Sono parole che possono trarre in inganno, così come molti altri passaggi della lettera papale che tenta, come altre encicliche in passato, di scendere sul campo della modernità, affrontando vari temi tra cui l'immigrazione, il lavoro e le storture del mercato, solitamente appannaggio della sinistra che ora sembra trovare nel capo del Vaticano il suo rappresentante più avanzato. A fondamento del testo, incentrato sulla fraternità e l'amicizia sociale, rimane saldo il principio di sussidiarietà, secondo il quale lo stato deve limitare la propria ingerenza, evitando di soffocare, reprimere o inglobare quelle associazioni di carattere sociale (cooperative, enti benefici, ecc.) che emergono spontaneamente dalla società. L'ascendente della Chiesa sulle cose del mondo è ancora grande e la sua sfera di influenza conserva una dimensione internazionale.
Già presente nell'enciclica precedente, la Laudato si, il tema del diritto alla proprietà privata (e della sua necessaria funzione sociale) viene nuovamente proposto rimarcandone la subordinazione a quello di tutti gli uomini all'uso dei beni della terra. Torna anche il tema della "terza guerra mondiale a pezzi". Le guerre, gli attentati, le persecuzioni razziali e religiose, e in generale i soprusi contro la dignità umana attanagliano numerose aree del pianeta e sottostanno alla convenienza degli interessi economici. In tale contesto gioca un ruolo importante l'interconnessione tra i Paesi sullo scenario mondiale e soprattutto tra i problemi; al pari della questione ambientale che è strettamente legata ai "diritti dei popoli e della dignità dei poveri", per la risoluzione dei conflitti e della paura che da essi deriva si rende indispensabile una governance globale, un lavoro comune, che sappia far fronte anche al fenomeno tipico della nostra società dello scarto di una parte di umanità la quale, posta ai margini e privata dell'accesso ai beni di primaria sussistenza in favore di un'altra che sembra poter vivere senza limiti, sopravvive nella povertà e nell'indigenza.
Nell'enciclica il papa ricorda l'importanza del valore della solidarietà, principio che nel mondo odierno si manifesta in diverse forme, si esprime concretamente nel servizio, ma capita che venga contrastato. Questo valore, sostiene Bergoglio, è invece alla base del senso di comunità e rappresenta molto di più di uno sporadico atto di generosità: la solidarietà può cambiare il mondo:
"È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell'Impero del denaro [...]. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia, ed è questo che fanno i movimenti popolari."
Nel testo non manca inoltre il riferimento al Covid-19. La pandemia ha messo in luce l'incapacità dei paesi di agire insieme ma allo stesso tempo ha portato alla consapevolezza di essere una comunità mondiale iperconnessa.
Nel suo invito all'unità, all'universalità, all'eguaglianza, al contrasto agli "effetti distruttori dell'Impero del denaro", anche in termini concreti tramite il sostegno attivo ai movimenti che nascono dal basso, Fratelli tutti percorre il solco tracciato dalla dottrina sociale della Chiesa, nata a fine Ottocento con l'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII. Come allora, quando il pontefice spronava i fedeli a fondare e ad aderire ad associazioni sindacali, o come al tempo della Guerra Fredda, quando papa Pacelli nel suo discorso di Natale (commentato nell'articolo "Sorda ad alti messaggi la civiltà dei quiz"), si poneva al di sopra degli schieramenti in campo e criticava in toto il capitalismo, biasimandone sia la variante occidentale che orientale, di fronte all'emergere della questione sociale la Chiesa si fa sociale, proponendosi come terza via tra capitalismo e comunismo. Come abbiamo già avuto modo di scriverne in altri nostri testi e come descritto nel filo del tempo "Meriodionalismo e moralismo", storicamente la forma cattolica rappresenta, insieme a quelle socialdemocratica e fascista, una delle tre espressioni assunte dal riformismo in Italia. Oggi la differenza sta nel fatto che, a fronte dell'evanescenza degli altri due filoni storici, la Chiesa dimostra ancora un'unità e un'invarianza dottrinale forti, che le permettono di sfornare sintesi centrate sulle questioni più importanti del nostro tempo ad un livello sicuramente più alto di molti altri. Ma senza mai negare le categorie capitalistiche, bensì spingendo per la riforma degli istituti vigenti nell'ottica della sua dottrina sociale.
