Le banlieue non sono mai state pacificate e ogni qualvolta viene superata una determinata soglia di sopportazione scatta la rivolta. Perché scoppi un incendio serve la scintilla, ma è necessario il combustibile perché il fuoco divampi per giorni, e di questo sono cariche le periferie urbane di tutto il mondo. Il governo francese minaccia le piattaforme social come Snapchat e TikTok, invitandole ad essere più collaborative nell'identificare coloro che incitano alla violenza (The Economist, "Rioting in France presents a fresh political test for Emmanuel Macron"). In effetti i social network hanno giocato un ruolo importante in tutte le rivolte a partire dalla Primavera araba, e in diverse occasioni i governi hanno bloccato Internet tentando di mettere i bastoni tra le ruote ai manifestanti. Sull'onda di quanto successo in Francia, sono scoppiati disordini anche in Belgio (Bruxelles, Liegi) e Svizzera (Losanna), e di certo le immagini e i video della sommossa nelle città francesi diffusi via Web hanno fatto la loro parte. Uno spettro si aggira per la Rete, e anche gli apparati di sicurezza italiani monitorano il rischio contagio.
Sovente si sente dire che le rivolte dei banlieusard sono disorganizzate, in realtà tutti i giovani hanno uno smartphone in tasca e lo sanno usare per coordinarsi. C'è quindi una struttura a rete soggiacente, e tale processo di auto-organizzazione non ha nulla a che fare con la concezione, di matrice anarchica, del movimento che procede dall'idea, bensì si collega con la moderna teoria dei sistemi complessi, secondo la quale un sistema è in grado di elaborare informazione al proprio interno. Così come nel grande sciopero dell'UPS del 1997 i driver americani utilizzarono i propri strumenti di lavoro, i GPS, per organizzare picchetti volanti, i rivoltosi d'oggi usano i "furbofoni" per lanciare flash mob.
La centralizzazione politica dello stato francese, la condizione di semi-segregazione vissuta da una parte della popolazione, la perdita di forza del riformismo fanno sì che tra i ribelli delle periferie metropolitane e la polizia non ci siano cuscinetti ad attutirne lo scontro. Gli agenti lamentano difatti di dover supplire a compiti che spettano altri. In un comunicato stampa diffuso da due delle principali sigle sindacali della polizia francese, l'Alliance Police Nationale e l'Unsa Police, si esprime una precisa linea politica nei confronti delle violenze ("Questo non è il momento dell'azione sindacale ma della lotta contro questi parassiti"). La società francese è divisa come non mai. Le due collette lanciate online, una a favore della famiglia di Nahel e l'altra del poliziotto che l'ha ucciso, ne sono la riprova: i fondi raccolti dalla seconda, organizzata da ambienti dell'estrema destra, hanno superato di molto quelli donati per i parenti del defunto.
Sullo sfondo delle rivolte francesi campeggia la guerra in Ucraina. I droni utilizzati dai militari nel conflitto in corso alle porte dell'Europa cominciano a fare la loro comparsa anche nel controllo delle città, per esempio delle banlieue. Il confine tra fronte esterno e fronte interno si fa più labile, come anticipato dal documento NATO Urban Operation in the year 2020, che individuava l'ambiente metropolitano come futuro campo di battaglia tra le masse diseredate e lo Stato. Contro i banlieusard, oltre ai mezzi blindati, sono stati utilizzati anche i reparti antiterrorismo. Lo Stato considera alcune periferie territorio ostile, ed attraverso i propri apparati di intelligence elabora wargame per capire come intervenire. Si tratta di modelli previsionali computerizzati che vengono continuamente aggiornati, dato che da qualche anno a questa parte a scendere in piazza non sono più solo i salariati, ma un po' tutte le classi, anche quelle più reazionarie (vedi manifestazioni "no vax").
Al contrario i rivoltosi non sono ancora arrivati all'idea di elaborare un proprio wargame, e questo è il limite delle attuali manifestazioni. Esso è fondamentale per darsi mezzi e obiettivi che vadano oltre la rabbia e lo sfogo fine a sé stesso. Nella rivista n. 50 sosteniamo che le Tesi di Roma sulla tattica del 1922 sono un sofisticato wargame giocato senza scacchiera o computer. Le tesi sono chiare, cristalline, inequivocabili: il perno attorno al quale ruota l'azione è il partito rivoluzionario.
Riguardo alla guerra in Ucraina, per la NATO si profilano due scenari: lasciare la vittoria in mano alla Russia, oppure cercare una superiorità tecnologica in ambito militare. I media ucraini hanno dichiarato che il 13 maggio scorso nella regione russa di Bryansk, confinante con il Nord dell'Ucraina, sono stati abbattuti alcuni velivoli russi per mezzo di sistemi occidentali Patriot. Nell'articolo dell'Economist, "The war in Ukraine shows how technology is changing the battlefield", si sostiene che il conflitto in corso dimostra quanto la tecnologia stia cambiando il campo di battaglia: per la maggior parte degli esperti militari la conquista del territorio è ritenuta irrilevante e persino controproducente. La vittoria dell'Azerbaigian sull'Armenia nel 2020 ha già dimostrato il predominio delle armi di precisione sulle forze di terra.
L'Ucraina è un banco di prova per nuove armi, strategie e tecnologie informatiche. I droni ucraini raccolgono enormi quantità di dati che però non possono rispedire per intero ai centri di comando date le comunicazioni intermittenti; per tal motivo il lavoro di analisi deve essere svolto sui velivoli stessi, che perciò sono dotati di sistemi di intelligenza artificiale. Anche la Russia ha intrapreso una forma di guerra in rete, e cioè ha utilizzato il comando e il controllo computerizzati per unire i droni alle batterie di artiglieria. Sistemi intelligenti combattono, dunque, contro altri sistemi intelligenti.
Se passa, questo tipo di guerra andrà fino in fondo, e non sarà più possibile fare marcia indietro.