Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  10 agosto 2021

Chiusura di un ciclo storico

La teleconferenza di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata ribadendo l'importanza del nostro metodo per condurre qualsiasi indagine scientifica.

Il processo produttivo, paragonabile al metabolismo dell'organismo sociale, è per sua natura dissipativo, come tutti i sistemi viventi. Questa dissipazione, questo consumo di energia, può alimentare informazione utile, conoscenza, evoluzione; oppure al contrario si può perdere nel dibattito, nel confronto fra opinioni, nel contrattare, nell'agitazione frenetica e disordinata come quella delle elementari molecole di un gas, producendo solo disturbo/rumore. Il capitalismo è la società dello spreco, del caos, della conservazione di vincoli che incatenano le forze produttive.

Qualsiasi lavoro che abbia un orizzonte futuro ha bisogno di previsioni. Nel caso di un sistema altamente complesso come la società umana queste risultano particolarmente difficili, ma la possibilità di rintracciare al suo interno un gruppo di leggi che ne regolano il funzionamento ci permette di ricavare delle certezze. Il capitalismo non è in grado di fare un piano per affrontare un quadro che si delinea catastrofico, e ciò riguarda la pandemia, le catastrofi più o meno naturali come gli incendi, la mineralizzazione del pianeta, la polarizzazione della miseria, ecc. La borghesia non ha un progetto sociale ed essendo la classe dominante si adegua tranquillamente alla sua ideologia: la progettazione viene usata solo dove le serve, per le macchine, le costruzioni, le autostrade, lì dove deve applicare capitale per ricavare plusvalore.

Anche durante una pandemia mondiale l'incertezza viene sistematicamente alimentata: sono stati adottati colori italiani, europei, in base ai partiti e alle decisioni elettorali. Il capitale lascia correre perché ha una sua giustificazione economica: le fabbriche devono girare, i commercianti poter commerciare. Sono state persino aizzate partigianerie tra opposte fazioni, come quando si tifava per Coppi o per Bartali. Non si è mai visto un rigurgito di proudhonismo così esteso, una specie di melassa che tutto avvolge. Eppure, i contagi aumentano negli Stati Uniti, in India, Brasile, Europa, persino in Cina. Gli Usa erano riusciti ad abbassare i numeri salvo poi ritrovarsi con oltre 100 mila contagi e 500 morti al giorno. A Pechino dove sono più drastici si controllano 11 milioni di persone per pochi casi di contagi, così come a Taiwan e Singapore dove appena il virus si muove viene bloccato. Il virus si sta adattando darwinianamente all'umanità. Il fatto che i governi non abbiano preso al tempo opportuno i provvedimenti necessari avrà conseguenze nel prossimo futuro, e qualora il virus diventi un mutante perpetuo bisognerà capire come si potrà convivere con esso.

Attraverso il nostro sito e il feedback con i lettori, rispondiamo alle sollecitazioni ambientali. Ci sono domande a cui è difficile rispondere perché troppo spesso si ha l'abitudine di entrare nel merito delle questioni in modo soggettivo, e così facendo, rimanendo cioè all'interno del sistema analizzato, (n) è impossibile riuscire a fare un salto conoscitivo (n+1). Difronte ad ondate di irrazionalità le spiegazioni non servono a granché, mentre è molto più importante la difesa di un determinato progetto, l'ambiente, come afferma la nostra corrente nel 1913:

"Tutto l'ambiente borghese conduce dunque all'individualismo. La nostra lotta socialista, anti-borghese, la nostra preparazione rivoluzionaria deve essere diretta nel senso di gettare le basi del nuovo ambiente."

La situazione mondiale è piuttosto delicata nella dinamica generale capitalistica, specie se si osserva il confronto tra Usa e Cina. Pechino ha una crescita a due cifre in tutti gli indici del suo sviluppo e non ha molte possibilità: o spinge sui consumi interni accelerando il processo di saturazione oppure esporta costringendo le altre industrie a subire un attacco sui prezzi. Non si tratta solo di un differenziale di sviluppo, ma di un comportamento opposto tra un paese che è la fabbrica del mondo e l'altro che ne è il consumatore delle merci e vive di rendita.

Il peso della crisi ha portato al collasso tutta la logistica mondiale, essenziale nel capitalismo moderno dato che collega le miniere con il prodotto finito. Naturalmente salta la logistica perché saltano i mezzi di comunicazione: se all'interno della fabbrica, nel ciclo produttivo, c'è un flusso lineare ed organico, nel mercato c'è il caos dato che di fronte alle difficoltà in un settore, le aziende specializzate piombano come avvoltoi approfittando della situazione di monopolio in cui si trovano. Costruite navi container che trasportavano 20 mila container (bastano 26 membri d'equipaggio per farle navigare), con il lockdown esse sono rimaste ferme e vuote nei porti. "Davanti alla Costa Occidentale Americana e a quella Orientale Cinese migliaia di navi sono in coda dopo aver pagato noli quadruplicati. E non ci sono soltanto le navi portacontainer, ci sono anche le navi attrezzate per il trasporto di prodotti specifici, come petrolio, minerali vari, granaglie, metano". (dalla newsletter n.244 del 9.8.21) Se i noli si mangiano tutto il profitto dove va a finire il capitalismo?

