Un'anticipazione di quanto può accadere con il blocco della supply chain mondiale si è vista in occasione dell'ostruzione del canale di Suez a causa dell'incagliamento della portacontainer EverGiven. La logistica è uno dei settori nevralgici per il capitale moderno, non solo perché alimenta la produzione industriale, ma anche perché è un prolungamento sul territorio della stessa catena di montaggio. Il processo di produzione è diventato così complesso da rendere necessaria la pianificazione della sua dinamica, opera per la quale non bastano dei buoni organizzatori, ma servono dei sistemi cibernetici. Al suo apparire, la produzione snella e senza magazzino ha rappresentato una controtendenza alla caduta tendenziale del saggio di profitto, salvo poi dimostrare tutta la sua fragilità. Il just in time richiede una tale fluidità e sincronizzazione nella produzione e circolazione delle merci che basta poco per far inceppare tutto (Newsletter numero 244, 2021). Il famoso battito d'ali di farfalla è in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo.
Con le guerre, la pandemia e il caos degli approvvigionamenti la società va incontro a scenari catastrofici che fino a poco tempo fa solo pochi immaginavano. L'umanità è sempre più in balia degli alti e dei bassi di un sistema fuori controllo. Ciò radicalizza la situazione sociale perché gli uomini perdono fiducia nelle istituzioni e nella "politica", e si agitano, preoccupati di perdere i livelli di vita raggiunti (Lettera di Marx ad Annenkov, 1846). D'altronde, la sempre più grande accumulazione di capitale ad un polo della società determina una crescita della miseria all'altro. Non ci vuole molto a capire che il sistema così non può andare avanti. Ciò che manca a livello sociale, ed è quanto mai necessario, è un collegamento con il futuro, la formazione un organismo che rappresenti l'antiforma ("Dov'è finito il Futuro?").
L'Arabia Saudita ha avviato una trattativa per utilizzare lo yuan nella vendita di petrolio alla Cina. La moneta cinese assumerebbe così un ruolo strategico sui mercati energetici. Il Wall Street Journal ha affermato che la mossa intaccherebbe il dominio del dollaro Usa sul mercato petrolifero globale, nonché il suo ruolo di valuta di riferimento negli scambi internazionali. Questo annuncio è equiparabile ad un atto di guerra: quando Saddam Hussein dichiarò che avrebbe venduto il petrolio non più in dollari ma in euro ci furono immediate conseguenze militari. Quello che per l'Economist ("Confronting Russia shows the tension between free trade and freedom") è uno scontro tra libertà e dittatura, con l'Occidente da una parte e l'Oriente dall'altra, è in realtà l'inizio di una guerra volta a ridefinire gli equilibri interimperialistici.
La Cina è uno dei più grandi detentori del debito americano: per quanto Pechino possa cercare una propria autonomia ed aspirare a un ruolo politico globale, l'economia cinese è legata indissolubilmente a quella degli Stati Uniti. Se venisse meno il controllo del polo statunitense sul mondo, non si profilerebbe l'emergere una nuova potenza-guida bensì un periodo di caos generalizzato. Nell'articolo "Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio" abbiamo visto come da un mondo "ordinato" basato sul condominio Usa-Urss si è passati a un disordine internazionale, ad una tensione non certo dovuta all'azione dei governanti-battilocchi di turno, ma alla degenerazione dei rapporti capitalistici. Più il capitale si globalizza, interconnettendo le economie e socializzando internazionalmente il lavoro, maggiori sono le contraddizioni che esso genera, e i problemi locali diventano presto globali. Con la guerra in Ucraina un sacco di nodi stanno venendo al pettine: il rincaro del prezzo del gas e del petrolio ma anche di grano, mais e fertilizzanti, fondamentali per la sicurezza alimentare in molte aree del mondo, soprattutto quelle più povere.
L'oggetto del contendere tra Ucraina e Russia riguarda anche le risorse idriche: i soldati russi hanno distrutto una diga nell'oblast' di Cherson che impediva all'acqua di fluire in Crimea. L'Ucraina ha costruito lo sbarramento dopo che la Russia aveva annesso la penisola, nel 2014, interrompendo oltre l'80% dell'approvvigionamento idrico della Crimea e danneggiandone i raccolti. Gli scontri per il controllo dell'acqua si stanno diffondendo in tutto il mondo. La risorsa, al pari del petrolio e del gas, è usata come arma di guerra. Il controllo delle riserve idriche è strategico: chi controlla l'acqua, controlla l'agricoltura, l'industria e, in ultima analisi, la salute pubblica. Il problema della siccità è reale e i dati resi pubblici dei vari istituiti borghesi parlano chiaro. Secondo l'ultimo report del WWF ("Siamo all'ultima goccia"), sono circa 4 miliardi sui 7,8 in totale gli abitanti della Terra che già sperimentano una grave carenza d'acqua per almeno un mese all'anno. Tra il 1970 e il 2019 il 7% di tutti gli eventi catastrofici nel mondo sono riconducibili alla siccità, ma ha contribuito a ben il 34% delle morti legate ai disastri.
In Ucraina, si legge sui giornali, Mosca ha dispiegato una poderosa macchina da guerra che pare si sia impantanata in una insensata operazione militare. Abbiamo: truppe di occupazione che non si sa bene cosa stiano occupando; missili ipersonici che viaggiano a 12 mila km all'ora per colpire obbiettivi secondari; una disinformazione capillare e costante che è diventata sistemica. La propaganda di guerra occidentale descrive Putin come un pazzo sanguinario che guarda al passato, mentre Zelensky come il difensore dei diritti umani. C'è da dire che il presidente russo presta il fianco a queste critiche, presentandosi come il restauratore della Grande Russia e adoperando personaggi come il filosofo Aleksandr Gelʹevič Dugin, che giustifica l'operazione militare appellandosi al Grande Risveglio in reazione al Grande Reset dei globalisti occidentali. L'armamento militare russo è quello di una potenza terrestre e ciò gli consente di muoversi agevolmente in Ucraina, in gran parte pianeggiante, con incursioni volte a conquistare posizioni e a difenderle. E' possibile un consolidamento dell'occupazione, è possibile che l'operazione militare russa si concluda con l'annessione del Donbass. La famosa colonna di blindati lunga 65 km avvistata dai satelliti spia sembra essere un diversivo, una mossa per attirare, o comunque vedere cosa farà, l'aviazione ucraina. D'altronde, l'esercito russo ha ancora migliaia di carrarmati, vecchi e nuovi, da mettere sul campo.
Allo stato attuale è difficile fare previsioni perché non si può sapere come farà la Russia a mantenere la sua logistica in Ucraina, o come faranno gli Usa a formare una forza per cacciare l'esercito russo dal paese (sempre che lo vogliano fare). Questa guerra è il primo episodio di una lunga serie a venire. Si tratta di un conflitto che coinvolge già adesso il mondo intero, anche paesi lontani migliaia di km dal territorio ucraino.
La nostra corrente parlava di geopolitica come di una scienza, ricordando l'opera del geografo inglese Mackinder. Anche oggi è l'Heartland ad essere lo snodo principale della contesa imperialistica mondiale. Se verso Occidente la Russia ha tutto da perdere, ad Est avrebbe tutta la fascia del Kazakistan e delle nazioni confinanti che finiscono in "stan" da (ri)conquistare.