Nell'editoriale del numero 51 della rivista ("La guerra che viene") abbiamo accennato al tema della guerra ibrida. Hamas e Hezbollah sono organizzazioni politico-religiose-militari, ma allo stesso tempo rappresentano reti di welfare per le popolazioni, e cioè una sorta di infrastruttura statale parallela (Hamas nella Striscia di Gaza, e Hezbollah in Libano dove ha ministri, sindaci e amministratori). Tali gruppi non sono autonomi e seguono interessi capitalistici, che siano di uno Stato oppure di reti religiose. Si tratta di comunità illusorie, surrogati di aggregazione basate su un senso di appartenenza che non sfugge alle dinamiche alienanti di questa società (così come abbiamo scritto nell'articolo "Una vita senza senso"), di organizzazioni ibride che si sviluppano a causa alla dissoluzione degli Stati.
Lenin in Stato e rivoluzione (cap. IV), citando Engels, dice che la Comune di Parigi non era più uno stato nel senso stretto della parola perché essa non doveva opprimere la maggioranza della popolazione, ma una minoranza (gli sfruttatori). Se la Comune si fosse consolidata, le tracce dello Stato si sarebbero "estinte" da sé: la Comune non avrebbe avuto bisogno di "abolire" le sue istituzioni, queste avrebbero cessato di funzionare a mano a mano che non avrebbero più avuto nulla da fare. In altri testi, egli afferma che alla data del 1917 la borghesia non era ancora sviluppata in Russia, mentre il proletariato, seppur minoritario, era avanzato e poteva portare avanti compiti borghesi: di qui la concezione della doppia rivoluzione. Oggi il mondo è cambiato, il capitalismo si è globalizzato, e dopo le rivoluzioni multiple ("Pressione 'razziale' del contadiname, pressione classista dei popoli colorati", 1953), non è più valida la parola d'ordine dell'appoggio dei comunisti ai moti democratici e indipendentistici. La consegna è nettissima ed è di disfattismo completo. Il tema è stato affrontato in "Onta e menzogna del 'difesismo'" (1951).
Alla luce del fenomeno della disgregazione degli Stati, è deterministicamente certo che si formeranno delle comunità di mutuo-aiuto proiettate verso il futuro. Occupy Wall Street ha dimostrato che si può andare oltre l'aspetto sindacale e "politico", dotandosi di strutture come le mense comuni, le biblioteche, i media center, e della volontà di costruire luoghi sicuri e protetti dove mangiare, dormire e vivere tutti insieme. Durante l'uragano Sandy, OWS diede vita ad una grande performance organizzativa. Ad Oakland, il movimento Occupy si è richiamato alla Comune. Per noi l'aspetto della gemenweisen, ovvero della comunità umana a cui richiamarsi, è sempre più d’attualità. Come affermavano i giovani socialisti nel 1913 ("Un programma: l'ambiente"):
"Tutto l'ambiente borghese conduce dunque all'individualismo. La nostra lotta socialista, anti-borghese, la nostra preparazione rivoluzionaria deve essere diretta nel senso di gettare le basi del nuovo ambiente."
Riguardo al conflitto israelo-palestinese, è da segnalare la "Marcia per gli ostaggi", un corteo di migliaia di persone che ha marciato da Tel Aviv a Gerusalemme per chiedere la liberazione dei rapiti e protestare contro il governo. Il paese deve fare i conti con una situazione interna molto delicata: recentemente nella capitale ci sono stati scontri tra sostenitori del governo e oppositori. Israele ha tre fronti aperti: Striscia di Gaza, conflitto a bassa intensità con Hezbollah, guerriglia in Cisgiordania (RID, "Gaza, gli Israeliani stringono il cerchio, ma si prospetta lo scenario peggiore con il triplo fronte"). C'è poi l'economia: il turismo e il settore hi-tech sono fermi. Anche gli USA, il principale supporter di Israele, hanno problemi interni: circa 400 dirigenti di 40 agenzie governative hanno inviato una lettera al presidente Joe Biden per chiedere un immediato cessate il fuoco. Il presidente americano ha tre grosse sfide davanti a sè: il possibile allargamento del conflitto in Medioriente, la tenuta del fronte ucraino, e la tenuta del suo elettorato, deluso dal sostegno "senza se e senza ma" a Netanyahu.
