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  • Resoconto teleriunione  20 settembre 2022

Rifiuto della presente forma sociale

La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 18 compagni, è iniziata con alcune considerazioni in merito alla situazione in Iran, con particolare riferimento alla rivolta per l'uccisione da parte della polizia di una giovane donna rea di non indossare correttamente il velo.

La protesta scoppiata in questi giorni in molte piazze e università iraniane è solo l'ultima in ordine di tempo, da anni nel paese si susseguono ondate di sollevazione popolare a testimonianza di una situazione generalizzata di malessere sociale. L'Iran è un paese capitalistico, ma ha una sovrastruttura politica che potremmo definire semi-medievale. Anche il Movimento Verde, nato nel 2009 contro i brogli elettorali, mise in luce le contraddizioni in cui si dibatte il paese, che puntualmente provocano questo genere di mobilitazioni. Le motivazioni che spingono le persone a scendere in strada possono essere di vario tipo, ma alla base della protesta premono forze sociali che non lottano semplicemente per i "diritti" e che potrebbero imprimere un indirizzo anticapitalistico ("Quale rivoluzione in Iran?").

Da segnalare anche quanto sta succedendo in Libano, dove si sono verificati numerosi assalti alle banche da parte degli stessi correntisti; in seguito alle proteste, molti istituti bancari sono stati costretti a chiudere per ragioni di sicurezza. In Myanmar, pochi giorni fa, gli elicotteri della giunta militare golpista hanno sparato su una scuola in un villaggio nel nord del paese, uccidendo almeno 11 bambini. Se unissimo in unico scenario le notizie proveniente dalle diverse aree geografiche del pianeta, vedremmo chiaramente i contorni di una rivolta globale crescente in un contesto di conflitto generalizzato ("Rivolta contro la legge del valore"). Come scritto nella locandina del prossimo incontro redazionale in riferimento al "fronte interno" americano, l'aspetto invariante che collega i diffusi fenomeni di marasma sociale e guerra è la crisi della legge del valore, e cioè il fatto che il capitale registra sempre maggiori difficoltà di accumulazione e valorizzazione, e ciò comporta la rottura degli equilibri geopolitici. La guerra in Ucraina ne è probabilmente il sintomo più evidente.

L'incapacità del sistema di riprodurre sé stesso ha delle conseguenze anche a livello ideologico. La religione del lavoro su cui esso si fonda si sta decomponendo, e ormai non passa settimana in cui non si leggano articoli sulle "Great Resignation" o sul "Quiet quitting" in questo o quel paese. L'idea del lavoro inteso come riscatto personale e ragione di vita sta venendo meno in ampi strati della popolazione. Il fenomeno delle grandi dimissioni è interessante e probabilmente è anche un prodotto della pandemia, di quel periodo in cui milioni di proletari dovevano decidere se rischiare la vita per continuare a fare lavori con paghe da fame. Negli articoli della rivista sulla Grande Socializzazione abbiamo posto in evidenza l'esistenza di uno stretto collegamento tra i tre filoni del riformismo in Italia: Chiesa (Rerum Novarum), fascismo (Carta del Lavoro), e social-democrazia (Ordine Nuovo): tutti professavano l'amore per la fabbrica e per la macchina, e la responsabilità della classe operaia verso la produzione; idee che trovano nuovi sostenitori nel secondo dopoguerra, in primis nel PCI che predica una classe operaia più coscienziosa ed efficiente della borghesia nel produrre, e dedita alla realizzazione di una Civiltà del Lavoro. Con la dissoluzione dei grandi partiti stalinisti l'ideologia del lavoro incassa i primi pesanti colpi, e ora subisce un attacco frontale da parte di milioni di persone. Negli ultimi due anni, durante i vari lockdown, la pagina contro il lavoro su Reddit, "Antiwork: Unemployment for all, not just the rich!", ha visto decuplicare i propri iscritti, e in Cina è comparso il fenomeno "Tang Ping".

Il rifiuto del lavoro salariato in una società su di esso fondata è un fenomeno preoccupante per la classe dominante, e le cause materiali che vi hanno condotto sono da ricercare nella profonda crisi della legge del valore. In ultima istanza, si tratta del rifiuto di una società capace di offrire solamente precariato, lavoretti e ultra-sfruttamento. La presente forma sociale è un involucro che non corrisponde più al suo contenuto e che non riesce più a riprodurre determinati rapporti sociali. Come dice la nostra corrente, con la crisi del capitalismo si sviluppano "movimenti che proclamano ed attuano l'assalto alle vecchie forme, ed anche prima di saper teorizzare i caratteri del nuovo ordine, tendono a spezzare l'antico, provocando il nascere irresistibile di forme nuove." ("Tracciato d'impostazione", 1946).

