L'imprenditore sudafricano è certamente un capitalista visionario: con Tesla ha lanciato la sfida delle auto "intelligenti" a guida autonoma alimentate da batterie elettriche. L'azienda più importante del suo gruppo rimane SpaceX, compagnia che progetta e costruisce razzi spaziali e ha come scopo finale la colonizzazione di Marte. Hyperloop è invece un'ipotesi di tecnologia per il trasporto ad alta velocità di merci e passeggeri all'interno di tubi a bassa pressione. Musk ha costituito inoltre OpenAI, un'organizzazione non profit che si occupa di ricerca nel campo dell'intelligenza artificiale.
Tra le varie aziende tecnologiche Tesla è una di quelle che ancora produce qualcosa di materiale, come le autovetture elettriche e i pannelli fotovoltaici; ma le cinque maggiori società del settore, Apple, Amazon, Google, Facebook e Microsoft, producono perlopiù merci immateriali, realizzando un valore di Borsa di 5200 miliardi di dollari (l'11% in più rispetto al 2015). E' come se il capitale investisse contro se stesso, aumentando la centralizzazione intorno a giganteschi monopoli che hanno valore fittizio. Sia che si tratti di cellulari, di social network o di motori di ricerca, in ogni caso queste aziende, che operano con i big data, e raccolgono e processano miliardi di informazioni frutto delle interazioni di masse enormi di individui connessi in Rete, funzionano come piattaforme per la cooperazione sociale. Da una parte il capitale non trova, in un mondo ingolfato di merci, sbocchi adeguati nel settore classico della produzione industriale e si rifugia nel valore fittizio della Borsa; dall'altra social network come Facebook, installati sugli smartphone di un paio di miliardi di persone, sono utilizzati, tra le altre cose, per coordinare manifestazioni e proteste, e per diffondere foto, video e immagini in tempo reale dai quattro angoli del mondo.
Il boom delle speculazioni sulle nuove tecnologie ha preso il via nel 2000, quando America on Line (AOL), un'azienda di servizi su Internet relativamente piccola e presente in Borsa solo dal '92, compra una serie di attività nel campo dell'intrattenimento, tra cui Time Warner, il più grosso gruppo mediatico del mondo, un colosso con una storia pluridecennale alle spalle. AOL può compiere il "miracolo" grazie alla sola garanzia del valore delle sue azioni in Borsa (nostro articolo "Massimo di centralizzazione"). La capitalizzazione mondiale non c'entra nulla con il valore "reale", si tratta di compravendita di titoli, giustificata negli scambi di Borsa. Oggi, tutto il sistema economico mondiale si sta polarizzando sul settore tecnologico, dai Big Data all'intelligenza artificiale, e si sta cioè virtualizzando. Questa situazione non si può generalizzare, poiché solo la produzione di merci materiali giustifica la capitalizzazione in Borsa delle società. Il capitale deve valorizzarsi da qualche parte, dato che non può concentrarsi nemmeno più sulle case, come scrive l'Economist. Nessuno è in grado di quantificare l'ammontare del capitale fittizio in giro per il mondo, tenendo conto che solo i derivati raggiungono cifre inimmaginabili: circa 2,2 milioni di miliardi di dollari, 33 volte il Pil mondiale.
Siamo poi passati a parlare della prossima conferenza di "n+1", in programma per sabato 29 febbraio a Roma alle 16.30 presso il Circolo Mario Mieli (Via Efeso 2A), che prenderà le mosse dall'articolo della rivista n. 46 "Che fine ha fatto il futuro?".
La controrivoluzione demo-fascio-stalinista ha rappresentato un micidiale furto di futuro, poiché ha costretto intere generazioni di uomini a focalizzare la loro attenzione sul passato. Una società che confronta sé stessa unicamente con ieri invece che con domani, è morta. In un periodo come questo, dove il peso del passato continua ad avere effetti negativi su individui e gruppi (anche su coloro che si definiscono comunisti), è d'obbligo parlare del futuro. Almeno da settant'anni la corrente a cui facciamo riferimento batte su questi argomenti e questo è il nostro grande vantaggio sull'avversario di classe. Si pensi al filo del tempo "Esploratori nel domani" (1952), in cui si afferma che i comunisti sono "più solidi nella scienza del futuro che in quella del passato e del presente".
Esiste una condizione intrinseca, di natura fisica diremmo, che spinge il militante rivoluzionario ad agire secondo le indicazioni che arrivano dalla società futura, rifiutando di avere a modello le organizzazioni realizzate in passato, e pure quelle che furono un tempo rivoluzionarie. In "Proprietà e Capitale" (1948) si può leggere un passaggio molto chiaro in merito:
"Il problema della prassi del partito non è di sapere il futuro, che sarebbe poco, né di volere il futuro, che sarebbe troppo, ma di 'conservare la linea del futuro della propria classe'."
I movimenti sociali degli ultimi anni, da quello delle banlieue francesi ad Occupy Wall Street, fino a quelli di Hong Kong, dell'Iraq e della Francia, si sono contraddistinti per il fatto di essere leaderless, caratteristica che successivamente si è generalizzata a tutto il mondo. "La Rivoluzione si rialzerà tremenda, ma anonima", affermava la nostra corrente negli anni Cinquanta in "Fantasime carlailiane" (1953). Finché il Capitale-zombie rimane in piedi avremmo a che fare con l'opportunismo (si pensi alle sardine, benedette dal Vaticano), ma ormai l'organizzazione in Rete è un fenomeno irreversibile che lascia sempre meno spazio per capi, leaderini movimentisti e strutture gerarchiche piramidali. Questo è un importante passo in avanti, da cui non si può tornare indietro. Il capitalismo è precipitato in una condizione senza via d'uscita, e nella società sta maturando un senso di disagio profondo che sta mobilitando sia coloro che hanno già perso qualcosa, sia coloro che temono di perdere qualcosa ("Rivolta contro la legge del valore", newsletter n. 237).
Nelle recenti mobilitazioni (legge sull'estradizione ad Hong Kong, aumento del costo del carburante in Francia, rialzo dei prezzi dei biglietti della metropolitana in Cile, ecc.), quelle che all'inizio erano le rivendicazioni ufficiali sono velocemente passate in secondo piano, e una nuova esigenza ha cominciato a farsi strada. Non si manifesta più tanto per rivendicare qualcosa, ma per la necessità di scendere in piazza (in Francia siamo al 65esimo sabato consecutivo di manifestazioni dei gilet gialli). Lo spiega bene Marx nei Manoscritti del 1844:
"Quando gli operai comunisti si riuniscono, essi hanno in un primo tempo come scopo la dottrina, la propaganda, ecc. Ma con ciò si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del bisogno di società, e ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo."