La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 18 compagni, è iniziata riprendendo i temi trattati all'incontro redazionale del 17 e 18 giugno.
Le relazioni presentate durante la riunione, "Sulla spontaneità operaia oggi" e "Verso un mondo senza lavoro e senza Stato", hanno fornito l'occasione per ribadire come la controrivoluzione in corso da un secolo abbia inchiodato l'umanità in un limbo dal quale sembrerebbe impossibile uscire. Una società che confronta sé stessa unicamente con il suo passato, anziché con il futuro, è morta.
La relazione sulla "spontaneità" ha preso le mosse dalla constatazione che in ambito "marxista" si prende sovente come paradigma la Terza Internazionale, dando per scontato che il movimento rivoluzionario futuro ripartirà da quel livello e utilizzerà un certo linguaggio. In realtà, dalla Rivoluzione d'Ottobre è passata un'epoca storica e gli elementi di comunismo presenti oggi ("Marcati sintomi di società futura") non sono nemmeno lontanamente paragonabili con quelli di allora. Il comunismo è più attuale di un secolo fa: adesso ci sono l'intelligenza artificiale, le fabbriche e i magazzini automatici, i supercomputer in grado di compiere milioni di miliardi di operazioni al secondo. Il capitalismo non riesce a stare al passo con un tale sviluppo delle forze produttive e da anni è sprofondato in una crisi di cui non si vede soluzione. La legge del valore non funziona più dato che di lavoro ce n'è sempre meno e quello che c'è è sempre più sfruttato. Questo fatto ha delle conseguenze sociali e politiche.
La teleriunione di martedì sera, presenti 19 compagni, è iniziata commentando il numero 11/2022 di Limes, interamente dedicato alla situazione negli Stati Uniti d'America.
La tesi principale sostenuta dalla rivista di geopolitica è che gli USA sono un paese pericolosamente disunito, specialmente senza un nemico esterno riconoscibile che faccia da collante sociale. La guerra civile del 1861-1865 ha sì sancito l'unione degli stati federali, ma la nazione è rimasta fortemente divisa e perciò adesso rischia di spaccarsi. Questa divisione interna agisce profondamente e può essere riscontrata persino nei contrasti tra i vari servizi di sicurezza (FBI, CIA, ecc.). Milioni di americani vedono Washington come lontana sede della burocrazia, lo stato federale è percepito come un alieno e, secondo alcune frange della destra alternativa (ma non solo), come un nemico da combattere.
La parte interessante dell'editoriale della rivista ("Lezione di Yoda") è quella dedicata al ruolo delle forze armate statunitensi: non esiste alcun esercito che possa essere paragonato a quello americano e questo potrebbe diventare l'ago della bilancia in caso di una pesante crisi sociale. Secondo Limes, la tattica delle rivoluzioni arancioni, utilizzata dagli USA in giro per il mondo per rovesciare governi non graditi, potrebbe funzionare come un boomerang, e l'assalto a Capitol Hill ne è una prima dimostrazione. Il 40% degli americani, rilevano alcuni sondaggi, approverebbe un colpo di stato militare per stroncare la corruzione diffusa (il 54% sono elettori repubblicani e il 31% democratici). L'intelligence lavora costantemente con i wargame, le simulazioni di guerra al computer: chi opera per sventare colpi di stato o insurrezioni deve avere il polso della situazione. Lo Stato profondo, quello degli apparati, impegnato a mantenere la stabilità, proprio a causa della crisi di sistema in corso potrebbe diventare un elemento di instabilità. D'altronde, giunte ad un certo punto, le società sono costrette a rivoluzionarsi per non perdere ciò che hanno conquistato.
La teleriunione di martedì 6 dicembre, presenti 18 compagni, è iniziata commentando alcune notizie riguardanti la riduzione della settimana lavorativa.
In Gran Bretagna, dall'inizio di giugno, si è svolto un esperimento sulla riduzione dell'orario di lavoro a trentadue ore su quattro giorni a settimana, mantenendo invariato il salario dei lavoratori. Le aziende interessate sono state circa 70 per un totale di circa 3.300 dipendenti coinvolti. La prova, monitorata da un gruppo di ricercatori indipendenti facenti capo a istituti di ricerca sociale ed economica delle università di Oxford e Cambridge, si è conclusa verso la fine di novembre con risultati positivi, e molte imprese hanno deciso di mantenere questo tipo di organizzazione oraria.
