Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  1 ottobre 2024

Caos deterministico

La teleriunione di martedì sera è iniziata prendendo spunto dalle ultime notizie dal Medioriente.

In seguito al massiccio attacco sferrato da Israele contro le postazioni di Hezbollah in Libano, durante il quale è stato ucciso Hassan Nasrallah, segretario generale dell'organizzazione, l'Iran ha lanciato circa 200 missili in direzione di Tel Aviv.

Sono le determinazioni materiali a costringere gli stati a muoversi, e tutti lo fanno all'interno di una complessa rete di condizionamenti. In un'intervista, reperibile su YouTube ("E' ancora possibile evitare la terza guerra mondiale?"), il generale Fabio Mini afferma che la situazione mondiale non è tanto complicata quanto complessa, poichè gli attori in campo sono molti ma comunque tutti ben individuabili. L'annientamento di Hamas e Hezbollah ad opera di Israele non può essere portato a termine e ciò innesca un'escalation bellica. Rispetto al passato, ad azione non corrisponde una reazione proporzionata, bensì una risposta "randomica", caotica e di difficile previsione.

La parola d'ordine "lottare contro la guerra, lottare contro il capitalismo" per noi rimane sempre valida, ma è necessario che un movimento di massa dia essa sostanza, e questo non lo si può "creare". Disfattismo significa, come afferma Lenin, scagliarsi innanzitutto contro la propria borghesia, in pace come in guerra. Il partigianesimo, invece, punta ad un'alleanza tra proletariato e settori della borghesia. Per i luogocomunisti l'antimperialismo si riduce ad una politica di fronte unico antiamericano, una concezione che si pone al di sotto di quella di Kaustky. Il capitale si è completamente autonomizzato, gli stati e i governi contano poco e ancor meno i gruppi di attivisti incapaci, come dice Bordiga, persino di caricare la sveglia.

La corrente a cui facciamo riferimento è sempre stata anti-indifferentista e analizzava con attenzione i movimenti di liberazione nazionale e il loro impatto sulle dinamiche inter-imperialistiche. In "Pressione "razziale" del contadiname, pressione classista dei popoli colorati" (1953) si nota come già negli ultimi movimenti anticoloniali fosse determinante l'impronta di classe del proletariato. Conclusa la fase delle rivoluzioni multiple, non è più valida la parola d'ordine dell'appoggio dei comunisti ai moti democratici e indipendentistici. In Medioriente abbiamo un coacervo di popolazioni inquadrate all'interno di confini tracciati dalle potenze occidentali dopo la Prima Guerra Mondiale; le borghesie arabe sono storicamente divise, hanno storie e interessi differenti, e non ci sarà mai alcuna unione. Israele, con il patto di Abramo, vuole riscrivere i rapporti tra stati nel Medioriente, ponendosi come punto di riferimento politico-militare dell'area.

In questi ultimi mesi capita sovente di sentire che le formazioni armate palestinesi, libanesi o irachene sono antimperialiste perché sparano contro gli Americani o gli Israeliani. Le partigianerie sono particolarmente pericolose oggi per il proletariato, perché la guerra classica è stata sostituita da quella ibrida: il conflitto moderno è un confronto tra software e intelligence e, al tempo stesso, coinvolge tutta la società, dalla logistica all'informazione.

Lo scontro bellico, anche se iniziato dagli eserciti, colpisce soprattutto i civili, come a Gaza o in Libano. Non c'è più una separazione netta tra guerra e politica, tra soldati e civili, ed è diventato fondamentale eliminare una popolazione ritenuta ostile (dottrina Dahiya).

La complessità del mondo capitalistico è il risultato di leggi semplici, una su tutte quella della caduta tendenziale del saggio di profitto ("Transizione di fase. Prove generali di guerra" - rivista n. 55). Partendo da quanto scritto da Marx, sappiamo che il capitalismo affronta problemi di valorizzazione che lo portano a negarsi come specifico modo di produzione. I grandi fondi d'investimento, ad esempio, che controllano decine di migliaia di miliardi di dollari, rappresentano l'ultimo sviluppo possibile della proprietà capitalistica, che è passata da tempo dalla concentrazione alla centralizzazione. La sovrapproduzione di merci è sempre sovrapproduzione di capitali, i quali si dirigono verso la sfera della circolazione ingigantendo le bolle finanziarie.

