Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  7 novembre 2023

Guerra tecnologica in contesto urbano

Durante la teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 21 compagni, abbiamo analizzato l'evolversi della guerra israelo-palestinese.

Gli USA hanno espresso la loro contrarietà all'occupazione a tempo indeterminato della Striscia di Gaza da parte di Israele, come anche a qualsiasi ipotesi di trasferimento forzato dei palestinesi al di fuori. L'America vuole evitare l'allargamento del conflitto, che andrebbe a suo svantaggio.

Nell'articolo "Israeli soldiers fight to reach Hamas's headquarters" (6 novembre), L'Economist sostiene che, dopo 10 giorni di bombardamenti volti a neutralizzare la struttura militare di Hamas, siamo entrati nella fase "pericolosa" della guerra. Israele accusa l'organizzazione islamista di aver collocato le proprie postazioni sotto gli ospedali e di utilizzare le ambulanze (che vengono puntualmente bersagliate) per gli spostamenti. Gaza City è isolata dal resto della Striscia, che è stata divisa in due; gruppi di incursori israeliani sono penetrati all'interno della città compiendo operazioni mirate. Hamas non ha la forza di ingaggiare uno scontro aperto con le Forze di difesa israeliane (IDF) e quindi ha adottato come tattica la guerriglia urbana, basandosi sulla rete di tunnel che ha costruito negli anni. Come fanno notare gli stessi analisti militari, più andrà avanti l'offensiva e più moriranno civili palestinesi (si parla già di oltre dieci mila morti) e soldati israeliani.

La dichiarazione degli USA contro l'occupazione a tempo indeterminato della Striscia ha come obiettivo evitare l'escalation. L'Iran, per bocca di Hassan Nasrallah, segretario di Hezbollah, ha dichiarato di sostenere la resistenza palestinese, ma non ha espresso l'intenzione di intervenire direttamente nel conflitto. Il lancio di razzi dal Libano verso Israele continua e sono decine i miliziani di Hezbollah uccisi dai bombardamenti israeliani; per ora la "linea rossa" non è stata superata.

L'IDF sta radendo al suolo la Striscia, ma le guerre non possono essere vinte esclusivamente con l'aviazione. Il progetto americano di consegnare la Striscia all'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) è poco fattibile; l'ANP non controlla nemmeno la Cisgiordania, è corrotta, e non è ben vista dalla maggior parte dei Palestinesi. Tutte le forze oggi in campo sono legate ad interessi borghesi: da una parte l'ANP è finanziata e sostenuta da Israele, dall'altra Hamas prende soldi dal Qatar e dall'Iran, ed in passato è stata sostenuta da Tel Aviv e Washington in funzione anti-OLP. Il proletariato di Israele e Palestina è spinto a scannarsi per interessi capitalistici, e lo stesso vale per quello di Ucraina e Russia.

Dal 2005, anno in cui Israele ha lasciato la Striscia, Hamas ne ha preso il controllo, preparandosi ad un conflitto prolungato, rifornendosi di armi (tra i quali lanciarazzi portatili), imparando tattiche di guerriglia urbana. Con l'attacco del 7 ottobre ha esercitato una potente compellence (che vuol dire obbligare l'avversario a compiere azioni che lo danneggiano) su Israele, attirando il suo esercito in un dedalo di macerie e tunnel. La guerra non la si può controllare a lungo, essa tende ad autonomizzarsi. La portaerei Eisenhower si è fatta vedere vicino alle coste israeliane ed un sommergibile nucleare americano è stato avvistato nel Mar Rosso. Il Medioriente è una tale groviglio di forze che anche un piccolo incidente potrebbe innescare un effetto domino.

Al momento non si vedono segnali di disfattismo all'interno di Gaza, è più probabile che si incrini prima il fronte interno di Israele, da mesi alle prese con manifestazioni antigovernative. "Israele contro Israele" titolava il numero 3/23 di Limes, descrivendo un paese in crisi politica, demografica, economica, ecc. Lo Stato d'Israele rischia tutto in questo conflitto, addirittura la sua stessa esistenza: esso è sempre riuscito a risolvere in breve tempo le guerre che l'hanno coinvolto, mentre quella in corso sembra prospettarsi di lunga durata.

