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  • Resoconto teleriunione  16 dicembre 2014

Cieche forze del Capitale

La teleconferenza di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata riprendendo il tema energetico.

Se c'è una politica che rende sensibile il prezzo del petrolio è quella prodotta dalla crisi del capitalismo senile: si consuma meno energia e le misure recessive adottate dagli stati peggiorano ulteriormente le condizioni generali. All'andamento dell'importantissimo settore energetico si aggiunge ora l'incognita della strategia adottata dagli attori di questa guerra del petrolio.

In primo luogo gli Stati Uniti hanno iniziato una guerra contro la Russia, che ora si ritrova in una situazione pessima con il Brent a 60 dollari, i pozzi a rischio chiusura e le sanzioni economiche attivate dopo la vicenda Ucraina. E' poi intervenuta l'Arabia Saudita (e di conseguenza l'Opec) che a fronte del calo dei prezzi ha dato il via agli stessi meccanismi che causarono negli anni '80 le grandi crisi di approvvigionamento energetico. In generale si è messo in moto un gioco geopolitico incrociato, complesso per le valutazioni sulle possibili conseguenze, e sintomo evidente della mancanza di vitalità del sistema: dopo sette anni di "crisi" la Cina non cresce abbastanza e deve occuparsi di una sovrappopolazione elevatissima; l'Europa in deflazione ha smesso, o quasi, di crescere; il Giappone è considerato alla stregua di un paese del terzo mondo; gli Usa, anche se rimangono a galla perché in quanto polo imperialistico continuano a succhiare valore dal mondo intero, non sono certo la locomotiva economica del secondo dopoguerra.

L'Economist registra la guerra in corso e titola uno degli ultimi suoi numeri Sheikhs v shale (6 dicembre 2014). Secondo i liberisti vecchia scuola il calo del prezzo del petrolio dato dalla super produzione saudita genera un trasferimento di capitale dai produttori ai consumatori; quello che non riescono a comprendere è la dinamica generale per cui i dollari intascati dai petrolieri sono rendita, cioè sovrapprofitto sottratto ai capitalisti. Se il prezzo del campo peggiore stabilisce quello di riferimento, in ultima analisi è il campo peggiore a decidere se il migliore resta aperto. Questo significa che anche l'Arabia Saudita non potrà continuare in eterno una super produzione di greggio. Come per tutte le altre merci, anche per il petrolio il prezzo di costo è quello del singolo produttore, mentre quello di produzione è dato dalla media mondiale che si forma sul mercato. C'è una precisazione da fare: il prezzo di produzione è fissato dalla difficoltà data dall'estrazione, mentre il breakeven, il prezzo al di sotto del quale il paese produttore va in perdita, è dato dalle politiche di bilancio dei paesi produttori. Ci sono paesi come l'Iran che hanno bassi costi di produzione e riescono perciò ad incamerare una certa rendita, ma anche paesi come il Venezuela per cui invece i costi sono alti e sono quindi gravemente danneggiati dallo scontro in atto.

Nella fase attuale, quella dell'imperialismo con l'acqua alla gola, assistiamo anche allo scontro tra i monopoli e gli attori statali. Google, Amazon, Facebook, entrano in conflitto con gli Stati che cercano, invano, di mettere un freno alla crescita a dismisura di questi organismi bio-cibernetici. E' di questi giorni la notizia che le autorità di San Marino hanno sequestrato tre bancali di merce di Amazon: "L'azienda non paga l'imposta monofase prevista per le importazioni". In tutta risposta il colosso dell'e-commerce ha deciso di fermare le spedizioni nella piccola repubblica. Parallelamente in Spagna gli editori hanno dichiarato guerra a Google, accusato di eccessivo potere e di non rispettare i diritti d'autore. Mai come oggi si è vista all'opera la potenza espropriatrice del Capitale nei confronti dei capitalisti e delle singole nazioni.

La crisi morde e non risparmia nessuno. In Italia il giovane presidente del Consiglio ogni tanto se ne esce con soluzioni neo-keynesiane, mai veramente applicate. Nel campo della teoria economica si denota una enorme carenza dei politici e anche dei loro preposti a occuparsene. Pure i monetaristi sono in grosse difficoltà: il sistema, attraverso il meccanismo dei bassi o nulli tassi di interesse, stampa moneta senza ricavarne effetti di un certo rilievo.

E' in questo quadro che si inserisce lo sciopero generale dello scorso 12 dicembre. Uno sciopero puramente dimostrativo, caratterizzato dallo spaesamento generale dei bonzi sindacali ancora intenti ad implorare tavoli concertativi. Interessante invece, nello stesso giorno, lo sciopero della logistica, con blocchi e picchetti a Genova, Bologna, Torino, Roma e Ancona, dove una grossa parte di manifestanti si è staccata dal corteo principale e ha bloccato il porto. Anche in Germania il settore è in fermento, i lavoratori di Amazon hanno incrociato le braccia minacciando di bloccare, per questo Natale, la consegna della merce. In Belgio continua la mobilitazione dei sindacati contro le misure economiche adottate dal governo; nel paese ha preso piede il "lunedì dello sciopero" per cui ogni lunedì viene bloccata la circolazione con picchetti itineranti sullo stile di 99 Picket Lines. In America continuano le manifestazioni del movimento #BlackLivesMatter: media e giornalisti mettono l'accento sui diritti civili violati, ma quello che sta sommuovendo il sottobosco americano è un energia che potrebbe tramutarsi in qualcosa di più interessante.

In chiusura di teleconferenza è stata commentata l'ultima uscita di Napolitano sull'antipolitica. Il presidente della Repubblica, parlando degli effetti della corruzione ha dichiarato: "La critica della politica e dei partiti, preziosa e feconda nel suo rigore, purché non priva di obiettività, senso della misura e capacità di distinguere è degenerata in anti-politica, cioè in patologia eversiva". Apparentemente Napolitano sembra prendersela col Movimento 5 Stelle, in realtà descrive la situazione sociale generale. Di fronte ad una borghesia che si blinda sempre di più, vedi la Spagna con le ultime leggi liberticide o la Turchia con la chiusura dei giornali di opposizione, stupisce che il M5S rivendichi ancora la funzione sacrale del parlamento.

Se agli esordi Grillo si precipitava in Spagna nelle piazze degli Indignados e dava spazio nel suo blog a Occupy Wall Street, oggi sembra invece rifarsi al Movimento dell'Uomo Qualunque: democratico, parlamentarista e contro la casta. Se da una parte la struttura dei Meetup ricorda quella iniziale di OWS, con modalità organizzative aperte, leaderless, orizzontali, basate sulle potenzialità dei social network, dall'altra parte c'è una struttura verticale e battilocchiesca all'ennesima potenza. La contraddizione interna al movimento è interessante, aspetti minoritari di futuro e aspetti nauseabondi della vecchia politica arriveranno ad una biforcazione: o il movimento si integrerà del tutto all'ambiente parlamentare, oppure vedremo delle rotture con elementi e gruppi che porteranno avanti conseguentemente il discorso delle reti P2P, delle piattaforme leaderless, della riduzione dell'orario di lavoro, del reddito di cittadinanza, cioè quel programma iniziale a cui milioni di persone hanno creduto. Per ora il M5S non è arrivato nemmeno all'altezza programmatica del Venus Project; fino a quando non si toglierà dalla testa il mito della democrazia, del parlamento, della conta dei voti, non andrà oltre l'esistente.

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