Quello che tiene in piedi l'attuale modo di produzione è la concorrenza che obbliga i capitalisti a rivoluzionare continuamente il ciclo produttivo (Marx, Manifesto: "La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali"). Tale concorrenza spietata si riflette sulla classe operaia al cui interno sopravvive la sacralizzazione del lavoro, operai che pensano di poter evitare il licenziamento perché in grado di mandare avanti la fabbrica meglio del padrone. Così quella dei capitalisti, classe superflua già dai tempi di Marx e sostituita da funzionari lautamente stipendiati, può andarsene tranquillamente alle Bahamas. Il governo plaude l'atteggiamento altamente responsabile. I sindacati fanno... i sindacati.

Articoli correlati (da tag)

  • Accumuli e catastrofi

    La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo i temi trattati nella relazione "Peculiarità dello sviluppo storico cinese" presentata durante lo scorso incontro redazionale (15-16 marzo).

    La Cina ha attraversato una lunga guerra di liberazione nazionale (1927-1950) durante la quale la tattica del fronte unito con il Kuomintang, lanciata dal PCC in funzione antigiapponese, portò prima al disarmo e poi al massacro dei comunisti. In seguito alla vittoria della rivoluzione borghese, si rese necessario sviluppare il mercato interno e l'industria; la storia del capitalismo è la storia dell'assoggettamento della campagna alla città. Con la fine degli anni '70 si chiuse un'epoca e si aprì la strada ai finanziamenti esteri che, con le riforme, trasformarono completamente il paese (Deng Xiaoping: "arricchirsi è glorioso"). Il processo di accumulazione originaria, che nei paesi occidentali ha impiegato decine e decine di anni per compiersi, in Cina avviene bruscamente, portando con sè profondi disastri ambientali e sociali. Lo sradicamento dei contadini dalle zone rurali provocò migliaia di rivolte, soffocate con la forza dall'esercito.

    La Cina contemporanea non è solo un paese industrializzato, ma anche finanziarizzato. Nell'articolo "Tessile cinese e legge del valore" abbiamo visto che le contraddizioni riversate in Asia dall'Occidente sono poi tornate indietro amplificate. La vulcanica produzione cinese corrisponde al declino produttivo in altri paesi. La cosiddetta de-industrializzazione dell'Occidente non è causata da cattive scelte politiche, ma dalle leggi inerenti la natura del sistema capitalistico.

  • Accelerazionismo e forze storiche

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla segnalazione di un articolo del sito Futuro Prossimo, intitolato "USA senza freni: l'accelerazionismo tecnologico di Trump e Musk".

    Nell'articolo, Ben Buchanan, ex consigliere per l'IA per la Casa Bianca, afferma che l'accelerazionismo, una corrente di pensiero secondo cui lo sviluppo tecnologico non deve avere limitazioni, è diventato la dottrina ufficiale dell'amministrazione Trump, con conseguenze potenzialmente rivoluzionarie. Per il nuovo esecutivo politico americano la vera minaccia non è la mancanza di regole, bensì il rischio di restare indietro nella corsa globale all'intelligenza artificiale generale. I meccanismi di funzionamento dello Stato sono troppo lenti per tenere il passo con l'innovazione tecnologica, perciò è necessaria una "distruzione creatrice" di schumpeteriana memoria. Di qui i piani di licenziamento dei lavoratori del DOGE (dipartimento per l'efficienza governativa statunitense) voluti da Elon Musk. Sembra che parte dei 1.500 dipendenti federali della General Services Administration recentemente allontanati verranno sostituiti dalla chatbot GSAi.

    Joseph Schumpeter sviluppa la teoria della "distruzione creatrice" basandosi sull'opera di Marx, in particolare sul passaggio del Manifesto del partito comunista in cui si afferma che la società borghese è costretta a rivoluzionare "di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali".

  • Imperialismo europeo?

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla notizia riguardante la cosiddetta questione curda.

    Abdullah Öcalan, storico leader della guerriglia curda, imprigionato nelle carceri turche dal 1999, ha chiesto al PKK l'abbandono della lotta armata. Proprio in questi giorni gli USA hanno annunciato il loro ritiro dalla Siria, dove è presente un contingente americano di circa 2mila soldati impegnati contro l'ISIS e a sostegno delle SDF (Siryan Democratic Force). La mossa di Öcalan è un segno dei tempi, è il portato di un repentino cambiamento degli equilibri mondiali, ma resta da vedere la capacità delle forze curde, divise geograficamente e politicamente, di darsi un indirizzo, se non unitario, almeno non confliggente.

    Il subbuglio sociale negli Stati Uniti ha conseguenze sul resto del mondo. L'annuncio di nuovi dazi doganali da parte dell'amministrazione Trump e, più in generale, il ritorno del protezionismo si scontrano con un mondo che, invece, avrebbe bisogno di un governo unico mondiale per gestire l'attuale sviluppo delle forze produttive. Il rischio è che collassi tutto, e che l'utilizzo dell'arma dei dazi inneschi situazioni incontrollabili: gli ingredienti ci sono tutti, il mercato è piccolo, gli attori sono troppi e ad azione segue reazione. La Cina ha infatti annunciato aumenti del 10-15% dei dazi su diversi prodotti agricoli e alimentari americani.

Rivista n°56, dicembre 2024

copertina n° 56

Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email