"Se si aspetta che 'le persone' abbiano la percezione viva del pericolo", aggiungono i due autori dell'articolo, "significa che è già molto molto tardi. Se, in più, quelle persone vengono costantemente bombardate da informazioni contrastanti, la percezione collettiva del rischio sarà sempre più lenta da raggiungere."
I sette punti elencati da Vespignani e Giordano ricordano le indicazioni fornite all'inizio della pandemia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità che, oltre a raccomandare la necessità di isolare i contagiati (dalla famiglia, dai compagni di lavoro e dai viaggiatori) e di curarli in ospedali appositi (dove non vi siano malati di altre patologie), sottolineava l'importanza di informare le popolazioni al fine di innescare la collaborazione tramite l'autodisciplina. Per esempio sarebbe stato utile spiegare chiaramente cosa significa crescita esponenziale e quali sono le sue conseguenze.
Una progressione esponenziale dei casi di contagio (in Italia siamo già a 30-35 mila nuovi positivi al giorno) comporta una crescita parimenti elevata del numero dei letti occupati negli ospedali, e quindi del rischio che le terapie intensive raggiungano la saturazione in brevissimo tempo, mandando in tilt l'intero sistema sanitario. Fare schemi, simulazioni e modelli matematici è fondamentale per capire l'evoluzione di un'epidemia e per muoversi di conseguenza. Invece i governi, in barba ai dati e alle proiezioni, durante l'estate hanno veicolato un messaggio di graduale ritorno alla normalità, e ora, di fronte a curve in rapida risalita, lanciano l'allarme e corrono ai ripari con nuovi lockdown. Incapaci di dare informazioni chiare e fondate, i governi hanno generato un cortocircuito comunicativo, producendo confusione, rabbia e disorientamento nella società.
Basta poco perché si inceppi il meccanismo sociale: oggi la produzione industriale è just in time, senza magazzino, basata sulla logistica, e ciò rende possibili risparmi di scala giganteschi. Ma il sistema non è progettato per rispondere ad un accumulo di eventi che vengono dati come improbabili. Roberto Vacca, in La morte di Megalopoli, narra come un incidente casuale possa provocare una reazione a catena, che nel romanzo porta alla completa disfatta e autodistruzione degli Stati Uniti. Nel mondo ci sono decine di megalopoli con venti milioni di abitanti (la maggioranza degli abitanti del pianeta vive in contesti urbani) e un'interruzione dei rifornimenti dovuta ad uno o più colli di bottiglia le può trasformare in trappole gigantesche.
Rispetto alla possibilità del capitalismo di rispondere ad eventi fortuiti in modo sistemico, notiamo un'incapacità strutturale, dovuta non tanto alla stupidità dei politici, bensì all'anarchia della produzione e della distribuzione. Dopo Francia, Germania, Inghilterra, Austria, anche l'Italia si appresta ad adottare misure di confinamento sociale, almeno fino al periodo natalizio, quando molto probabilmente verrà riaperto tutto per consentire lo shopping, e infine ritrovarsi nuovamente con la crescita dei contagi. Ormai è chiaro che la tutela della salute non va d'accordo con il business.
Negli Stati Uniti, sullo sfondo dello scontro elettorale tra democratici e repubblicani, si sta configurando un'enorme polarizzazione sociale. Molti osservatori fanno notare con preoccupazione la crescita del numero delle milizie, da quelle legate al partito repubblicano ad altre di stampo anarco-capitalista. Nei fatti si tratta di centinaia di migliaia di persone armate ed organizzate, che in una situazione sociale caotica potrebbero contestare i risultati elettorali e mettersi a sparare. Già lo scorso marzo si è verificata un'impennata degli acquisti di armi nel paese. In questo tipo di situazioni, di forte tensione sociale, un piccolo incidente potrebbe determinare una reazione a catena. All'aumento del marasma sociale e della guerra civile diffusa concorrono inoltre anche gli ultimi attacchi terroristici di matrice islamista in Francia e in Austria.