Nella lettera ai romani San Paolo invita i cristiani a non conformarsi al mondo. Viviamo nel mondo, ma non siamo del mondo, scriveva l'apostolo Giovanni (il postulato si legge anche nella epistola A Diogneto, un testo cristiano risalente al II secolo in greco antico). E nel ventesimo precetto del capitolo IV della Regola di San Benedetto si legge: "Farsi estranei ai costumi del secolo". Il cristiano vive nella società presente ma dovrebbe tendere il suo sguardo a quella che Sant'Agostino chiama la Civitas Dei, la città celeste, allontanandosi dall'individualismo, dall'arrivismo, dall'egoismo: i cittadini della città di Dio si offrono l'uno all'altro in servizio con spirito di carità rispettando i doveri della disciplina sociale. Nell'enciclica Fratelli tutti si dice che la proprietà privata non deve affliggere gli uomini ma non si tratta di abolirla, piuttosto di subordinarla ad altri valori; si dice che il profitto crea disuguaglianza ma esso non va eliminato, bensì controllato. La spinta al cambiamento proveniente dalla forma cattolica può anche risultare radicale, ma rimane sempre nell'ambito classico del riformismo.
Anche i comunisti vivono in questo mondo ma non sono di questo mondo. Essi appartengono a quello futuro, anticipato in quello presente dal partito nella sua accezione storica. Ogni rivoluzione ha degli aspetti universali e questi tendono a ripresentarsi storicamente nei momenti di passaggio da una forma sociale all'altra. L'argomento è stato ribadito innumerevoli volte in testi della nostra corrente come, ad esempio, le Tesi di Napoli (1965):
"Che nel partito si possa tendere a dare vita ad un ambiente ferocemente antiborghese, che anticipi largamente i caratteri della società comunista, è una antica enunciazione, ad esempio dei giovani comunisti italiani fin dal 1912."
Che ruolo avrà la Chiesa nella rivoluzione in corso?
Nel passaggio dall'attuale modo di produzione alla società futura la religione sarà tra gli ultimi bastioni a cadere. Giusta Lenin, il sentimento religioso non può essere eradicato per decreto e tantomeno represso. Ricollegandoci allo studio sullo Stato affrontato nella scorsa riunione redazionale, possiamo affermare che anche per la forma religiosa vale la stessa dinamica individuata per l'estinzione della forma statale: scomparirà perché verranno meno le cause materiali che ne giustificano l'esistenza. Già oggi possiamo osservare che la Chiesa di Roma non sfugge, per quanto resiliente, allo stesso fenomeno che colpisce gli stati, i partiti e gli apparati sindacali: la perdita di energia, che si traduce in disgregazione e degrado.
Nella storia il rapporto tra stato e religione assume aspetti interessanti. A tal riguardo Marx, in Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, sostiene che in Germania sussisteva una situazione ibrida che portò alla formazione di una concezione dello stato che combinava religione, etica, ecc., facendone un tutt'uno, e approdando ad un ragionamento assoluto, tipico del romanticismo, secondo il quale i problemi non risolti praticamente vengono demandati a Dio e la religione si sostituisce allo stato quando quest'ultimo non c'è. Tale aspetto è importante perché fa parte delle conoscenze necessarie per poter affrontare nel suo arco storico il cristianesimo, che non nasce come religione di stato ma si adegua alle condizioni che trova, sviluppando una funzione conservatrice che risulta consolidante quando l'Impero romano comincia a vacillare. La fusione fra Chiesa e Stato è quindi un fatto storico naturale che dura da molto tempo. Per questo motivo, per rispondere alla domanda posta sopra, nella misura in cui lo Stato è maturo, la religione perde di peso.
In chiusura di conferenza abbiamo accennato alla manifestazione che si terrà a Roma nei prossimi giorni. Si tratterà di una "Marcia della Liberazione" a cui parteciperanno persone comuni, personaggi più o meno noti, e varie associazioni politiche, che accusano il governo di fare un uso terroristico del Covid-19. Siamo di fronte all'ennesima espressione della piccola borghesia che, travolta dagli eventi, comincia a surriscaldarsi ma senza trovare il bandolo della matassa. Anche in Germania, qualche settimana fa, decine di migliaia di persone sono scese in piazza contro l'obbligo di indossare la mascherina, mentre negli Stati Uniti trovano una certa diffusione le teorie complottiste di QAnon. Movimenti vari spinti da rivendicazioni legate alle restrizioni contro la pandemia sono nati un po' dappertutto, e in molti casi rappresentano l'espressione variegatissima di quella parte della società che sta perdendo delle garanzie: mezze classi rovinate, piccolo borghesi alla canna del gas, ecc.
Un compagno ha poi segnalato due interessanti articoli del Corriere della Sera sulla situazione economica: uno sulla possibile emissione di un euro digitale e l'altro sulle stime del debito italiano. Le attuali previsioni sulla crescita del PIL italiano (e non) rimangono comunque arbitrarie perché ancora non è chiaro quello che succederà con la crescita dei contagi. Il Comitato tecnico scientifico italiano non ha escluso per il futuro nuovi lockdown, mirati e locali, e la chiusura di alcune attività commerciali. Ad una situazione economico-politica già difficile per la borghesia, si aggiungono le incertezze generate dalla diffusione della nuova malattia e delle sue conseguenze a lungo termine (Long-Covid).