Nel mondo sono in corso diversi esperimenti simili. Numerose aziende, anche molto grandi, soprattutto del settore dei servizi, hanno introdotto o stanno preventivando una riduzione degli orari. In Italia, Lavazza sta testando la settimana lavorativa di quattro giorni. Si tratta di una tendenza generale dettata dallo sviluppo tecnologico, con cui tutti devono fare i conti; il processo ha subito un'accelerazione con la pandemia. La riduzione dell'orario di lavoro e il salario ai disoccupati, rivendicazioni storiche del movimento proletario, sono prese in considerazione dallo stesso capitalismo. Nel dibattito politico italiano imperversa la polemica tra sostenitori e abrogatori del reddito di cittadinanza, ma resta il fatto che a livello mondiale milioni di persone vivono da anni grazie a svariate forme di sussidi statali.
La teleriunione di martedì sera, presenti 21 compagni, è iniziata affrontando il tema della crisi alimentare in corso.
L'Economist titola l'edizione del 21 maggio "The coming food catastrophe", accompagnandola con un'immagine di copertina piuttosto macabra nella quale sono raffigurate tre spighe di grano composte da chicchi a forma di teschi. L'immagine, diventata virale sui social network, vuole rappresentare un problema reale che sta catalizzando l'attenzione a livello mondiale. L'articolo del settimanale inglese, sebbene parta da premesse che non solo le nostre (ad esempio dando la colpa di tutto al battilocchio di turno, in questo caso Putin), dimostra che la guerra sta conducendo un mondo già fragile alla rottura.
La difficoltà negli approvvigionamenti delle materie prime e la congestione dei processi logistici (colli di bottiglia) manifestatesi con la pandemia si sono aggravati con la guerra in Europa. Russia e Ucraina forniscono il 28% del grano commercializzato a livello mondiale, il 29% dell'orzo, il 15% del mais e il 75% dell'olio di girasole. Queste forniture sono fondamentali per sfamare Libia, Egitto, Tunisia, diversi paesi africani e in generale tutta quell'area che va dal Sudafrica all'est asiatico. Le prime rivolte per la fame sono già scoppiate in Sri Lanka e Iran. L'Inghilterra si è fatta avanti proponendo la formazione di una "coalizione di volenterosi" per scortare con navi da guerra i mercantili che nel Mar Nero trasportano il grano ucraino.
Durante la teleriunione di martedì sera, connessi 20 compagni, abbiamo ripreso il tema affrontato la volta scorsa, ovvero le strategie messe in atto dalla Chiesa per affrontare la grande transizione in corso.
Ci sono delle novità: abbiamo scoperto che il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha lanciato la Piattaforma di Iniziative Laudato si' , un percorso all'insegna dell'ecologia integrale e con l'obiettivo di costruire "un movimento popolare, dal basso, per la cura della casa comune". In Rete si possono già trovare molti siti (i francescani hanno lanciato Laudato Si Revolution) che fanno riferimento al progetto. La Piattaforma è stata inaugurata al termine della Settimana Laudato Si', che si è svolta dal 16 al 25 maggio scorso, mentre le iniziative vere e proprie cominceranno il prossimo ottobre e, ispirandosi al tema biblico del Giubileo, dureranno per un periodo di sette anni.
In occasione del lancio della Piattaforma di Iniziative, Papa Francesco ha registrato un video messaggio, di cui riportiamo una parte:
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 25 compagni, è iniziata commentando gli sviluppi sanitari, economici e politici legati alla pandemia di Covid-19.
Nonostante gli effetti di una pandemia fossero conosciuti e gli strumenti per contrastarla noti, e nonostante l'OMS abbia diffuso ad inizio anno chiare linee guida, i governi, ed in particolare quelli occidentali, hanno agito in maniera del tutto irrazionale, perdendo via via il controllo della situazione. Riesplodono infatti in tutta Europa i contagi negli ospizi dove si contano migliaia di morti, e si riaccendono i focolai tra il personale sanitario che dovrebbe invece essere tutelato al massimo. Il virologo Giorgio Palù ha ammesso che anestesisti e rianimatori sono già costretti a scegliere chi intubare e chi no. Vengono presi provvedimenti contrastanti, su base regionale, localistica, e a Milano, Torino, Napoli, la situazione degli ospedali, anche dal punto di vista dei malati non Covid-19, è prossima al collasso, migliaia di interventi chirurgici vengono rimandati ed i malati cronici faticano ad essere curati.
L'Ordine dei medici chiede da giorni il lockdown nazionale per cercare di salvare il salvabile, ma il governo italiano prende tempo e si muove in maniera contradditoria seminando confusione. Siamo al si salvi chi può, a cominciare dalle categorie economiche che tentano di difendere i propri privilegi a scapito di altri, per passare alle regioni che manipolano i dati per non entrare in zona rossa, fino agli stati che aspettano le mosse dei vicini per prendere decisioni, in quanto un lockdown generale vorrebbe dire frenare l'economia nazionale e perdere quote di mercato. Di fronte ad una pandemia di queste dimensioni, che ha portato ad oltre 1,25 milione di morti e 52 milioni casi di contagio in tutto il mondo, la classe dominante si mostra in balia degli eventi, in preda al vortice della mercantile anarchia.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 21 compagni, è iniziata riprendendo i temi affrontati nell'ultimo incontro redazionale (26-27 settembre 2020), in particolare la relazione sullo stato, la sua genesi e il suo divenire.
