Durante la teleriunione di martedì sera, a cui si sono connessi 14 compagni, abbiamo ripreso la discussione, iniziata la volta scorsa, intorno alla conferenza Costruire il futuro. Ricerca e Innovazione, partendo dal quesito posto da un compagno riguardo la matrice borghese dell'iniziativa.
I due conferenzieri, Ezio Andreta e Roberto Cingolani, non possono di certo essere definiti dei rivoluzionari; eppure con le loro parole, consapevolmente o meno, capitolano ideologicamente di fronte al marxismo. Noi usiamo ampiamente i materiali prodotti dalla borghesia contro la borghesia stessa. In più occasioni, per esempio, abbiamo approfondito gli studi di Jeremy Rifkin, il quale è stato, tra le tante cose, consigliere personale sulle questioni energetiche di Romano Prodi e consulente per il Ministero dell'Ambiente italiano. Insomma, un personaggio pienamente inserito nel Sistema, che con le sue ricerche dimostra in termini energetici che questa società è votata alla catastrofe, e che descrive lungo centinaia di pagine il diffondersi di nuovi comportamenti sociali caratteristici di un prossimo salto di paradigma.
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 13 compagni, è iniziata con alcune osservazioni riguardo il rapporto Oxfam Ricompensare il lavoro, non la ricchezza, presentato alla vigilia del Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera, che ogni anno riunisce esponenti internazionali dell'ambito economico, politico, scientifico e sociale per discutere delle questioni principali della scena mondiale.
La situazione che emerge dai dati raccolti nel rapporto, come illustra un rappresentante della sede italiana dell'organizzazione non governativa in una recente intervista, è decisamente preoccupante. Oxfam è una confederazione internazionale di organizzazioni no profit operanti in 90 diversi nazioni e dispone di una rete ampiamente estesa i cui sensori sono dislocati praticamente in tutto il mondo (10.000 operatori e 50.000 volontari). Lo studio del 2018 tratta principalmente il tema della diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza, e il risultato a cui giunge – ma non si tratta di una novità dato che sono sempre di più le ricerche di questo tipo a rilevare tale assetto generale – è quello di una società in cui il denaro, o la prosperità in generale, confluisce in misura sempre maggiore nelle solite "poche" mani. Nel documento vengono inoltre presentate proposte e suggerimenti per arginare tale situazione di disparità. Ovviamente si tratta di soluzioni di carattere riformista, come la tassazione progressiva, l'introduzione di un tetto agli stipendi dei manager, e via dicendo.
La teleconferenza di martedì scorso, presenti 11 compagni, è iniziata con alcune riflessioni sulla situazione politica italiana in riferimento a quanto sta succedendo nella Capitale.
Conquistata la poltrona del Sindaco, forti delle promesse fatte in campagna elettorale, i 5 Stelle romani hanno predisposto la propria amministrazione a tale scopo. Dopodiché il sistema gli è saltato addosso. C'era da aspettarselo: in settori chiave dell'economia, tipo quello dei rifiuti, è impossibile non tenere conto di determinate reti di interesse.
Il livello politico sovrastrutturale non può che riflettere la decadenza strutturale dell'economia. Come abbiamo cercato di dimostrare nell'articolo L'Italia nell'Europa feudale, il capitalismo e la borghesia italiani sono sulla scena, fra alti e bassi, da mille anni. In Italia sono nati Machiavelli, il fascismo, il trasformismo, l'opportunismo, gli scandali delle banche, la corruzione e la mafia.
Alla teleconferenza di martedì sera hanno partecipato 10 compagni.
"Per evitare una generazione perduta dobbiamo agire velocemente", scrive Mario Draghi nell'editoriale al Rapporto 2015 della Banca centrale. Il governatore della Bce teme nuovi shock e vede un'Europa in difficoltà. Chi ne subirà le conseguenze, aggiunge, sarà la generazione istruita: tutti quelli che dovrebbero entrare nel mondo del lavoro e rischiano invece di non trovare una collocazione in questa società.
Anche il Fmi è preoccupato. I rischi maggiori, secondo il direttore Christine Lagarde, sono la "stagnazione secolare", la possibile uscita del Regno Unito dall'Ue (#Brexit) e la crisi dei rifugiati che sta minando l'integrazione europea. I governi devono prepararsi a possibili scenari avversi, consapevoli che non c'è più margine di errore: le munizioni, come illustrava l'Economist poco tempo fa, si stanno esaurendo.