In Italia sono più di un milione i nuclei familiari che si sostengono col reddito di cittadinanza, circa tre milioni di persone. Ci sono poi gli innumerevoli lavori "fasulli", intesi come impieghi che servono solo a tenere in piedi il baraccone (basti ricordare, a titolo d'esempio, l'apposita branca della produzione finalizzata a cercare lavoro ai disoccupati). Se prendiamo questo grande insieme improduttivo, ci rendiamo conto che il tutto è caricato sulle spalle di un ridottissimo numero di lavoratori sfruttati al massimo. Con il passaggio ad un'altra forma sociale lo sciupio verrebbe eliminato fin da subito.

Che sia giunto il tempo di ridurre l'orario di lavoro ormai è chiaro anche alla borghesia e ai suoi più alti rappresentanti. Lo dimostra la campagna "4 Day Week Global", alla quale hanno aderito grandi società come Panasonic, Microsoft, Canon, ecc.: queste aziende hanno cominciato a prendere in considerazione la settimana lavorativa di 4 giorni spingendosi a lanciare progetti pilota. Insomma, sembra che la classe dominante cominci a fare proprio un famoso slogan degli anni 70': lavorare meno, lavorare tutti.

Il punto "c" del Programma rivoluzionario immediato nell'Occidente capitalistico (riunione di Forlì del Partito Comunista Internazionale, 28 dicembre 1952) prevede la "drastica riduzione della giornata di lavoro almeno alla metà delle ore attuali, assorbendo disoccupazione e attività antisociali". Il tema è stato da noi sviluppato nell'articolo "Tempo di lavoro, tempo di vita". La Sinistra era una voce che arrivava dal futuro ed infatti riuscì ad anticipare di almeno settant'anni fenomeni che oggi tocchiamo con mano; parlava la lingua del domani e al tempo faceva fatica a farsi comprendere data la forza dello stalinismo. Nel secondo dopoguerra il capitalismo aveva ancora qualcosa da dire e da promettere, non aveva ancora esaurito tutte le sue potenzialità, e quindi il riformismo poteva godere di una certa presa sulle masse. Oggi siamo arrivati alla fine di un ciclo storico perché, a causa dei gravissimi problemi di riproduzione del capitale, anche le sue sovrastrutture, dai partiti alle parrocchie, sono in forte crisi.

In assenza di programmi politici, la campagna elettorale in Italia è stata tutta incentrata sul reddito di cittadinanza. C'è chi vuole abolirlo, chi vuole difenderlo e chi vuole modificarlo. Una cosa però è certa: non si può tornare indietro e cancellare questa misura che riguarda non tanto i disoccupati ma gli inoccupabili, cioè chi che non potrà mai entrare o rientrare nel "mondo del lavoro" per il semplice fatto che non ce n'è più bisogno. Togliere il reddito a milioni di senza-riserve vorrebbe dire scatenare una rivolta.

Un compagno ha chiesto se esiste un'analogia possibile tra gli attuali fenomeni di rifiuto del lavoro e il movimento Hippy degli anni '60 negli Stati Uniti.

Il fenomeno dei figli dei fiori affonda le sue radici nella controcultura della Beat Generation, fenomeno nato nel secondo dopoguerra e interessante dal punto di vista della storia degli USA. Negli anni '50 del secolo scorso uno strato della popolazione decide di non lavorare, di vivere con pochissimo, rifiutando il consumismo e i valori della classe dominante. Gli aderenti al movimento vengono perseguitati dalla stampa, repressi della Stato, massacrati dai benpensanti. Per la società del tempo sono antiforma e in qualche modo anticipano il movimento Occupy Wall Street. Il culmine verrà raggiunto con il movimento contro la guerra in Vietnam (50mila disertori negli USA). Per capire quel periodo è molto utile la raccolta di poesie Jukebox all'idrogeno di Allen Ginsberg, in particolare il poema Urlo, ed il romanzo Sulla strada di Jack Kerouac.

Negli USA sono due i poli territoriali che storicamente hanno rappresentato i centri nevralgici per la nascita di fenomeni controculturali: New York, capitale di tutti i movimenti, e la California, culla del movimento Hippy. New York e Oakland sono stati infatti i due centri urbani più importanti per il movimento Occupy Wall Street.

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Rivista n°54, dicembre 2023

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Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

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