Il saggio di Gore Vidal La fine delle libertà è dedicato ai fatti di Waco e alle loro conseguenze. Vidal si considerava un "riformatore radicale", lontano dagli ambienti di destra, eppure nel testo afferma, al pari dell'alt-right, che la vicenda ha sancito una sorta di mutazione in senso autoritario dello stato americano. Lo testimonierebbe il ruolo svolto dall'FBI, con l'impiego dell'aggressivo SWAT (Special Weapons And Tacticts, 'Tattiche e Armi Speciali'), ma anche dei reparti scelti della Delta Force. In risposta a questa "svolta", c'è stato nel 1995 l'attentato ad Oklahoma City, uno dei più grandi atti di terrorismo su suolo statunitense compiuto da cittadini americani. L'attacco è stato fatto passare come un atto isolato provocato da un pazzo, quando invece venne progettato da ex soldati, alcuni dei quali decorati. Secondo Timothy McVeigh, ex-sottufficiale dell'esercito che si è dichiarato l'organizzatore dell'attentato, l'FBI si sarebbe trasformato in un corpo di militari super addestrati volto ad annientare le libertà individuali dei cittadini. McVeigh inviò il 4 aprile 2001 una lettera allo scrittore Gore Vidal in cui spiegava le sue ragioni:
"Ho deciso di far saltare un edificio del governo federale perché quest'azione, rispetto ad altre, sarebbe servita a più scopi. In primo luogo, l'attentato era un gesto di rappresaglia, una ritorsione per l'escalation di incursioni (con il loro carico di danni e di violenze) alle quali gli agenti federali hanno partecipato negli anni passati (Waco, ma non solo). Dalla formazione durante gli anni Ottanta, all'interno delle agenzie federali, di unità come l'Hostage Rescue dell'FBI e di altre squadre d'assalto, che ha avuto il suo culmine con i fatti di Waco, le azioni federali sono diventate sempre più violente e hanno assunto sempre più un carattere militare, finché a Waco il nostro governo - proprio come in Cina - ha utilizzato i carri armati contro i suoi stessi cittadini. [...] In buona sostanza, gli agenti federali sono diventati "soldati" (ricevono un addestramento militare, ne usano le tattiche, le tecniche, l'equipaggiamento, il gergo, la divisa dell'esercito e ne condividono l'organizzazione e la mentalità) e il loro comportamento ha subito una degenerazione."
L'ex-sottufficiale venne giustiziato l'11 giugno 2001, e subito dopo la sua morte si diffusero, ad opera della destra alternativa, teorie cospirazioniste a suo favore. Come dice la nostra corrente, nell'ultimo colonialismo i bianchi colonizzano i bianchi ("Imprese economiche di Pantalone"), e dunque il peggior nemico dell'America è l'America stessa. Trump è il prodotto di una parte significativa della popolazione americana che intende il governo in carica quale usurpatore della democrazia, e pensa che a governare realmente sia il Deep State, un network clandestino che persegue gli interessi di "elitè globaliste" a scapito di quelli del popolo a stelle e strisce. Per milioni di cittadini americani il loro stesso Stato è un alieno, un qualcosa che non fa parte del paese. La rivista Limes, qualche numero fa, ha pubblicato una cartina degli USA in cui veniva rappresentato l'orientamento politico della popolazione: ciò che ne emergeva era un paese spaccato a metà, con la parte democratica concentrata sulle coste e quella repubblicana assestata prevalentemente sui territori interni. Negli USA sta montando un profondo malessere, diffuso in tutti gli strati sociali; basti ricordare che tra gli arrestati e gli indagati per i fatti di Capitol Hill ci sono reduci, poliziotti e marines.
Il riferimento più o meno esplicito di Trump ai fatti di Waco naturalmente ha dei fini politici. Se all'epoca della strage al governo c'era il democratico Clinton, oggi siede il democratico Biden che, secondo il tycoon, si accanisce contro i patrioti (quelli dei fatti di Capitol Hill) e perseguita il vero presidente. Negli USA c'è un sentimento, estraneo all'Europa, per cui i cittadini devono armarsi per difendere la libertà e la proprietà privata, e i gruppi libertari di destra hanno più a che fare con l'ideologia anarchica che non con quella fascista del secolo scorso.