Tel Aviv ha mobilitato oltre 300 mila riservisti. La chiamata al fronte ha svuotato fabbriche e uffici e ciò ha messo in difficoltà l'economia del paese, complice anche il congelamento del settore turistico. Quasi il 10% della forza lavoro israeliana è mobilitata, e una percentuale molto alta dei riservisti lavora nel settore hi-tech che contribuisce al 18% del PIL. Anche la "tenuta sociale" potrebbe risentirne: le manifestazioni contro il governo Netanyahu riguardano ufficialmente la riforma della giustizia, in realtà il malessere è molto più profondo e ha radici economiche. Israele è uno dei paesi dove le disuguaglianze sono tra le più marcate al mondo.

Secondo l'Economist, i sistemi tecnologici israeliani istallati sui carrarmati consentono di rilevare e distruggere i missili anticarro prima dell'impatto, apposite telecamere consentono all'equipaggio all'interno di perlustrare l'ambiente circostante e dirigere il fuoco in caso di imboscate, filmati in tempo reale dai droni danno una visione dall'alto del campo di battaglia. Grazie all'esperienza maturata nelle precedenti guerre, l'IDF ha ammodernato i mezzi corazzati ma i soldati, prima o poi, saranno costretti ad uscire allo scoperto per minare i tunnel o bonificare il territorio. Entrambe le parti sono giunte a questo conflitto dopo molti anni di addestramento e preparativi. Hamas ha studiato la guerra in Ucraina, e utilizza piccoli droni commerciali per lanciare granate anticarro sulle torrette dei carrarmati.

Ormai il drone è diventato una delle armi principali delle guerre contemporanee. Sia a Gaza che in Ucraina l'utilizzo di aeromobili a pilotaggio remoto è stata la grande novità: costano poco, non hanno bisogno di un pilota all'interno, possono colpire il nemico ma anche capire dove è posizionato. Unico neo: i segnali elettronici emessi dai velivoli possono essere intercettati, e artiglieria ad alta precisione, bombe plananti e gruppi di sabotatori possono colpire chi li manovra. Nel novembre del 2020, nella guerra del Nagorno-Karabakh, l'esercito azerbaigiano impiegò massicciamente i droni; tutti gli eserciti ne presero nota, aggiornando tecniche e strategie di guerra. Questi dispositivi possono essere guidati anche con un visore, da 20 chilometri di distanza; il pilota è come un gamer alle prese con un videogioco. In un articolo di Wired ("Quando sono i videogiochi a insegnare come fare la guerra"), si descrive l'impiego di questi programmi in ambito bellico e nella pianificazione delle strategie. Il Pentagono lavora a stretto contatto con aziende che si occupano di videogiochi, dato che in alcuni casi ottengono risultai migliori di software sviluppati dalle forze armate.

C'è poi un problema enorme, quello delle armi autonome (i cosiddetti "killer robots" o LAWS): l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima risoluzione incentrata sulla "necessità urgente per la comunità internazionale di affrontare le sfide e le preoccupazioni sollevate dai sistemi di armi autonome". L'ONU però conta poco: se non si ferma al suo scatto, la guerra delle macchine, dei sistemi e dell'informazione prenderà il sopravvento, obbligando gli uomini a muoversi di conseguenza, come del resto già successo in fabbrica ("La Quarta Guerra Mondiale").

Il conflitto in Ucraina è entrato in una fase di stallo. Lo sostiene il generale ucraino Valery Zaluzhny, comandante in capo delle forze armate di Kiev, in un'intervista a The Economist ("Ukraine's commander-in-chief on the breakthrough he needs to beat Russia"), in cui afferma che per sbloccare la situazione occorrerebbe un enorme salto tecnologico. Zaluzhny descrive un campo di battaglia in cui i moderni sensori, in dotazione sia all'Ucraina che alla Russia, possono identificare una qualsiasi concentrazione di forze, che le moderne armi di precisione possono distruggere. Ognuno vede ciò che fa l'altro. A suo avviso, l'unico modo per rompere questa simmetria è attraverso l'innovazione nel campo dei droni, della guerra elettronica, delle attrezzature per lo sminamento e nell'uso della robotica. L'Ucraina non può fare da sola tale passo in avanti, ha bisogno del sostegno finanziario e militare occidentale. La Russia, invece, ha una marcia in più, perché necessita solo indirettamente di aiuti esterni, ed ha il vantaggio di essere sulla difensiva.

