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  • Resoconto teleriunione  5 gennaio 2016

Bollettino di guerra

La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è partita dai fatti accaduti a Colonia la notte di Capodanno.

I toni dei commenti giornalistici sulla vicenda sono oramai da guerra civile. La caccia allo straniero, allo stupratore dalla pelle scura, è iniziata; alcuni ventilano l'ipotesi di una misteriosa rete islamica dietro alle aggressioni. Come previsto, la vaga solidarietà verso i profughi si sta velocemente trasformando nel suo opposto. Svezia e Danimarca hanno già chiuso le frontiere e altri paesi sono destinati a seguirle. Il proletariato occidentale viene spinto a schierarsi contro i disperati che arrivano dai paesi collassati.

Negli Usa fa discutere il tentativo di Obama di porre dei filtri alla vendita di armi da fuoco. Nel paese sono 30 mila i morti l'anno a causa di sparatorie, per non parlare di Messico, dove la guerra per la droga è una carneficina, Brasile o altri stati minori del Sud America. Un bollettino di guerra.

All'instabilità sociale corrisponde quella in campo economico. In seguito agli ultimi crolli dei listini di Shangai e Shenzen, lo stato cinese è stato costretto a iniettare liquidità nei mercati per evitare nuovi crack. L'operazione servirà comunque a poco, tantomeno a risolvere una situazione molto più catastrofica di quanto appaia: il mercato mondiale non ce la fa più ad assorbire tutte le merci e i capitali prodotti, in Cina come altrove (stanno rallentando anche Brasile, Russia e Sud Africa). Ogni crisi presuppone che per la "ripartenza" avvenga la cancellazione di capitale fittizio, ma dopo il 2008 questo non è più successo. Anzi, i governi e le banche centrali da allora continuano a immettere capitale nei circuiti finanziari andando però ad aumentare la massa di capitale fittizio che giganteggia sulla produzione, la cosiddetta "economia reale". Se siamo al punto in cui bisogna attingere denaro dai correntisti per salvare le banche, vuol dire che il capitalismo è arrivato al capolinea.

Anche il fronte mediorientale, la polveriera del mondo, ha raggiunto livelli parossistici. In seguito all'esecuzione da parte del governo saudita di decine di oppositori tra cui un noto imam sciita, l'ambasciata saudita di Teheran è stata assaltata e le relazioni diplomatiche tra i due paesi sono saltate. Nell'ultimo anno l'Arabia Saudita ha risentito del calo del prezzo del petrolio e per far fronte alle difficoltà ha attinto alle riserve monetarie; ora sono in preparazione le prime misure di austerity (così come in Oman) e in parallelo viene blindata ancor di più la società. La situazione in Medioriente è incancrenita: da mesi sciiti e sunniti si scontrano in Yemen in uno scenario dove non si capisce bene chi è il vero nemico di chi, e lo stesso accade in Siria, Iraq e Libia.

La teleconferenza è proseguita con un accenno all'ultimo numero della rivista. La differenza tra l'evoluzione biologica, lentissima, e quella tecnologica, esponenziale, deve manifestarsi in qualche modo. Cinematografia e letteratura offrono interpretazioni avvincenti di quanto potrebbe accadere, si pensi al film Matrix dove l'elemento biologico umano finisce a fare da batteria per le macchine o alle opere di Asimov in cui il robot è buono e non può fare male agli esseri umani. Alcuni scienziati affermano che proprio a causa dello sviluppo rapidissimo della tecnologia gli uomini sono impossibilitati a tenerne il passo. Ma è sbagliato intendere le macchine come qualcosa di altro rispetto all'uomo: esse sono piuttosto dei prolungamenti di noi stessi, delle protesi extracorporee che ci permettono di capire... come facciamo a capire: "[...] una macchina, una volta inventata, comporta automaticamente lo sviluppo della teoria necessaria a perfezionarla. Come nel caso della macchina a vapore, che ha prodotto una spinta enorme verso l'ulteriore conoscenza della termodinamica, della meccanica, dei materiali, dell'organizzazione. O nel caso della pila elettrica, della dinamo e del motore, o di tutte le altre scoperte e invenzioni." (n+1, n.38)

La riunione si è chiusa con un'interessante discussione sull'arte moderna e contemporanea che è giunta alla seguente conclusione: non esiste uno stile caratteristico che contraddistingue il nostro tempo, al contrario la nostra epoca, nel campo delle arti, rappresenta un riassunto di tutto quello che ci ha preceduto. Per andare oltre serve una rivoluzione.

