Le crisi storiche del valore avvengono sempre quando si verifica un salto nello sviluppo delle forze produttive. Dall'odierna composizione organica del capitale non si può tornare indietro: l'automazione e la digitalizzazione sono gli elementi caratterizzanti della produzione d'oggi, tanto che i capitalisti riportano le fabbriche in patria perché con la robotizzazione non conviene più delocalizzare. Il passaggio dal sistema di macchine alle reti informatiche comporta un cambiamento di natura strutturale: se nella fabbrica potevamo scorgere dei saggi di comunismo (Operaio parziale e piano di produzione), il sistema elettronico è già intrinsecamente comunista (Informazione e potere). Da ciò se ne ricava che il capitalismo è un involucro che non corrisponde più al suo contenuto (Lenin, L'imperialismo).
A proposito di nuove produzioni, dal 20 al 24 marzo ad Hannover 3 mila aziende provenienti da 70 paesi si confronteranno sui temi della robotica e del "machine learning" per trovare nuovi modi per fare business. Tra gli ospiti più attesi ci sono Ray Kurzweil, teorico della singolarità tecnologica, ed Edward Snowden, l'ex tecnico della CIA che ha rivelato al mondo i programmi segreti di sorveglianza di Usa e Regno Unito. Ancora una volta il tema sarà quello della sfida rappresentata dall'avvento dell'era dei robot.
Sempre più analisti lanciano l'allarme "lavoro" mettendo in guardia i governi dagli effetti collaterali causati dai rapidi progressi compiuti nel campo dell'intelligenza artificiale e della robotica. In molti parlano di un futuro di disoccupazione di massa per l'umanità arrivando ad indicare con precisione, con date vere e proprie, quando verranno superati punti di non ritorno. Ora, siccome per la nostra corrente "ognuno che forma e possiede piani, lavora su dati del futuro", non è forse l'insieme della società che, tra mille difficoltà, sta arrivando alla conclusione che così non si può andare avanti e che bisogna cambiare?
Il cambio di paradigma avverrà, il comunismo è la "conoscenza di un piano di vita per la specie" (Proprietà e Capitale, cap. XVII).
Quando nel 2008 abbiamo scritto Non è una crisi congiunturale, in tanti ci chiedevano se si trattasse di una situazione passeggera oppure se fossimo di fronte all'inizio della Grande Crisi. Senza mezze misure abbiamo risposto che, se la crisi è "storica", ciò significa che ha una freccia nel tempo e, come accade per tutte le cose dell'universo, anche il capitalismo è soggetto al secondo principio della termodinamica poiché dissipa più energia di quanta riesca a produrne. La grande legge generale biologica dell'auxologia si può estendere allo studio della società umana e dimostra il decremento della crescita nel tempo.
La sovrastruttura politica è tutto sommato coerente con la struttura economica capitalistica: la perdita di energia riguarda molteplici aspetti sociali ed economici. Se la crisi non è più in grado, come nel secolo scorso, di riattivare grandi cicli di valorizzazione, se non è più una malattia acuta che parte da un settore o da un'area per diffondersi come un'epidemia (la centralizzazione ha integrato i diversi settori), se diventa una malattia cronica che interessa il globo intero (la finanza internazionale sincronizza tutto), non si può fare altro che prendere atto che un ciclo si è chiuso.
Al suo esordio il capitalismo aveva alti tassi di crescita e ciò corrispondeva a una fase fiorente della borghesia (repubbliche marinare e comuni in Italia); ad essa ne è seguita una di stabilizzazione rappresentata dai fascismi e dalla ricostruzione postbellica (Piano Marshall). Dopodiché è iniziato un periodo di crisi in cui il sistema ha cominciato a perdere sempre più energia (Bordiga nel 1953 parlava del capitalismo come di un cadavere che ancora cammina), mentre le anticipazioni della società futura si sono fatte sempre più visibili (Marcati sintomi di società futura).