Non c'è molto da aggiungere a queste previsioni, sono i borghesi stessi ad essere catastrofisti di fronte alla spaventosa sovraccapacità produttiva. E siccome al proletariato non possono più chiedere niente, si aprono lotte interne in cui deve intervenire la magistratura (vedi il caso #PanamaPapers): guerre intestine per la ripartizione del valore tra le varie componenti borghesi all'interno dei singoli stati.
Alla teleconferenza di martedì sera, presenti 10 compagni, dopo un breve accenno ai fatti della settimana, dal salvataggio delle banche italiane al problema delle polveri sottili, siamo passati a parlare di teoria della conoscenza in riferimento al n. 38 della rivista.
Da fine novembre Il Sole 24 Ore ha cominciato a pubblicare una raccolta di opuscoli (Lezioni di futuro) dedicati ai temi dell'automazione, della sharing economy, dei big data, dell'internet delle cose, dell'intelligenza artificiale, ecc. Nel primo numero della serie intitolato Arrivano i robot. Come funzionano gli automi e cosa possiamo fare, si sostiene che nei laboratori stanno nascendo centinaia di nuove macchine capaci di svolgere in autonomia funzioni tipiche degli esseri viventi. Nel complesso emerge un'idea del processo evolutivo secondo cui l'uomo ad un certo punto si sdoppia (evoluzione biologica ed evoluzione tecnico-sociale) e demanda alcune delle sue capacità agli automi. Il giornale di Confindustria chiama a raccolta studiosi e tecnici specializzati in vari campi per capire dove sta andando la società: pur trattandosi ancora di un procedere multidisciplinare, comincia a fare capolino, magari non espressamente, la teoria (unificante) della conoscenza.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata discutendo delle manifestazioni per il Primo Maggio nel mondo.
I danneggiamenti verificatesi a Milano durante il corteo No Expo hanno suscitato un gran clamore, soprattutto da parte dei media. Per quanto ci riguarda, la contrapposizione violenza/non-violenza è un prodotto del tutto ideologico della società presente, in natura tale dicotomia non esiste.
Non ci interessano molto i giudizi di giornalisti e sinistri sugli scontri. La nostra teoria sociale parte dal generale, va al particolare e poi astrae di nuovo. E' quindi importante inquadrare i fatti all'interno di una solida cornice teorica, in modo da non rimanere intrappolati nell'immediatismo. A tal proposito, abbiamo ricordato i lavori di Mark Buchanan sulla fisica della storia: se intendiamo la specie umana come un insieme di atomi sociali in relazione tra di loro anziché come individui coscienti, allora possiamo scovare delle leggi di movimento che vanno al di là della somma delle opinioni. In un sistema di tipo fisico composto di atomi sociali, all'aumento della temperatura corrisponde un'agitazione caotica.
Lo sostiene Bernardo Gutiérrez sulla base dello studio World Protests 2006-2013: le 843 rivolte scoppiate nel mondo negli ultimi otto anni fanno del periodo storico che stiamo attraversando quello più agitato della storia, in cui si fa spazio un nuovo concetto di rivoluzione e compare sulla scena un nuovo soggetto politico. Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo avuto modo di commentare l'interessante articolo dello scrittore e giornalista spagnolo.
Il documento a cui si fa riferimento lungo tutto lo scritto propone un'analisi dettagliata delle cause scatenanti e delle forme di espressione assunte dalle proteste più importanti avvenute negli ultimi anni. Gutiérrez mette insieme i dati raccolti e tenta di cogliere la dinamica più ampia che lega ogni singola rivolta locale, diversa nei suoi aspetti peculiari ma accomunata e integrata con tutte le altre attraverso una struttura globale a rete capace, come lo stesso capitalismo, di fare velocemente il giro del mondo. Di fronte ad un mondo in subbuglio viene chiamato in causa Marx - a dire il vero in maniera piuttosto confusa - che, a quanto pare, non avrebbe saputo anticipare il "nuovo soggetto politico – più diffuso, più eterogeneo, più inclassificabile – [che] scompagina le definizioni e le frontiere formali delle rivoluzioni." Paradossalmente, seppur intriso di una concezione luogocomunista, Gutiérrez scorge una novità nelle manifestazioni di protesta rispetto al passato, e cioè proprio quel tratto anonimo e tremendo caratteristico delle rivoluzioni, per cui le 843 proteste scoppiate tra il 2006 e il 2013 non hanno espresso capi carismatici o, laddove questo è avvenuto, il "malcapitato" è stato sommerso dai milioni in lotta, da "una moltitudine senza volto né leaders, che sta sostituendo i pezzi del sistema senza modificare di colpo il suo sistema operativo. Una moltitudine resiliente e mutante, che anche senza prendere il potere trova le brecce del sistema, hackerando per spargere i semi del nuovo mondo".
