La guerra è un prodotto della società, essa si modifica, cambia nel tempo. Interessante, a questo proposito, l'articolo del Capo di Stato Maggiore russo, il generale Valerij Gerasimov, intitolato "Il valore della scienza è nella capacità di prevedere: nuove sfide richiedono di ripensare le forme e i metodi di esecuzione elle operazioni di combattimento", pubblicato il 26 febbraio 2013. Gli analisti occidentali lo hanno definito il manifesto della nuova dottrina militare russa. In realtà, gli esperti militari russi non hanno fatto altro che prendere atto della trasformazione della guerra moderna in qualcosa di ibrido, intendendo con ciò i conflitti che comprendono eserciti statuali e non, e le operazioni cibernetiche e psicologiche. I tempi di pace e quelli di guerra non sono più chiaramente separati, vi è una zona grigia in cui si verificano diverse gradazioni nel dispiegamento bellico.
La cosiddetta dottrina Gerasimov è divisa in sei fasi: fase occulta della guerra, aumento della tensione, inizio ufficioso di operazioni belliche, crisi bellica definitiva, risoluzione, restaurazione dell'ordine nel paese. In sintesi, il generale russo individua quattro aspetti cruciali della guerra moderna: l'utilizzo integrato della forza militare e civile; il ruolo fondamentale dei media e dell'informazione; l'utilizzo di compagnie militari private nelle operazioni militari e, infine, l'utilizzo di metodi operativi indiretti e asimmetrici. ("Il concetto di Gray zone: la dottrina Gerasimov e l'approccio russo alle operazioni ibride", ministerodelladifesa.it). Gli esperti militari russi considerano le "rivoluzioni colorate" rivolte fomentate dagli Usa, come nel caso dell'Ucraina con Euromaidan nel 2014, quando il presidente filorusso Janukovyč dopo mesi di proteste fu costretto a fuggire dal paese. La Russia, che ha risposto alle manifestazioni pro-occidentali con l'occupazione della Crimea e con il sostegno attivo agli indipendentisti della regione del Donbass, non può permettersi di avere la Nato a ridosso dei propri confini.
La guerra oggi è combattuta da militari e civili, attraverso attacchi cibernetici, campagne di disinformazione, un ampio uso delle partigianerie e della pressione economica quale mezzo non militare. Ed in questa situazione di disordine mondiale dovuto, in primis, al declino degli Usa, l'intero assetto del capitalismo traballa. Cina, India, e la stessa Russia non mettono in discussione direttamente il ruolo di gendarme mondiale svolto dagli Usa, ma sono alla ricerca dei propri spazi di manovra. Il colosso imperialistico americano, oltre ad arrancare a livello internazionale, ha enormi contraddizioni al proprio interno, così come affermano ormai molti osservatori, a cominciare da Barbara F. Walter, autrice del saggio How Civil Wars Start. And How to Stop Them (2022), e dal giornalista canadese Stephen Marche (The Next Civil War. Dispatches from the American Future, 2022).
Il libro Complotti! Da Qanon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto, scritto da Leonardo Bianchi, è un'interessante inchiesta giornalistica sull'estrema destra americana, ed in particolare sul fenomeno QAnon, salito agli onori delle cronache dopo l'assalto al Campidoglio il 6 gennaio 2021. Il complottismo storico (Protocolli dei Savi di Sion) viene condito da QAnon con elementi pop tratti dal cinema di fantascienza, fino ad arrivare a teorie strampalate come quella dei rettiliani, secondo la quale creature aliene prendono forma umana allo scopo di controllare la Terra. Il fenomeno QAnon ha avuto una diffusione internazionale e la sua storia si intreccia con l'ascesa di Trump alla Casa Bianca; recentemente, durante le manifestazioni "no vax" in Europa si sono sentiti richiami alla profezia del "Grande Risveglio". Ci sono spinte materiali che portano milioni di persone in piazza a causa della "vita senza senso", e ce ne sono altrettante che portano "agenti di influenza" a manipolare le menti per gli interessi di una fazione borghese contro l'altra. Precisato questo, c'è da dire che movimenti cospirazionisti come QAnon, pur essendo costruiti ad arte, possono produrre sconquassi: si tratta di forze interne al sistema che possono diventare ulteriori elementi di caos e destabilizzazione.
