, bensì il rischio di restare indietro nella corsa globale all'intelligenza artificiale generale. I meccanismi di funzionamento dello Stato sono troppo lenti per tenere il passo con l'innovazione tecnologica, perciò è necessaria una "distruzione creatrice" di schumpeteriana memoria. Di qui i piani di licenziamento dei lavoratori del DOGE (dipartimento per l'efficienza governativa statunitense) voluti da Elon Musk. Sembra che parte dei 1.500 dipendenti federali della General Services Administration recentemente allontanati verranno sostituiti dalla chatbot GSAi.

    Joseph Schumpeter sviluppa la teoria della "distruzione creatrice" basandosi sull'opera di Marx, in particolare sul passaggio del Manifesto del partito comunista in cui si afferma che la società borghese è costretta a rivoluzionare "di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali".

Rivista n°56, dicembre 2024

copertina n° 56

Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email