Superata la fase capitalistica, fatta di lotta tra le classi, per la nostra corrente (Tesi di Napoli, 1965), il partito comunista, da organismo politico, diventerà uno strumento per la difesa globale della specie con il compito di prevenire o affrontare fenomeni che potrebbero metterla in pericolo e che vanno dall'ordinaria dinamica della natura ai pericoli di estinzione (da terremoti, alluvioni e uragani a virus, asteroidi e radicali cambiamenti climatici).
Si può dire lo stesso dello Stato? Chi ci ha preceduto è arrivato a definirlo come una sovrastruttura finalizzata allo sfruttamento di una classe sull'altra, e ciò è corretto, ma vale solo per l'ultimo tratto storico, quello capitalistico. Lenin in Stato e rivoluzione riprende la parola tedesca Gemeinwesen, ovvero l'essere sociale, la vera natura umana che nega la divisione sociale del lavoro e le classi. In tutto l'arco storico che rappresenta il comunismo originario, gli ultimi diecimila anni sono il tempo occorso all'uomo per compiere il salto verso lo stato. Durante questo periodo l'uomo si dà strutture sociali differenti che non possono essere definite stato pur essendo organizzate, urbanizzate, dotate di sistemi molto efficaci per conoscere sé stesse e per amministrare la produzione e la distribuzione di alimenti e altri beni. L'archeologia moderna, che ha ormai a disposizione mezzi sofisticati, ha dimostrato senza ombra di dubbio che se dovessimo parlare di stato in questo lungo periodo storico, dovremmo parlarne come di stato-gemeinwesen, un ossimoro che sarebbe scientificamente accettabile solo se cambiassimo la definizione di stato eliminandone la connotazione di classe.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 33 compagni, è iniziata prendendo spunto dalle ultime notizie sulla diffusione del nuovo coronavirus.
A pochi giorni dall'inizio in Italia della cosiddetta Fase 2, i dati sulla diffusione del Covid-19 in arrivo dalla Germania hanno destato una certa preoccupazione nel governo Conte: sembra infatti che nei länder tedeschi, in seguito alla riapertura, l'indice di contagio (R0) abbia ricominciato a salire. Il Comitato tecnico-scientifico italiano ha suggerito al governo una ripresa, prevista per il prossimo 4 maggio, soft, dato che "lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto". Esiste, insomma, il rischio che l'allentamento delle misure di lockdown e il riavvio delle attività possano far ripartire la curva dei contagi, costringendo a nuove chiusure e peggiorando la situazione economica, che di fronte a continui stop and go, di aperture che seguono a chiusure, rischierebbe di andare fuori controllo, più di quanto non lo sia già.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità la pandemia in corso rappresenta ancora una grave minaccia: oltre all'ampia diffusione nei paesi occidentali, preoccupa l'impatto della malattia in Africa, Medioriente e Sud America, paesi in cui i sistemi sanitari non sono in grado di rispondere ad una crescita dei casi. I morti potrebbero essere milioni.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 29 compagni, è iniziata dall'analisi della situazione economica mondiale, alquanto compromessa dalla pandemia da Coronavirus.
In seguito alle misure di quarantena adottate da sempre più paesi, diversi economisti prospettano la caduta del PIL mondiale del 5% nel 2020, e altri, più pessimisti, paragonano gli effetti sociali ed economici della pandemia a quelli di una guerra. La catastrofe rappresentata della Prima Guerra Mondiale produsse un periodo di marasma sociale, che in Russia culminò nella Rivoluzione d'Ottobre. Alla fine del secondo conflitto bellico, invece, il pesante intervento economico degli Usa con il Piano Marshall impedì qualsiasi movimento proletario significativo. Oggi non si stanno distruggendo in massa le forze produttive, come succede con una guerra, e quindi non si verificherà la ripresa economica successiva alla distruzione e la ripartenza da zero di nuovi cicli di accumulazione. Non è più possibile la ripetizione di quanto successo dopo la Seconda Guerra Mondiale, combattuta con uno sforzo generale e gigantesco della società con tanto di procedure di produzione adatte a rifornire i fronti (vedi "programmazione lineare").
Editoriale: Non potete fermarvi
Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra
Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto
Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera
Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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