Nel filo del tempo "Fiorite primavere del Capitale" viene affrontato il tema dei motori, degli attori, dei militi e degli stili delle rivoluzioni. Gli utensili vivi che combattono per la vittoria della rivoluzione borghese non sono coloro che ne beneficiano direttamente. I grandi commercianti e le classi privilegiate non lottano sul campo per la propria rivoluzione, mentre la lotta materiale viene portata avanti dalla massa composta da "garzoni di bottega, lavoratori delle prime manifatture, modesti artigiani, soldati senza ingaggio", ecc.
Una volta consolidato il dominio di classe, la borghesia afferma che grazie al sistema parlamentare tutti gli strati sociali, tutti i partiti politici, possono pacificamente competere per giungere al potere, visto che sussiste l'uguaglianza giuridica e politica tra i cittadini. La nostra critica tende a smascherare questa gigantesca menzogna, perché dimostra che il proletariato è "libero" solo di vendere la propria forza lavoro. La cosiddetta libertà politica e giuridica è tale solo nei proclami, dato che nei fatti la maggior parte della società è schiava della necessità. Se non si scardina il sistema del lavoro salariato, non è possibile alcuna emancipazione sociale.
Nel testo "Il ciclo storico del dominio politico della borghesia" vi è anche una critica all'"educazionismo" e al "culturismo democratico", ossia alla concezione borghese di emancipare gli individui attraverso la cultura e la scuola, così che essi possano formarsi una libera opinione politica. La corrente cui facciamo riferimento, fin dalla polemica con Angelo Tasca, ha ribadito che l'uomo per pensare deve prima mangiare. Prima vi è la lotta contro la classe nemica per strappare migliori condizioni di vita e solo poi vi è la conoscenza (non individuale ma collettiva). Il problema non è che gli operai siano poco acculturati, ma che abbiano assorbito troppa cultura borghese (democrazia, parlamentarismo e individualismo).
Nell'ultima parte del testo si parla dello sviluppo della forza produttiva nella fase successiva a quella del consolidamento del dominio della borghesia. La fase coloniale, accompagnata da violenze e massacri, porta il capitalismo ovunque nel mondo. Nell'Imperialismo Lenin affronta l'evoluzione della prassi economica che da liberista si trasforma in interventista e vira verso un metodo di governo totalitario. Tale nuovo indirizzo politico è un riflesso dei progressi della scienza e della tecnica, che negano l'autonomia dell'iniziativa isolata del singolo capitalista, padrone della propria azienda, e portano alla concentrazione delle attività economiche in grandi gruppi, in monopoli e trust. Il capitalismo si coordina nella produzione e nella distribuzione delle merci, nella gestione dei servizi collettivi e nella ricerca scientifica.
In questa nuova situazione la "politica" della classe dominante si evolve verso forme sempre più strette di centralizzazione, dal moderno liberalismo democratico al fascismo. Per la Sinistra, il fascismo ha perso militarmente la guerra ma ha vinto politicamente: dai processi di accentramento politico e direzione unitaria del fatto economico non si torna indietro. Il fascismo, dal punto di vista sociale, è un tentativo della borghesia di darsi una coscienza collettiva di classe, contrapponendo le proprie strutture alle forze della classe nemica, quella proletaria. Infine, dal punto di vista ideologico, il fascismo non ha un programma alternativo rispetto alla fase precedente e non rinuncia ai valori universali su cui si era basata la rivoluzione borghese ("Il programma fascista", 1921). La borghesia ha bisogno di centrali politiche al di sopra dei singoli stati. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, vediamo sorgere grandi organismi sovranazionali (FMI, ONU, ecc.), ovviamente influenzati dallo Stato che la guerra l'ha vinta, ovvero gli Stati Uniti.
Gli USA, dopo il secondo conflitto mondiale, per trovare uno sbocco alle proprie merci e ai propri capitali e per rinsaldare il dominio sui paesi vinti, varano il Piano Marshall. L'Italia si comporta in maniera atipica: Luigi Einaudi sente odore di fregatura negli "aiuti" americani (che aiutano più l'America che altro), riduce al minimo l'accesso ai dollari (l'Italia chiese in tutto solo l'11% dell'intero ammontare del piano Marshall), e avvia la ricostruzione con una feroce politica di sfruttamento del proletariato interno, destinando buona parte della valuta americana a riserva monetaria dello Stato. Bisogna ricordare che il piano Marshall, nel suo complesso, comportò un movimento di circa 14 miliardi di dollari, cifre che oggi fanno sorridere.
