Le cause farmaceutiche fanno profitti sui vaccini, dicono i No Vax. Si indignano, come se il capitalismo non facesse profitto su tutto, a cominciare dalle medicine che assumiamo e dal cibo che consumiamo. Il vaccino per il Covid-19, presentato come l'unico rimedio possibile, serve a scongiurare quello che la borghesia davvero teme, ovvero la chiusura delle attività produttive. Sin da marzo del 2020, Confindustria ha scritto che bisognava lasciare aperte le fabbriche a tutti i costi. Una società razionale non scarterebbe nessun metodo o strumento per contrastare la pandemia e, soprattutto, agirebbe d'anticipo. Il vaccino è uno strumento, ma può risultare nullo qualora ci sia una mutazione in grado di neutralizzarne gli effetti. Inoltre, se un virus uccide troppo non riesce a diffondersi, potrebbe quindi darwinianamente adattarsi alla nuova situazione diventando più contagioso e meno letale.
L'anno scorso circolavano documenti di decine di pagine, opera di sinistri, che ipotizzavano l'esistenza di complotti messi in atto da non meglio definiti centri di potere volti ad utilizzare la scusa della pandemia per schiavizzare le popolazioni. Il capitalismo, in realtà, domina su tutti anche senza il bisogno di virus e situazioni emergenziali. Rimedi come i vaccini o il distanziamento sociale servono ad agire nell'immediato, ma sappiamo che per appianare il problema alla radice bisogna risolvere le questioni legate agli allevamenti intensivi, alla deforestazione e all'inurbamento della popolazione mondiale; insomma, quelle condizioni che permettono ai virus di proliferare e provocare danni in giro per il pianeta. Ergo: è necessario superare un ben preciso modo di produzione.
Un agente patogeno non si sconfigge con le votazioni in parlamento o con i referendum: la classe borghese, incapace di risolvere i problemi legati alla pandemia, ha dimostrato ancora una volta di non saper controllare i fenomeni che genera, scaricando le responsabilità sul personale sanitario e scolastico, sugli operai e sui lavoratori dei servizi essenziali.
In Cina la strategia per fermare la diffusione del virus sembra aver funzionato grazie ad un intervento energico fin dall'inizio, che ha comportato la divisione del paese in blocchi territoriali (capi rione in città e capi distretto in campagna), e una mobilitazione di tutto l'apparato del partito e dell'esercito, senza tante chiacchiere. Lo stesso vale per la democratica Taiwan e il piccolo stato di Singapore. In questi casi, il successo sembra sia stato ottenuto anche grazie ad un massiccio ricorso ai big data.
Come detto sopra, il Covid-19 ha mutato equilibri interni agli stati, facendo aumentare il marasma sociale. Cuba, alle prese con decenni di embarghi, in seguito alla pandemia ha subito un colpo micidiale. Il paese, che vive grazie al turismo, in un anno e mezzo di lockdown ha visto il tracollo della sua economia ed ora è prossima al collasso sanitario ed economico. In questi giorni ci sono state manifestazioni anti-governative molto partecipate, che hanno visto in prima fila le giovani generazioni, poco affascinate dal mito della rivoluzione castrista. L'Economist intitola un suo pezzo su Cuba "Una rivolta contro la rivoluzione", ma il titolo corretto sarebbe "Una rivolta contro la controrivoluzione". I manifestanti cubani, come quelli cileni ed ecuadoriani, usano i social network per coordinarsi e, grazie alla Rete, sono collegati al resto del mondo. Nella newsletter numero 228, del 29 aprile 2018, a proposito delle diffuse preteste in Sudamerica, scrivevamo: "La crisi colpisce chiunque si basi sullo sfruttamento capitalistico: Cuba, l'ultimo baluardo del 'socialismo' nel continente, sarà la prossima bomba sociale?"
La lista dei paesi in subbuglio è lunga. Recentemente in Iran uno sciopero del comparto petrolchimico è durato per parecchie settimane ricevendo l'appoggio di altre categorie lavorative, mentre nel sudest del paese sono in corso rivolte contro il carovita. Il Libano è praticamente fallito e ha gravi problemi di approvvigionamento: mancano benzina, generi alimentari e l'elettricità va e viene. Il collasso degli Stati è un fenomeno all'ordine del giorno: al paese dei Cedri, possiamo aggiungere il Sudafrica e la Colombia, all'ottantatreesimo giorno consecutivo di manifestazioni e scioperi.
In Italia, in questi giorni, ricorre il ventesimo anniversario dei fatti di Genova del 2001. Manifestazioni e iniziative di piazza hanno avuto luogo nel capoluogo ligure e giornali e tv ne hanno parlato. Durante i giorni del G8 ci fu una mattanza: l'ambiguità della piazza e dello Stato crearono un mix esplosivo. Questo ci fa capire che se non si ha un programma, subentra un'attività politica fine a sé stessa, schiacciata sull'esistente, immediatista.
"E' fatale: ogni movimento che non preveda nel suo programma il superamento del sistema attuale finisce per collaborare al tentativo di tenerlo in piedi. Quando si affermerà un movimento con la precisa visione del divenire della società futura, sarà per ciò stesso inserito di fatto nella dinamica distruttiva nei confronti delle barriere che non la lasciano emergere, e non dialogherà affatto, e non avrà simboli, ma obiettivi concreti. La lotta 'simbolica', cioè fine a sé stessa, contro le semplici emanazioni del sistema - ad altissimo livello come i governi degli otto paesi più potenti del mondo o al livello bassissimo della manovalanza sbirresca - ha lo stesso senso del 'mettete dei fiori nei vostri cannoni' di quarant'anni fa: dopo un paio di generazioni, altre otto presidenze militariste americane e un bel po' di guerre guerreggiate siamo ancora lì." ("Genova, o delle ambiguità", rivista n. 5, settembre 2001)
Anche se all'orizzonte non si vede ancora un organismo rivoluzionario in grado di rovesciare la prassi, ci sono tutti gli elementi necessari affinché nasca qualcosa di completamente nuovo rispetto all'esistente.
Stuart Kauffman, biologo impegnato nello studio dei sistemi complessi e autore del libro A casa nell'universo. Le leggi del caos e della complessità, asserisce che quella che chiamiamo vita è un fatto assolutamente deterministico e che bastano pochi elementi per dare luogo a fenomeni di autorganizzazione della materia; nella società umana vi sono periodi di caos entro i quali elementi di ordine emergente si manifestano tramite processi autocatalitici. Il premio Nobel per la chimica Manfred Eigen, nel libro Gradini verso la vita. L'evoluzione prebiotica alla luce della biologia molecolare, analizza i passaggi che segnano l'evoluzione nell'ottica di quell'entità che chiamiamo "informazione". Il matematico Bruno de Finetti affermava che la scienza non può limitarsi a teorizzare i fatti compiuti, ma deve prevedere.