Le rivolte e gli scontri di piazza che si stanno sviluppando un po' ovunque nel mondo sono sintomo di disagio profondo. In Italia sono scesi in strada per primi i commercianti rovinati dalla crisi, ma le manifestazioni stanno assumendo sempre più i caratteri di una reazione generale contro la vita senza senso. Federico Fubini, editorialista del Corriere della Sera, nell'articolo "Economia sospesa" (1.11.20), fa notare che l'economia italiana si regge su quattro gambe:
"La prima è il ricorso alla cassa integrazione di massa, che ha già coinvolto il 40% dei lavoratori e più di metà delle imprese. La seconda è il blocco dei licenziamenti, unico esperimento del genere in Italia dopo quello del biennio 1945-1947 decretato nel timore di una rivolta dei comunisti filosovietici in un Paese in macerie. La terza gamba dell'economia italiana nel suo tempo sospeso è la moratoria che oggi permette a quasi tre milioni di italiani di non pagare alle banche le scadenze del mutuo, per un totale di 300 miliardi di euro. La quarta gamba infine sono le garanzie dello Stato sui crediti bancari per poco più di 110 miliardi e a favore di 1,3 milioni di aziende. La durata di queste misure eccezionali è appena stata prorogata ancora una volta (a marzo quelle sul lavoro, a giugno sul credito). Ma non serve molto a capire che ci stiamo tenendo su una costruzione precaria e a tempo. Se venisse meno, l'impatto sarebbe drammatico. Eppure più a lungo resta in piedi, più drammatico rischia di essere l'impatto quando dovrà venire meno."
Insomma, quella che viene descritta dal giornalista è la classica situazione di "doppio vincolo": qualsiasi cosa venga fatta per fermare la crisi, porta al risultato di potenziarla.
Il lockdown che entrerà in vigore nelle prossime ore in Italia prevede che fabbriche, uffici, supermercati e servizi essenziali rimangano aperti anche nelle "zone rosse"; i lavoratori saranno dunque costretti ad andare sui luoghi di lavoro, dove rischieranno di ammalarsi. Restano aperte anche le scuole per l'infanzia, le elementari e la prima media, in modo che chi va a lavorare possa affidare i bambini a qualcuno. È molto probabile che assisteremo a scioperi come quelli visti a marzo, quando spontaneamente in tante industrie gli operai hanno incrociato le braccia sotto lo slogan "Non siamo carne da macello". Attualmente sono decine i focolai nelle grandi aziende, che continuano comunque la produzione, al massimo sanificando i locali.
Anche alcuni aspetti minori danno l'idea della confusione imperante. Nel nuovo DPCM le "zone rosse" vedranno restrizioni maggiori rispetto a quelle arancioni e gialle, e questo andrà ad impattare su categorie già economicamente colpite (bar, ristoranti, gelaterie, ecc.). Il governo ha promesso che interverrà con dei ristori, ma qualora una zona gialla o arancione diventasse rossa, verrà rimodulata anche l'erogazione dei fondi? Questi nuovi "aiuti" si aggiungono alla selva d'interventi rappresentata da cassa integrazione, reddito di emergenza, reddito di cittadinanza e bonus vari (tra cui quello per bici e monopattini, che nel click day ha causato, per le troppe richieste, il malfunzionamento del sistema di Poste italiane per la gestione dell'identità digitale).
Come notano varie ricerche, tra le quali quella dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in seguito alla pandemia si è verificata l'impennata del lavoro agile. Molte aziende, visti i risparmi e, soprattutto, data la probabilità di nuovi lockdown, non torneranno più indietro, mantenendo i propri dipendenti in smart working. Il cambiamento non si ripercuote solo nell'organizzazione del lavoro, ma produce effetti a cascata anche nelle attività collegate, per esempio quelle legate alla ristorazione, al trasporto pubblico e privato, ecc. La borghesia immagina che il capitalismo sia eterno, ma sappiamo che superate determinate soglie avvengono cambiamenti qualitativi: esiste una freccia del tempo che porta il sistema a negare sé stesso a livelli sempre più alti.
In chiusura di teleconferenza, abbiamo ricordato quanto scritto in "Attivismo", un articolo di Battaglia comunista del 1952 nel quale si afferma che le strutture statali possono crollare, gli apparati di repressione possono disgregarsi, e lo schieramento politico borghese sfaldarsi, ma se non si è formato un "organo di pensiero e di azione rivoluzionario collettivo" la situazione è da considerarsi a tutti gli effetti controrivoluzionaria:
"La trasformazione della crisi borghese in guerra di classe e in rivoluzione, presuppone l'obiettivo sfacelo dell'impalcatura sociale e politica del capitalismo, ma non può porsi nemmeno potenzialmente se la maggioranza dei lavoratori non è conquistata o influenzata dalla teoria rivoluzionaria incarnata nel partito, la quale non si improvvisa sulle barricate."