Tutti gli stati, da Israele all'Iran all'America, hanno il problema della tenuta del fronte interno, e il dilagare della guerra può rappresentare un ulteriore fattore di instabilità sociale. Gli attori statali coinvolti nel conflitto in Medioriente non sono coesi al loro interno, ad esempio l'Iraq, dove agiscono milizie filoiraniane, o la Siria, divisa in varie aree, o ancora il Libano, dove un governo centrale è affiancato da un'entità non statale come Hezbollah. Anche Israele ha al suo interno (Cisgiordania) o confina con aree (Striscia di Gaza) controllate da organizzazioni armate ostili, che svolgono funzione di welfare state. Qualunque indagine sulla macchina da guerra mondiale dovrà tenere conto del fatto che nei due focolai al momento accesi (Medioriente e Ucraina) lo Stato tende a disgregarsi.

Chi si fa portatore di progetti come il multipolarismo, inteso come fase intermedia al socialismo, è un agente camuffato del capitalismo. Esiste certamente una terra di confine tra il capitalismo in coma e la società futura, ma questa non è da confondere come una terza via tra capitalismo e comunismo. Come abbiamo scritto nella doppia direzione pubblicata nell'ultimo numero della rivista, il programma immediato della rivoluzione non ammette mediazioni. Scambiare "socializzazione" per "rivoluzione" è un errore madornale, che è già stato compiuto negli anni Venti del secolo scorso.

Negli USA è in corso uno sciopero che riguarda i porti della costa orientale. Il cuore del capitalismo vede una situazione interna in via di polarizzazione: scioperi nelle grandi industrie automobilistiche, dei lavoratori di Hollywood, dei lavoratori della Boeing. Anche Pechino è alle prese con difficolta economiche, tanti indici (produzione industriale, mercato immobiliare, disoccupazione, ecc.) mostrano la senescenza del capitalismo cinese. Anche lì, in seguito al peggioramento delle condizioni di vita dei proletari, partiranno scioperi di massa.

Nel 1917, l'armata golpista di Kornilov fu conquistata dall'armata rossa. Quando a scendere in piazza sono milioni di persone, anche le forze armate possono cambiare di schieramento; gli eserciti sono stati uno strumento primario di tutte le rivoluzioni. Israele è un osservatorio fondamentale: nel paese ci sono stati scontri anche all'interno delle forze armate, manifestazioni di piazza contro il governo Netanyahu, gruppi di riservisti che si opponevano alla chiamata di servizio. Con l'attacco del 7 ottobre questi dissidi sono passati in secondo piano ma non sono scomparsi del tutto.

Dalle lotte di classe che sorgeranno nel mondo emergerà un organismo con un programma politico antitetico a quelli in circolazione, rappresentante il futuro della specie. L'umanità ha perso la capacità di sintonizzarsi con l'omeostasi planetaria, non controlla le macchine che essa stessa ha costruito. Infatti, la guerra tra sistemi di macchine rischia di prendere il sopravvento, relegando l'uomo ad elemento secondario. Della necessità di ristabilire un'omeostasi ne parlano gli stessi scienziati borghesi. In "Rivoluzione anti-entropica" abbiamo citato diversi autori (Capra, Maturana, Varela, Bateson, Margulis, Lovelock, ecc.), ai quali manca però un programma politico conseguente, non avendo rotto con il capitalismo e le sue logiche.

Il capitalismo cerca di recuperare le istanze che arrivano dalla società (economia green, ideologia woke, ecc.), ma il riformismo ha sempre meno energia. Predomina il caos, allo stesso tempo al suo interno possiamo intravedere un ordine. Dalla fibrillazione caotica degli atomi sociali sorgeranno nuove strutture, come descritto nello schema di rovesciamento della prassi della Sinistra ("Teoria e azione nella dottrina marxista", 1951).

