A Torino, dove eravamo presenti con la nostra stampa, si sono verificati dei momenti di tensione tra le forze dell'ordine e lo "spezzone sociale", la parte più vivace del corteo che raccoglieva i centri sociali e numerosi manifestanti No Tav (all'interno anche alcuni consiglieri del M5S). La polizia ha tentato di tenere a distanza questo blocco da quello del PD, anche con delle cariche, ma il tutto è rimasto all'interno delle beghe politiche ed elettorali. Molto più interessante invece la manovra a sorpresa di una trentina di rider, che sono riusciti a trovare un varco nel corteo blindato dalle forze di polizia e a prenderne la testa, bloccando l'ingresso in piazza San Carlo dove, come ogni anno, era allestito il palco delle istituzioni e dei sindacati. Grazie all'azione fulminea dei gig-workers, il corteo si è fermato per alcuni lunghi minuti durante i quali i rider hanno urlato slogan contro le piattaforme del food delivery (Gloovo, JustEat, ecc.), il governo e i sindacati, raccogliendo molta solidarietà tra i presenti. A quel punto carabinieri e servizio d'ordine della Cgil si sono accordati e hanno fatto in modo che i ciclofattorini entrassero per primi in piazza, sbrogliando una situazione che poteva diventare molto complicata, almeno per loro. Viene da domandarsi cosa sarebbe accaduto se il blocco fosse continuato, ma comunque resta il fatto che il corteo è stato aperto dai rider, che sono entrati in piazza San Carlo urlando contro i confederali "venduti, venduti!" e "basta trattare, è ora di lottare!" (video: 1° Maggio - Sciopero rider Torino).
Abbiamo scritto molto sulle lotte dei rider: questi precari lavorano secondo lo schema on-demand cioè quando serve, con un rapporto diretto consentito da applicazioni e piattaforme digitali sviluppate appositamente. Domanda e offerta si incontrano on-line, ma ovviamente con un'assoluta asimmetria, dato che il lavoratore non ha nessun mezzo per intervenire nel sistema. A meno che non blocchi tutto, coordinandosi in rete con altri senza riserve.
I partiti della sinistra che sfilano ogni anno nel corteo del Primo Maggio a Torino si sono "liquefatti", sostenuti ormai solo dalla presenza massiccia delle forze di polizia e da servizi d'ordine appaltati ad agenzie private. Sulla stampa mainstream dei rider non ha parlato quasi nessuno, mentre grande risalto è stato dato allo scontro tra i No Tav e lo spezzone del PD. Alla fine, la violenza è stata a senso unico: è la polizia che ha menato, mentre dai microfoni i leader No Tav invitavano alla calma e a non rispondere alle provocazioni. I pompieri sociali vogliono difendere lo status quo mantenendo la protesta entro limiti compatibili, ma non riusciranno a lungo nel loro intento, anche perché la struttura materiale del capitalismo negli ultimi anni è profondamente cambiata togliendo la terra sotto i piedi ai cultori della pace sociale. Il vecchio patto corporativo si sta dissolvendo: la carota è sparita ed è rimasto solo il bastone. Secondo Ezio Mauro, per decenni il lavoro (salariato) ha garantito ai lavoratori gli elementi di base "ai quali si appoggiava per entrare in un'altra dimensione, civile e culturale, con la capacità di creare una coscienza dei diritti, un'intelligenza civica del collegamento tra l'individuale e il collettivo, un sentimento della cittadinanza. È esattamente questo che è entrato in crisi, quando parliamo di lavoro" ("Primo Maggio, quando il lavoro è mutante", Repubblica, 30.4.19). Per il giornalista tutto ciò è negativo, per noi ovviamente è vero il contrario.
Sempre più frequentemente in occasione di grandi manifestazioni lo Stato blinda preventivamente i cortei temendo di perdere il controllo della piazza. La repressione preventiva è segno di debolezza e non di forza. Il livello di violenza potenziale e cinetica messo in atto dallo stato francese durante il corteo del 1° Maggio a Parigi è sintomatico.