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    Gli Stati, anche quelli importanti come USA e Federazione Russa, faticano a tenere il passo nella produzione di munizioni necessaria per il conflitto in corso in Ucraina. Il Fatto Quotidiano riporta alcuni dati significativi: nel giugno 2022 i Russi sparavano 60 mila colpi al giorno, a gennaio del 2024 ne sparavano 10-12 mila contro i 2 mila dell'esercito avversario. Senza l'aiuto dell'Occidente l'Ucraina sarebbe già collassata, ma ora l'America ha delle difficoltà: "Gli Usa, il principale fornitore di proiettili di artiglieria dell'Ucraina, producono 28mila munizioni da 155 mm al mese con piani di aumento della produzione a 100mila entro il 2026." La fabbricazione di tali quantità di munizioni comporta uno sforzo nell'approvvigionamento di materie prime, e infatti c'è una corsa all'accaparramento di scorte di alluminio e titanio. Già l'anno scorso l'Alto rappresentante UE per la politica estera, Josep Borrell, affermava: "In Europa mancano le materie prime per produrre le munizioni da mandare all'Ucraina".

    Se in un contesto di guerra limitato al territorio ucraino scarseggiano i proiettili, proviamo a pensare cosa potrebbe accadere se il conflitto si estendesse territorialmente e si prolungasse. Si stanno sperimentando nuove armi, ma per adesso queste non hanno preso il posto delle vecchie. Il volume di fuoco è diventato insostenibile, la struttura produttiva internazionale, per come si è configurata negli ultimi decenni, non sarebbe in grado di reggere un conflitto convenzionale generalizzato per lungo tempo. L'Occidente ha delocalizzato parte delle industrie pesanti (quelle che lavorano acciaio e ferro) in Asia, e ora si rende conto che dipende dagli altri e cerca di correre ai ripari. Metà del totale dell'acciaio mondiale è prodotto in Cina, la stessa Unione Europea riceve l'80% delle forniture di armi da paesi extra-europei. Paesi come la Russia, la cui industria primaria (siderurgica, metallurgica, meccanica e petrolchimica) è più sviluppata rispetto a quella secondaria, sono avvantaggiati. Putin ha dato il via libera ad esercitazioni con le atomiche tattiche al confine con l'Ucraina, in risposta alle dichiarazioni di Macron sulla possibilità di inviare truppe occidentali in territorio ucraino, e di quelle del ministro degli Esteri britannico Cameron, che ha autorizzato l'Ucraina ad usare le armi fornite dalla Gran Bretagna per colpire obiettivi all'interno della Russia. Alcuni paesi europei pensano di reintrodurre il servizio di leva obbligatorio, ma tali cambiamenti hanno bisogno di tempo; inoltre, gli eserciti d'oggi sono professionali, composti da personale altamente specializzato.

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    L'acutizzarsi della guerra e lo sviluppo di nuove armi fanno parte di un processo unico, di una dinamica di crisi strutturale del capitalismo. I fatti hanno la testa dura, dice Lenin, e la realtà si incarica di fare piazza pulita delle vecchie "questioni" che in passato sono state motivo di interminabili dibattiti (partito, sindacato, ecc.). Nell'introduzione alla relazione di Milano è stato ribadito che il capitalismo non può funzionare senza l'estrazione di plusvalore, e che la guerra, fenomeno invariante, si è trasformata nel tempo essendo soggetta al modo di produzione che la esprime. Engels nota che l'innescarsi della dialettica cannone/corazza porta all'intensificazione del conflitto, motivo per cui, ad esempio, ben presto le barricate risultano obsolete rispetto all'impiego dell'artiglieria.

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