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, è iniziata dal commento all'articolo di Jeremy Rifkin pubblicato sul blog dell'Huffington Post il 7 aprile scorso, e intitolato The Internet of Things: Monopoly Capitalism vs. Collaborative Commons.
Le innovazioni tecnologiche introdotte nell'ultimo quarto di secolo hanno avuto effetti estremamente dirompenti nella società. Del passaggio dalla società del possesso a quella dell'accesso, e di altri temi cari a Rifkin, abbiamo parlato diffusamente qualche settimana fa in occasione della lettura di un altro suo articolo. In questo testo, un estratto da The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism, ultima fatica dello scrittore americano, viene analizzato un nuovo potente elemento di trasformazione della società: The Internet of Things (IoT), una sorta di rete neuronale globale che, attraverso i miliardi di sensori collegati alle strutture produttive e logistiche, è in grado di raccogliere enormi quantità di informazione (Big Data) dalla società, connettendo tutto e tutti, dalle grandi aziende capitalistiche ai prosumers, quei produttori/consumatori che condividono nei vari network i prodotti e i risultati delle loro esperienze. Lo sviluppo di questa nuova piattaforma tecnologica è talmente potente che ha posto le basi per la nascita di un'economia ibriba, da una parte capitalista e dall'altra fondata sui Collaborative Commons. E' proprio su questo terreno che Rifkin individua il grande conflitto del futuro, e cioè la battaglia per assumere il controllo di questa enorme infrastruttura globale.
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 12 compagni, abbiamo discusso dell'articolo di Jeremy Rifkin, The Rise of Anti-Capitalism (L'ascesa dell'anti-capitalismo), pubblicato sul New York Times lo scorso 15 marzo.
Dello scrittore americano, nonché sociologo, attivista ambientale, professore universitario, no global, economista e filosofo, abbiamo scritto sul numero 8 della rivista in una recensione a tre suoi libri: Entropia, La fine del lavoro e L'era dell'accesso. Nel primo testo, del 1980, Rifkin dimostra come ogni economia non sia altro che un sistema di produzione e riproduzione soggiacente al secondo principio della termodinamica e perciò irreversibilmente dissipativo di energia (in termini capitalistici, dissipativo del valore che produce). A questo si aggiunge la tendenza storica del capitalismo, descritta ne La fine del lavoro una quindicina di anni più tardi, a sostituire il lavoro dell'uomo con quello della macchina, determinando un enorme esubero di manodopera.
Sul sito Chicago86 è stato recentemente pubblicato un articolo sulla "global call" indetta dal collettivo VIA22, gruppo nato in Canada la scorsa primavera in seguito all'imponente ondata di manifestazioni studentesche e non. Attraverso il software VOIP Mumble (che sembra possa reggere la partecipazione di oltre un centinaio di utenti), gli attivisti si ritrovano on line ogni 22 del mese per discutere del "movimento" globale e delle iniziative in corso o future con l'intento di dar vita ad una rete globale di solidarietà. Lo scorso 22 gennaio alcuni compagni hanno partecipato all'assemblea virtuale a cui erano presenti una decina di attivisti provenienti da Canada, Spagna (Indignados), Usa (Occupy) e Messico (YoSoy132). I temi su cui si è sviluppato il confronto sono stati l'Earth Day organizzato per il prossimo 22 Aprile, il World Social Forum 2013 che si terrà in Tunisia, il movimento Occupy di Kalamazoo in Michigan, la necessità di centralizzare le piattaforme di movimento per la diffusione delle notizie in streaming durante le azioni globali. La discussione online si è svolta anche con l'ausilio di una chat presente nel software Voip e con l'appoggio ad un sito esterno per la compilazione in tempo reale del verbale dell'assemblea: attraverso PiratePad, un servizio simile a GoogleDocs, tutti i partecipanti hanno potuto assistere e contribuire alla stesura del resoconto "just in time". I compagni connessi, a cui è stata chiesta una breve presentazione, hanno spiegato il progetto di Chicago86 e inviato tramite chat il "chi siamo" presente sul sito in più lingue e il documento "Global Spring". Prima di questa assemblea c'erano stati degli scambi di e-mail con alcuni attivisti della piattaforma InterOccupy.
Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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