La rivolta del 2020 negli Stati Uniti avvenuta in seguito all'uccisione di George Floyd, la polarizzazione politica tra democratici e repubblicani, tra stati federali e centrale, tra gruppi sociali, sono tutti il sintomo di una prossima esplosione sociale. La nostra corrente, già negli anni 50', sosteneva che se l'imperialismo americano non crolla dall'interno, allora non c'è alcuna possibilità di una vittoria rivoluzionaria. Nella rivista monografica "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo visto che con la scomparsa delle vecchie colonie i paesi imperialisti hanno cominciato una colonizzazione interna. Gli Stati Uniti sono da tempo una colonia di sé stessi: milioni di proletari sono sempre più schiavizzati da un capitalismo senza briglie.
L'ultimo tentativo rivoluzionario, avvenuto in Russia nel 1917, è stato caratterizzato dalla famosa parola d'ordine di Lenin "trasformare la guerra imperialista in guerra civile", fatta propria in seguito dall'Internazionale Comunista. Oggi il contesto è completamente cambiato, dato che è in corso una guerra civile strisciante, e non solo negli Usa. Nell'ultimo numero della rivista abbiamo visto che l'origine del wargame è antica ed è legata ai giochi da tavolo, e che l'interazione fra due soggetti che compiono scelte razionali per vincere, cioè per influenzare l'esito finale, può essere tradotta in calcolo e adoperata per la realizzazione dei modelli di realtà. Da questi modelli deduciamo che è improbabile lo "scoppio" di una guerra mondiale di tipo classico, con schieramenti imperialistici netti e dualistici. Il mondo è troppo grande per il controllo ad opera di un solo paese, ma è altresì troppo piccolo per garantire sviluppo e profitti per tutti. Nel conflitto bellico moderno non ci sono più i fantaccini terrestri che si sparano dalle trincee e che possono fraternizzare al fronte, si fa perciò difficile trasformare la guerra imperialista in guerra civile.
Gli Usa sono maestri nella compellenza, cioè nel far perdere la guerra agli altri senza combattere. Sopportano benissimo che la Cina possieda buona parte del loro debito pubblico, ma devono contenerne l'espansione commerciale accusandola di "aggressione economica". Se, come dice Trump, si vuole fare tornare l'America grande ("Make America Great Again"), è perché questa è diventata piccola. Negli anni '50 gli Usa hanno raggiunto il loro massimo livello di sviluppo, riuscendo a proiettare la propria immagine sul resto del mondo, come nemmeno l'Impero Romano era riuscito a fare. Il presidente Eisenhower sosteneva che l'America doveva vincere la guerra per dominare il mondo. Solo che vincere una guerra globale, a lungo andare, è peggio che perderla perché poi bisogna colonizzare le popolazioni. Gli Usa non possono più tornare ad essere quello che erano decenni fa, non possono avere di nuovo un periodo postguerra mondiale fatto di ricostruzioni e boom economico. Gore Vidal ha compreso per tempo che gli Stati Uniti stavano entrando in uno stato di guerra civile permanente (La fine della libertà; Le menzogne dell'impero e altre tristi verità).
In chiusura di teleconferenza si è accennato alle recenti manifestazioni contro il carovita in Marocco, e alle proteste dei camionisti in Italia contro l'aumento del prezzo dei carburanti. Dato che si va verso un alleggerimento delle restrizioni anti-Covid in tutta Europa, i leader "no vax", nel timore di rimanere disoccupati, si stanno orientando verso la lotta contro il carovita. Non è da escludere il ritorno in piazza dei forconi, anche perché c'è da riempire il vuoto lasciato dal Movimento 5 Stelle. La lotta contro il carovita potrebbe essere usata per mettere tutti dietro il tricolore, dall'operaio al bottegaio. Ma non è detto che il gioco populista funzioni ancora a lungo: la corda potrebbe spezzarsi.