Articoli correlati (da tag)

  • L'illusione di un mondo multipolare

    Durante la teleriunione di martedì sera abbiamo ripreso alcuni temi discussi nello scorso incontro redazionale (21-22 settembre 2024), in cui abbiamo parlato dell'impossibilità di passare da un mondo capitalistico a guida USA (con l'egemonia del dollaro) ad un mondo multipolare.

    Qualche tempo fa abbiamo svolto una relazione (89° incontro redazionale, 11-12 marzo 2023) utilizzando il libro di due generali cinesi, L'arco dell'impero. Con la Cina e gli Stati Uniti alle estremità, curato dal generale Fabio Mini. Secondo i militari cinesi, la Cina non ambisce a sostituirsi all'imperialismo americano, ma si sta adoperando per la costruzione di un mondo multipolare, pacifico e giusto. Non sono solo i generali cinesi a farsi portavoce di questa idea, ma ci sono gruppi e movimenti anche in Occidente che lottano per l'illusoria costruzione di un mondo (capitalistico) multipolare.

    Nel nostro articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo dimostrato che non può esserci un ulteriore sviluppo capitalistico dopo quello unipolare americano. Il tema si ricollega alla relazione tenuta lo scorso sabato, dal titolo "Chi sono i padroni del mondo?", incentrata sul livello di sviluppo oggi raggiunto dal capitalismo, oltre il quale non si può andare. La fase del capitale senza capitalisti e dei capitalisti senza capitali è già stata descritta in un testo come Proprietà e Capitale (1948-50), e adesso si è sviluppata a pieno: dopo il capitale anonimo ed impersonale, ci può essere solo un'altra forma sociale. I grandi fondi d'investimento gestiscono risparmi altrui cercando settori proficui. Oltre 1/5 del PIL mondiale è rappresentato dai primi due fondi d'investimento, BlackRock e Vanguard, i quali hanno una massa critica e una capacità di intervento superiore a quella della maggior parte degli stati.

  • Escalation

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi del recente attacco a Hezbollah in Libano e Siria.

    Lo scorso 17 settembre migliaia di cercapersone, utilizzati da Hezbollah appositamente per evitare l'impiego di dispositivi maggiormente tracciabili (come i telefoni cellulari), sono stati fatti esplodere provocando diversi morti e migliaia di feriti, tra cui l'ambasciatore iraniano in Libano. Oltre Israele, nessun altro attore nell'area dispone di quel tipo di capacità tecnica ed ha interesse a colpire in questo modo il partito-milizia sciita. Le informazioni sull'attacco restano contrastanti: alcune testate giornalistiche sostengono che l'esplosione degli apparecchi elettronici sia stata causata dal surriscaldamento delle batterie tramite un malware, mentre altri analisti ipotizzano la presenza di mini cariche esplosive inserite precedentemente nei dispositivi. L'attacco simultaneo ai cercapersone è stato seguito dall'incursione di caccia israeliani che hanno colpito diverse postazioni di Hezbollah a 100 km dal confine.

  • Difendono l'economia, preparano la guerra

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con il commento della newsletter di Federico Rampini pubblicata sul Corriere della Sera e intitolata "L'Italia è in pericolo, ma non vuole difendersi".

    Da buon patriota con l'elmetto in testa, Rampini vuole un'Italia pronta a contrastare le minacce belliche e con una popolazione preparata all'ideologia di guerra. L'Europa non ha una difesa unitaria, dipende da altri per l'acquisto di armamenti, non ha una chiara strategia militare. Il giornalista sprona l'Occidente ad attrezzarsi per la guerra ibrida, quella in cui forze con pochi mezzi a disposizione riescono a tenere in scacco nemici molto più potenti. Come gli Houthi, ad esempio, che stanno dando del filo da torcere alle navi commerciali (e non solo) che passano dallo Stretto di Bab al-Mandab. O come l'Iran, che nell'attacco ad Israele dello scorso aprile con missili e droni, a prima vista fallimentare perchè efficacemente contrastato dal sistema antimissile Iron Dome e dalla coalizione che sostiene Israele (USA, Inghilterra, Giordania, Arabia Saudita), ha affrontato una spesa di 100 milioni di dollari contro i 2 miliardi di dollari sostenuti dalla difesa isareliana.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email