Come scrive il giornalista Moisés Naím, ormai le campagne elettorali alimentano la polarizzazione sociale col risultato di ingigantirla; invece di calmare la tensione e unire il paese, promuovono la radicalizzazione ("Negli Stati Uniti ha vinto la polarizzazione"). La globalizzazione, per come si è venuta configurando negli ultimi cinquant'anni, è stata a guida americana e cioè è stata la globalizzazione degli interessi americani; ora che la locomotiva del capitalismo è entrata in crisi, all'orizzonte non se ne scorge una nuova guidata da qualche altra potenza, ma solo un lungo periodo di caos e instabilità.
Cosa potrebbe succedere al mondo in seguito al collasso degli USA? Ragionando in termini di wargame, quali dinamiche potrebbero mettersi in moto in Europa e altrove? Di fronte al mondo gli USA sono costretti ad agire in modo unitario, ma al loro interno non lo sono in quanto attraversati da due spinte, una isolazionista e l'altra espansionista. Tali tendenze, che fino ad ora sono riuscite a convivere, un domani potrebbero entrare in conflitto. In critica a Biden che ha annunciato la partecipazione delle forze militari americane nell'addestramento dei piloti ucraini per gli F-16, Trump ha scritto sul suo social Truth: "Biden continua ad avvicinare il mondo sempre di più alla guerra nucleare. Io sono l'unico candidato che può impedire la terza guerra mondiale."
In questo periodo si parla molto di decupling, ovvero della possibilità di rendere gli USA autonomi nelle produzioni strategiche (ad esempio i chip, che arrivano principalmente dall'Asia). Come scritto più volte, non si può far girare indietro la ruota della storia, ovvero retrocedere dall'attuale socializzazione internazionale del lavoro. Non lo possono fare né Trump né Biden né qualsiasi altro presidente. Allo stesso tempo non si può andare avanti se non superando la presente forma sociale. Ecco allora subentrare un'epoca di rivoluzione sociale (K. Marx, Prefazione a Per la critica dell'economia politica).
Si è poi passati a parlare della recente alluvione in Emilia-Romagna. Il capitalismo non è interessato a fare manutenzioni continue e diffuse sul territorio, mentre si sfrega le mani con le grandi opere, quando gira tanto capitale. In "Questa friabile penisola si disintegrerà sotto l'alluvione delle 'leggi speciali', vane, equivoche e sterili" viene detto che in questa società è impossibile qualsiasi provvedimento capace di mettere in discussione l'interesse privato. Tale forma sociale non può garantire la sicurezza, non può evitare i periodici disastri "naturali" che la colpiscono. Nel capitalismo un piano di specie non è concepibile: non prodigandosi in anticipo rispetto a certi fenomeni, resta solo la teoria del rimedio, che neanche funziona tanto.
Un'altra notizia significativa riguarda le dichiarazioni di Gianni Mion nell'ambito del processo sul crollo del ponte Morandi. L'ex l'amministratore delegato di Edizione, la holding finanziaria della famiglia Benetton che controllava Autostrade per l'Italia, ha ammesso che sin dal 2010 si sapeva dell'esistenza di un elevato rischio di crollo. A noi non interessa l'accertamento delle responsabilità individuali, ci limitiamo a constatare che in una società di specie il tecnico lancerebbe immediatamente l'allarme qualora riscontrasse dei pericoli; in questa società invece rischia di perdere il posto di lavoro e pertanto capita sovente che taccia o, peggio ancora, che falsifichi i dati.
Gli articoli della nostra corrente raccolti nel quaderno Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale, scritti intorno agli anni '50 del secolo scorso, sono ancora ricchi di insegnamenti. Sono importanti per chiarire l'antitesi fra la dinamica del capitalismo e la vita sociale della specie umana in rapporto organico con la natura, e sono anche una critica indiretta all'ecologismo riformista, che non è in grado di cogliere alla radice il problema della distruzione dell'ambiente.