In un'intervista all'Economist ("Ukraine's commander-in-chief on the breakthrough he needs to beat Russia"), il capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, ha affermato che la controffensiva è fallita e che il conflitto è bloccato in uno stallo che ricorda i combattimenti di trincea della Prima guerra mondiale; solo un ulteriore balzo tecnologico potrebbe fornire nuove chance al suo paese. Negli ultimi giorni, mogli, madri ed amici di soldati ucraini inviati al fronte hanno manifestato a Kiev e in altre città. Che si parli di Israele, Stati Uniti o Ucraina, ciò a cui bisogna prestare attenzione è il fronte interno, e cioè alla possibilità che le popolazioni si ribellino. Un conto è essere pacifisti quando non c'è la guerra, altra cosa è esserlo quando il proprio stato, la propria borghesia, è in guerra e ha bisogno di carne da macello da spedire al fronte.
Oltre al problema degli arruolamenti, gli Stati sono in difficoltà anche per quanto riguarda i rifornimenti di armi e munizioni, di cui oggi si fa un consumo enorme. Scrive The Economist ("From Gaza to Ukraine, wars and crises are piling up"):
"Anche senza una guerra, la capacità militare dell'Occidente sarà sottoposta a un'enorme pressione nei prossimi anni. La guerra in Ucraina ci ha ricordato non solo la quantità di munizioni consumate nelle grandi guerre, ma anche quanto siano scarsi gli arsenali occidentali e i loro mezzi di rifornimento. L'America sta aumentando drasticamente la produzione di proiettili di artiglieria da 155 mm. Anche in questo caso, la sua produzione nel 2025 sarà probabilmente inferiore a quella della Russia nel 2024".
Limes, nell'editoriale al numero "Guerra Grande in Terrasanta", sostiene che l'ordine basato sull'egemonia americana si sta sgretolando e che la Cina non ha la forza di prendere le redini alla guida del mondo. Ma a quanto pare "c'è luce oltre la guerra": da questo disordine, dice l'editorialista, potrebbe nascere un nuovo ordine, ovviamente di segno borghese. Tesi non credibile: questo disordine corrisponde al tramonto dell'epoca borghese ed è il prerequisito della formazione di un nuovo ordine, completamente diverso da tutto quanto visto in precedenza. Arriviamo a questa conclusione perché non ci limitiamo ad una fotografia dell'esistente, ma adottiamo una visione dinamica del capitalismo (incrementi di sviluppo a saggio decrescente: i bambini crescono, i vecchi no).
In "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003) avevamo scritto che gli USA, data la loro struttura economica basata sul drenaggio internazionale di plusvalore, erano in guerra con il resto del mondo e perciò, non appena ci sarebbe stato il sentore che non erano più quelli di una volta, il resto del mondo gli si sarebbe rivoltato contro (Blowback, Chalmers Johnson).
In chiusura di teleconferenza si è accennato allo sciopero dei trasporti proclamato da CGIL e UIL per venerdì 17 novembre e allo "scontro" che si è aperto con il governo sul tema della precettazione. Invece di piagnucolare per ottenere il riconoscimento del "diritto di sciopero", dice la Sinistra, i lavoratori devono riprendersi questo diritto con la forza. Osserva Marx: "Fra due diritti uguali chi decide? La forza". Da anni registriamo un aumento della temperatura sociale, rivolte imponenti in tutto il mondo, movimenti di massa e "grandi dimissioni". I proletari non hanno nulla da difendere, dato che gli è stato tolto tutto. Interessante, a tal proposito, il libro Riot. Strike. Riot: The New Era of Uprisings di Joshua Clover, che in sostanza dice che nell'era moderna lo scontro è direttamente con lo Stato e nelle piazze.