Il direttore della rivista italiana di geopolitica, Lucio Caracciolo, ha tenuto una lectio magistralis all'Assemblea organizzativa della CGIL del 10 e 12 febbraio scorsi, intitolata "Il mondo accelerato". Nel suo intervento il giornalista ha sviluppato quattro punti: 1) la questione demografica: siamo 8 miliardi e siamo male distribuiti sulla superficie terrestre; 2) la finanziarizzazione dell'economia quale causa di cambiamenti geopolitici; 3) la questione cibernetica: fake news, algoritmi, disinformazione; 4) la tendenza al disordine mondiale: essa è dovuta al declino delle grandi potenze, in primis quello degli Stati Uniti, che hanno sempre più difficoltà a gestire il sistema-mondo, anche perché al loro interno devono fare i conti con profonde spaccature sociali e politiche. Diminuisce perciò l'area di Ordolandia e si espande quella di Caoslandia (la bipartizione, secondo Limes, tra il mondo dell'ordine e quello dove si concentrano conflitti e attività terroristiche, e dove si assiste alla progressiva dissoluzione degli Stati). Paesi apparentemente stabili, come Usa, Francia, Germania e Italia, sono in realtà attraversati da fenomeni di disgregazione strutturale. Aumenta anche la miseria e si vedono le prime manifestazioni contro il carovita, come a Manchester e in altre città della Gran Bretagna.
Lo scontro in atto intorno all'Ucraina tra Nato e Russia vede quest'ultima sulla difensiva, intenta a proteggere spazi vitali che vengono progressivamente erosi. Il Cremlino non può accettare passivamente la presenza della Nato a ridosso dei propri confini, punta pertanto a destabilizzare in maniera permanente l'Ucraina. Gli Usa, invece, vogliono evitare una saldatura del grande stato russo con la Germania (per Washington il gasdotto Nord Stream 2 è una minaccia al suo primato in Europa), e mirano a ricompattare la NATO. Ricordiamo che in Germania gli Stati Uniti hanno all'incirca 70 basi militari e una presenza di 60.000 militari; un'eventuale alleanza tedesco-russa rischierebbe di accelerare il declino della superpotenza americana.
Più che ad un conflitto totale stiamo assistendo ad una guerra civile diffusa (partigianerie, proxy war, balcanizzazioni). Quando da settimane si vedono navi, carrarmati e truppe in movimento, vuol dire che la guerra guerreggiata non c'è. D'altronde le armi che si dovrebbero usare sarebbero ben altre rispetto a quelle che vengono sfoggiate. I tank super-corazzati sono fragilissimi di fronte ai nuovi equipaggiamenti anticarro (vedi carri armati Leopard 2 turchi decimati dall'Isis in Siria). Per questo alcuni esperti militari sostengono che l'armamentario pesante non serve più e che si passerà all'utilizzo di armi leggere. "Non secondo la vecchia definizione di chilogrammi per arma, bensì secondo il criterio della smaterializzazione." (n+1, n. 50)
Nella preparazione di una guerra è di primaria importanza il coinvolgimento ideologico della popolazione. Se questo non riesce, la guerra semplicemente non la si può fare. I nazisti sono stati dei maestri nello stimolare la popolazione al fine di farla combattere; le Schutzstaffel, o SS, erano un'organizzazione paramilitare estremamente politicizzata che, tra le altre cose, aveva il compito di sorvegliare il popolo tedesco. Anche gli Stati Uniti non furono da meno, facendo credere alla popolazione mondiale che il Giappone avesse aggredito gli americani a Pearl Harbor, e ciò era certamente vero se ci si limitava a vedere le cose dal punto di vista delle bombe e degli scoppi. Ma prima di quell'attacco era stato messo in atto un blocco economico che stava soffocando l'economia giapponese.
La guerra d'oggi è più politicizzata che mai ed è da intendersi come un grande gioco che tutti coinvolge. "Lo Stato Maggiore delle forze armate inglesi è convinto che giocare con i wargame sia utile alla Nazione perché abitua i cittadini a pensare in termini di conflitto e competizione anche per campi diversi da quello della guerra" (n+1, n. 50). La teoria dei giochi fa parte di un approccio scientifico al comportamento umano in situazioni di conflitto, molto più degli slogan privi di contenuti empirici lanciati dai luogocomunisti.
Se la Seconda guerra mondiale è stata un misto di guerra di posizione e di movimento, la Terza guerra mondiale è di natura cibernetica, si sta combattendo a pezzi, come dice il Papa, è diluita nel tempo e vede all'opera partigianerie, eserciti regolari e gruppi non meglio definiti; ad esempio quelli hacker, in grado di arrecare danni di non poco conto all'avversario (basti pensare al recente attacco informatico alle banche e al ministero della difesa ucraini).
Per i comunisti è fondamentale intervenire prima che la guerra mondiale esploda in tutta la sua potenza distruttiva perché, dopo, le popolazioni non avranno più voce in capitolo. Le nuove tecnologie con cui essa verrà combattuta renderanno la fraternizzazione dei soldati al fronte difficile, se non impossibile. Oggi i singoli combattenti sono inglobati in sistemi automatici, del cui funzionamento complessivo non hanno conoscenza. Anche l'imbonimento propagandistico borghese è una forma di guerra, visto che allontana i proletari dal programma storico del comunismo. Si pensi, ad esempio, all'opera deleteria dei populisti "no vax", che denunciano complotti di élite globali e parlano di "dittatura sanitaria", appellandosi alla democrazia, alla Costituzione e alla libertà. Il controllo sociale non è più contingente, ma permanente, inserito nella vita quotidiana della popolazione. Vi sono "agenti di influenza" che operano ovunque, no-stop.
Per fortuna, però, la tradizione di lotta della Sinistra Comunista "italiana" non è scomparsa. Il lavoro della corrente è stato salvato e la sua assimilazione è fondamentale per evitare o, comunque, ridurre al minimo, gli sbandamenti. La consegna per i militanti è sempre la stessa: disfattismo, rifiuto dei fronti di guerra borghesi, rifiuto delle partigianerie, lotta contro l'infiltrazione tra le nostre fila dell'ideologia del nemico di classe.