Sul fronte economico abbiamo commentato l'articolo di A&F di Repubblica del 5 maggio "La ritirata delle banche centrali: inflazione e crescita, fermi i tassi". La BCE, la FED e la Banca del Giappone con l'appoggio della Banca Mondiale hanno sospeso il rialzo dei tassi. Le quattro istituzioni economiche hanno deciso di non prendere alcun provvedimento: "la 'normalizzazione' è rinviata all'anno prossimo." Un'inflazione troppo bassa, dicono gli economisti, indica scarsa attività economica e insufficienti consumi. Mario Draghi ha insistito molto negli ultimi anni a favore di misure che aumentino l'inflazione. In matematica invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia, ma nella società, ironizzava Marx, se quando piove si apre l'ombrello non basta aprire l'ombrello per far piovere. Insomma, nonostante i ripetuti stimoli monetari, vere e proprie iniezioni di droga economica, l'inflazione non cresce. Di tutto è stato escogitato per rianimare il cadavere capitalistico, ma i risultati non sono certo positivi. E di fronte a questa situazione desolante, i governi adottano misure come la legge Hartz in Germania, lo SMIC in Francia o il Reddito di Cittadinanza in Italia, puntando a tamponare la situazione e a prendere tempo. Il sistema-mondo funziona ancora perché India e Cina con i loro tre miliardi di abitanti riescono a pompare plusvalore e a farlo circolare, ma questi paesi invecchiano velocemente.
Un compagno ha poi accennato a un semilavorato in corso sulla rendita, basato sul lavoro della nostra corrente "Mai la merce sfamerà l'uomo" (1953-1954). Il tema della rendita è molto importante, soprattutto per la tendenza capitalistica alla diminuzione del prezzo dei prodotti manifatturieri, in parallelo all'aumento di quelli della terra. Già in Marx possiamo trovare gli elementi teorici utili per una critica alle teorie socialdemocratiche della decrescita. Secondo la teoria marxista della rendita, il prezzo unitario delle singole merci tende a diminuire anche in seguito all'aumento della produttività, mentre uno dei maggiori limiti per il capitalismo è il costo delle materie prime dato che il mondo ha dei limiti fisici. Siccome questo processo non si può invertire rimanendo all'interno della presente forma sociale, la soluzione per i riformisti è la (impossibile) gestione della catastrofe. E quindi ecco un gran parlare di produzione agricola autogestita, ecovillaggi, giardini urbani, gruppi di consumo, cooperative integrali, ecc. E' nato anche un movimento, Extinction Rebellion, che vuole fermare la perdita di biodiversità e il collasso ecologico usando la matematica come strumento per pianificare le mobilitazioni. Esso avrebbe inventato "l'algoritmo delle proteste".
Questi sono tutti tentativi di fuoriuscita dallo stato di cose presente, ma non riescono ad affrontare il problema alla radice, visto che non impugnano l'unica arma oggi a disposizione: la vecchia ma sempre valida critica dell'economia politica. Addirittura il Corriere della Sera (Sandro Orlando, 2.5.19), recensendo uno scritto dell'ambientalista George Monbiot, titola un articolo "Il capitalismo è morto e la crescita sostenibile non esiste".
Il mondo ha metropoli che contano trenta milioni di abitanti, difficilissime da gestire e da alimentare, con un'immensa quantità di manufatti affittati o venduti, attrattori di rendita. La forbice tra prodotti industriali e agricoli/minerari è una dannazione per il capitalismo che può far crescere la produttività nel ciclo industriale, ma non può sottrarre alla terra materiale organico allo stesso ritmo. Il petrolio estratto non tornerà più, così come l'energia sociale dissipata e le specie animali estinte.
La questione agraria dunque è centrale perché tira in ballo la condizione dell'umanità nei prossimi decenni, la quale dovrà inevitabilmente fare i conti con un pianeta in preda ad una serie di crisi interconnesse, non ultima, quella ecologica.