La propensione a diminuire il tempo di lavoro a favore del tempo di vita è diffusa in particolar modo tra i giovani. Il fenomeno delle grandi dimissioni, partito dagli USA, si è rapidamente esteso in tutto il mondo, soprattutto nei paesi a vecchio capitalismo. Il comunismo non è un'ideologia o una forma di governo ma il "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente". La produzione capitalistica, integrata e automatizzata, fa sì che il lavoro vivo sia soverchiato da quello morto. La produttività del lavoro è talmente alta che lo stesso sistema capitalistico si incarica di escogitare esperimenti di riduzione della giornata lavorativa. Persino i partiti borghesi, ad esempio l'italiano M5S, fanno proprie alcune rivendicazioni storiche della classe proletaria, come la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Ormai l'attuale forma sociale è talmente matura per il salto a n+1 che alcuni teorici della borghesia, ad esempio Jeremy Rifkin con il suo La società a costo marginale zero, sono costretti a capitolare ideologicamente di fronte al marxismo. Qualche anno fa il filosofo Maurizio Ferraris parlava di comunismo reso attuale proprio dallo sviluppo delle forze produttive ("Sì compagni, il comunismo si è realizzato", la Repubblica, 27.12.18). Già negli anni '30, i tecnocrati americani arrivarono a proporre un radicale cambio di paradigma, un modello sociale dove i tempi di lavoro sarebbero stati dimezzati e il conteggio, invece che in valore, sarebbe avvenuto in termini di energia impiegata.
Se c'è la controrivoluzione vuol dire che la rivoluzione è in marcia. L'involucro di cui parla Lenin è la sovrastruttura politica, militare e giudiziaria che deve infrangersi quando la società ha pronti in seno gli elementi della società futura. Eliminando attività antisociali, inutili e dannose, il lavoro necessario si ridurrebbe al minimo fino a scomparire del tutto. La fase di transizione di cui parlava Marx potrebbe essere molto rapida dato lo sviluppo attuale della forza produttiva sociale. L'urgenza del passaggio dal regno della necessità a quello della libertà è trattata da Nick Whiteford nel testo Red plenty Platforms: partendo dal capitalismo così com'è (Amazon, Walmart, ecc.), egli dimostra che esiste una struttura produttiva che in poco tempo potrebbe diventare dedita ai bisogni di specie, invece che al profitto. Quindi non c'è da costruire nulla, bisogna piuttosto distruggere le barriere che impediscono l'affermazione del nuovo. E per distruggerle serve una nuova ondata barbarica, che forse è già alle porte, come intravisto dallo scrittore Alessandro Baricco nel saggio I barbari. Saggio sulla mutazione, in cui descrive lo "smantellamento sistematico di tutto l'armamentario mentale ereditato dalla cultura ottocentesca, romantica e borghese."
A proposito di barriere da abbattere: in Iran è stato proclamato uno sciopero generale di tre giorni. Sono decine le città interessate dal movimento di rivolta, con la chiusura di negozi, fabbriche e attività commerciali; molte università sono in subbuglio e la rabbia, nonostante la feroce repressione, non rientra.
Siamo poi passati a parlare delle recenti manifestazioni in Cina. Il regime "comunista", per quanto abbia un controllo capillare della società e di Internet, non è riuscito a zittire le voci di protesta: prima gli operai della Foxconn e poi i manifestanti in diverse città sono riusciti a bypassare i limiti governativi e a diffondere video e messaggi sul Web ("Come le proteste in Cina hanno aggirato la censura online", Wired, 6.12.22). Il capitalismo ha bisogno della Rete per la produzione e la distribuzione delle merci, ma al tempo stesso la Rete permette la circolazione di informazioni, nonché il coordinamento tra i rivoltosi ("Libretto rosso addio, l'operaio lotta grazie al cellulare", il Fatto Quotidiano, 5.12.22). Per aggirare la censura, è d'obbligo ingegnarsi, giocare d'anticipo, inventare nuovi schemi. Ognuno può esercitarsi, poiché ognuno ha in tasca un computer ed è quindi un terminale della Grande Rete globale.
La situazione economica è tutt'altro che rosea per il capitalismo. A causa della guerra c'è parecchia tensione intorno al prezzo del gas. Nel 2022 nella UE sono crollate le importazioni di gas russo tramite i gasdotti (-80%), e allo stesso tempo sono aumentate quelle di gas naturale liquefatto (+50%). La Russia continua, dunque, nonostante le sanzioni, a guadagnare tramite l'export di prodotti energetici in Europa. Per il 2023 è attesa una fase di crisi energetica ulteriore: mentre quest'anno la Cina ha ridotto l'importazione di gas liquefatto a causa della crisi dovuta alla pandemia (lockdown), per l'anno prossimo potrebbe aumentarla, a spese del Vecchio Continente.
Gli Ucraini hanno numerosi problemi da risolvere: forniture di gas, mancanza di energia elettrica e riscaldamento a causa dei bombardamenti della Russia. La guerra in corso è sempre più chiaramente un braccio di ferro tra Washington e Mosca. E l'impiego di droni per colpire il territorio russo provocherà una dura reazione da parte di Mosca:
"Con la fornitura all'Ucraina di droni militari di produzione occidentale con raggio d'azione fino a mille chilometri, la Russia si scopre vulnerabile lungo un'immensa fascia territoriale che dal confine con la Finlandia giunge fino alle pendici del Caucaso. Ecco perché la diplomazia di Kiev potrebbe insistere sulle cancellerie occidentali per la fornitura di ulteriori droni a lungo raggio e di missili a lunga gittata, alzando di molto l'asticella del confronto tra Russia e Nato." ("Attacchi in profondità", Limes, 5.12.22)
Come dice Engels, si è messa in moto la dialettica cannone/corazza, e ciò significa che vi sarà un'escalation militare. La risposta russa è stata un'ondata di missili su tutto il territorio dell'Ucraina, e prossimamente potrebbero essere attaccati i palazzi del potere e distrutte completamente le infrastrutture idriche ed energetiche. Comunque, per adesso, gli Ucraini hanno retto all'intensità degli attacchi informatici russi all'infrastruttura telematica statale. The Economist, in un articolo sulla guerra cibernetica ("Why Russia's cyber-attacks have fallen flat", 1.12.22), sostiene che "le guerre sono banchi di prova per le nuove tecnologie. La guerra di Corea ha visto i caccia a reazione impiegati per la prima volta su larga scala. Israele ha aperto la strada all'uso dei droni come esche radar nella sua guerra con l'Egitto nel 1973. E con la guerra del Golfo del 1991 c'è stata l'entrata in scena delle munizioni guidate dai GPS. Con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è la prima volta che due potenze cibernetiche mature si combattono a vicenda sulle reti informatiche in tempo di guerra."
Dal 2014, dal tempo di Euromaidan, si sono intensificati gli attacchi degli hacker russi. Per proteggersi gli Ucraini, supportati dagli occidentali, hanno acquisito un certo know-how, tanto che già il 24 febbraio 2022, data d'inizio dell'operazione militare speciale russa, alcuni cyber team si sono sparpagliati in tutto il paese e gran parte dell'infrastruttura digitale è migrata su server esteri. È chiaro che se si combatte da mesi, è perchè una qualche forma di simmetria tra i belligeranti si è stabilita.