"Socializzazione" è un termine usato dalla socialdemocrazia tedesca per identificare un modello composto da capitalismo e moderne forme di cooperazione. Viene ripreso nel Manifesto di Verona (1943), atto fondativo della Repubblica Sociale Italiana. Nel lavoro sulla dottrina sociale della Chiesa abbiamo accennato alla figura di Amintore Fanfani, anello di congiunzione tra il fascismo e la Democrazia Cristiana, che nei suoi scritti giovanili si dimostra un fervente seguace del corporativismo catto-fascista. Con la fondazione della DC, egli assume un ruolo di primo piano, fa parte dell'Assemblea costituente e contribuisce alla stesura della Costituzione italiana che, guarda caso, nel primo articolo riporta: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro", un tributo al programma politico esposto nella Carta del Lavoro (1927).
La grande socializzazione trionfa con la sussunzione reale del lavoro sotto il capitale (estrazione sistematica di plusvalore relativo): negli anni '70 si assiste al boom dell'informatica, poi è la volta di Internet. Oggi la Rete collega tutto, uomini e oggetti. Siamo arrivati ad un capitalismo che nega sé stesso al punto di doversi misurare con le rivendicazioni storiche del movimento operaio, a cominciare dalla riduzione della giornata lavorativa. Ovviamente, non tutti i capitalisti sono d'accordo, ma il problema comincia a porsi a livello generale. Ridurre per legge la settimana lavorativa a quattro giorni sarebbe un passo in avanti, ma comunque poca cosa rispetto al risparmio di lavoro umano ottenuto dall'eliminazione di attività economiche dissipative e antiumane. La rivendicazione della drastica riduzione del tempo di lavoro va di pari passo con quella del salario ai disoccupati, che sta assumendo varie forme: ogni paese va avanti per conto proprio, l'Italia ad esempio ha sperimentato il reddito di cittadinanza.
Serpeggia nella società, soprattutto tra i giovani, un crescente rifiuto del lavoro. Il fenomeno "Tang Ping" (stare sdraiati), emerso nel 2021 in Cina, è il prodotto di una situazione materiale di disagio dovuta alla feroce competizione tra i lavoratori, per cui ad un certo punto alcuni staccano la spina e "decidono" di adottare uno stile di vita minimalista, limitando i consumi per lavorare meno. Pechino deve fare i conti con milioni di studenti che escono dalle università senza la possibilità di trovare un lavoro. Anche negli USA è nato un qualcosa di simile, ovvero la tendenza "Anti Work" (vedi recensione al saggio Le grandi dimissioni di Francesca Coin).
In chiusura di teleriunione si è discusso della situazione sul campo in Ucraina e nella Striscia di Gaza.
Diversi articoli di giornale si concentrano sull'attacco condotto dall'Ucraina con missili Himars americani in territorio russo. È da tempo che in Ucraina sono presenti addestratori e tecnici occidentali in supporto all'esercito ucraino, ma adesso è stato annunciato un aiuto maggiore da parte dell'Occidente. Negli ultimi mesi c'è stata un'evoluzione verso uno scontro sempre più aperto tra Russia e blocco NATO. Migliaia di giovani ucraini cercano di scappare dal paese per non morire in guerra. La polizia e l'esercito circondano interi villaggi e sequestrano chiunque possa essere spedito al fronte. Da parte sua, la Russia silenzia ogni voce di "dissenso", dichiarando fuorilegge persino l'associazione delle madri, mogli e figlie dei soldati russi che chiede il ritorno dei cari dal fronte.
Passando al Medioriente, si susseguono voci sull'intenzione di Israele di colpire in profondità Hezbollah entro la fine di giugno con un'invasione del Libano. L'attacco del 7 ottobre ad opera di Hamas ha provocato una catena di azioni e reazioni che non sembra fermarsi attirando sempre più paesi nel vortice della guerra. La condizione in cui versa la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza suscita rabbia (soprattutto tra gli studenti che occupano le università), ma non dovrebbe portare i comunisti ad appoggiare lotte di liberazione nazionale fuori tempo massimo, cadendo nelle partigianerie. La fase delle rivoluzioni nazionali borghesi si è chiusa da tempo (Congo, Algeria, Angola, Mozambico), e pertanto la lotta dei palestinesi è uno dei classici casi risolvibili solo nella prospettiva rivoluzionaria internazionale. In merito alla cosiddetta questione palestinese, abbiamo scritto "Il vicolo cieco palestinese", "L'eterna questione palestinese", "Palestina: scontro fra borghesie vendute", materiali utili per orientarsi nel marasma sociale in corso.