L'America non può abbandonare a sé stessa l'Ucraina e non può nemmeno lasciare Israele al suo destino, deve sostenere entrambe. Altri attori, vedendola in difficoltà, alzano la voce e prendono iniziative fino a poco tempo fa inimmaginabili (ad esempio, la dichiarazione di guerra ad Israele degli Houthi dello Yemen). Poggiamo su un equilibrio precario, che potrebbe repentinamente tramutarsi in caos.

Articoli correlati (da tag)

  • Sono mature le condizioni per una società nuova

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni sulle strutture intermedie tra il partito e la classe.

    Occupy Sandy non era né un sindacato né, tantomeno, un partito, ma una struttura di mutuo-aiuto nata sull'onda dell'emergenza e dell'incapacità della macchina statale di intervenire efficacemente per aiutare la popolazione. In "Partito rivoluzionario e azione economica" (1951) si afferma che, nella prospettiva di ogni movimento rivoluzionario generale, non possono non essere presenti tali fondamentali fattori: un ampio e numeroso proletariato, un vasto strato di organizzazioni intermedie e, ovviamente, la presenza del partito rivoluzionario. Gli organismi di tipo intermedio non devono per forza essere strutture già esistenti (ad esempio i sindacati), ma possono essere forme nuove (come i Soviet in Russia). Il tema è stato approfondito in una corrispondenza con un lettore intitolata "Sovrappopolazione relativa e rivendicazioni sindacali".

    Nella tavola VIII (Schema marxista del capovolgimento della prassi), riportata in "Teoria ed azione nella dottrina marxista" (1951), vediamo che alla base dello schema ci sono le forme ed i rapporti di produzione, le determinazioni economiche e le spinte fisiologiche, che portano la classe a muoversi verso la teoria e la dottrina (partito storico), passando attraverso strutture intermedie. Si tratta di cicli di feedback che irrobustiscono la struttura del partito formale. Quando si parla di classe, partito e rivoluzione bisogna intendere una dinamica, un processo che si precisa nel corso del tempo:

  • Vedere oltre la catastrofe

    La teleriunione di martedì sera è iniziata affrontando il tema delle imminenti elezioni americane.

    Come nota The Economist nell'articolo "The risk of election violence in America is real", il termometro sociale negli USA registra l'aumento della tensione, con toni da guerra civile. Nel nostro testo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo scritto che "la direzione del moto storico, l'andare verso... è irreversibile. Se il determinismo ha un senso, gli Stati Uniti sono ciò che la storia del globo li ha portati ad essere."

    La polarizzazione economica e politica negli USA è il prodotto di una dinamica storica che possiamo far partire almeno dal 1971, quando il presidente Nixon eliminò l'ancoraggio del dollaro all'oro. Gli Stati Uniti assommano su di sé tutte le contraddizioni del capitalismo mondiale, e non è un caso che proprio lì sia nato un movimento avanzato come Occupy Wall Street che, nei suoi due anni di esistenza, ha voltato le spalle alla politica parlamentare, al leaderismo e al riformismo. Interessante, a tal proposito, la descrizione che viene fatta di Occupy Sandy nel libro Emergenza. Come sopravvivere in un mondo in fiamme di Adam Greenfield:

  • Cresce la tensione ovunque

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la situazione di guerra in Medioriente.

    Recentemente, le forze di difesa israeliane hanno preso di mira le basi UNIFIL presenti nel sud del Libano, lungo la "linea blu", con il chiaro intento di farle evacuare. Nell'attacco sono state distrutte le telecamere e le torrette di osservazione, e ci sono stati alcuni feriti tra i caschi blu. I ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno manifestato il loro disappunto, mentre Israele ha dichiarato di aver precedentemente invitato il comando UNIFIL a ritirarsi. Le truppe dell'ONU sono presenti in Libano dagli inizi degli anni '80 in quanto "forza militare di interposizione", ma evidentemente il tempo della mediazione è finito per lasciare spazio a quello della guerra aperta.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email