Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  18 ottobre 2016

L'esercito dei senza riserve in un mondo al collasso

La teleconferenza di martedì scorso, presenti 15 compagni, è iniziata commentando le news dall'Iraq in guerra.

L'assedio di Mosul è la dimostrazione pratica che Daesh è in forte difficoltà, ma che anche le forze anti-Califfato non se la passano bene. All'operazione militare stanno partecipando i peshmerga curdi, quel che resta dell'esercito iracheno, diverse milizie sciite controllate dall'Iran, 1500 combattenti iracheni addestrati dalla Turchia, e le forze antiterrorismo irachene addestrate dagli americani. Ammesso che Mosul venga liberata, le conseguenze sarebbero disastrose dal punto di vista dei morti e degli sfollati (la metropoli ha una popolazione che varia dai 2 ai 3 milioni di abitanti) per non parlare di cosa potrebbe succedere dopo.

Come detto in più occasioni, il mondo borghese è fuori controllo, il Capitale si è autonomizzato, gli stati nazionali stanno collassando e all'orizzonte si profila una guerra generalizzata di tutti contro tutti. Nella guerra moderna non si affrontano più grandi eserciti e la situazione che si sta prospettando a Mosul fa pensare a quella di Aleppo, ovvero macerie e distruzione. Nessuno degli attori in campo dispone della forza necessaria per imporre un ordine, ed Usa e Russia si guardano bene dal mandare soldati in Medioriente. L'ultima volta che gli americani hanno messo piede in Iraq hanno speso, secondo Joseph Stiglitz, circa 3 mila miliardi di dollari e non hanno risolto nulla.

Si è poi passati a commentare notizie di economia partendo dalla brusca frenata dell'export della Cina. Il crollo delle esportazioni cinesi è del 10% rispetto allo scorso anno e ormai il paese asiatico è passato dalla crescita a doppia cifra alla manifestazione di tutti i sintomi del capitalismo senile.

Anche in Italia vediamo le conseguenze dell'invecchiamento dell'attuale modo di produzione: continua a crescere il numero dei proletari pagati con i voucher, l'Inps segnala che nel periodo gennaio-agosto 2016 ne sono stati venduti 96,6 milioni con un incremento, rispetto ai primi otto mesi del 2015, pari al 35,9%. E mentre i sindacati confederali ignorano il problema, quelli di base non trovano niente di meglio da fare che chiamare i loro iscritti a lottare per la difesa della Costituzione. La totale cancellazione delle "garanzie" libera irreversibilmente i proletari dai vecchi schemi sindacali obbligandoli a riscoprire l'organizzazione di lotta territoriale.

In Lavoro salariato e Capitale e Salario, prezzo e profitto si mette bene in chiaro il nesso inscindibile tra salari e prezzi, per cui se si abbassa il salario medio si abbassa anche il costo della vita. Questa dinamica porta alla deflazione, la bestia nera degli economisti. Come se non bastasse, in Occidente la popolazione invecchia e i giovani hanno sempre meno possibilità di trovare lavoro. Il salario diviene sempre più incerto e più precaria la condizione di vita. Nel Rapporto 2016 sulla povertà e l'esclusione sociale (Caritas) si parla di 4,5 milioni di poveri sul territorio nazionale, dato che conferma quanto scritto dalla nostra corrente in Lotta di classe e "offensive padronali":

"La situazione di tutti i senza-riserva, ridotti a tale stato perché sono dialetticamente essi stessi una riserva, è stata dalla esperienza di guerra spaventosamente aggravata. La natura ereditaria dell'appartenenza alle classi economiche fa sì che essere senza riserva è cosa più grave che essere senza vita. Dopo il passaggio delle fiamme di guerra, dopo i bombardamenti a tappeto, i componenti della classe lavoratrice, non meno che dopo ogni altro disastro, non solo perdono con la massima probabilità la contingente occupazione, ma si vedono distrutta anche quella minima riserva di proprietà mobile che in ogni abitazione è data da suppellettili rudimentali".

La citazione ci fa venire in mente le masse di disperati (senza-riserva) che attraversano i mari e i deserti, in fuga dalla fame e dalla guerra.

Lo scontro di classe si farà sempre più netto, 99% contro 1%. Il movimento Occupy Wall Street era composto da giovani e meno giovani indebitati, senza assistenza sanitaria, senza garanzie, senza nulla da perdere (vedere il sito "We are 99%", dove sono pubblicati a migliaia gli scorci di vita di aderenti al movimento). Proprio dove massima è l'alienazione, nella società americana, è nato un movimento autorganizzato in grado di costituire decine di community collegate in rete. Dopo la Rivoluzione d'ottobre del 1917, OWS è stato l'unico movimento a muoversi sul terreno dell'antiforma.

Si è quindi ricordato l'articolo Un modello dinamico di crisi: a partire dagli anni '70 gli stessi studi della borghesia sui limiti dello sviluppo hanno portato a realizzare modelli che indicano il "superamento dei limiti" e perciò il collasso del sistema-mondo. I ricercatori del Club di Roma consigliavano ai governi di mettere in atto misure economico-politiche volte a raddrizzare le curve, ma nulla si è fatto per invertire la tendenza alla catastrofe.

Quello che stiamo vivendo non è ritorno alla schiavitù, come afferma il comico Crozza parlando della competitività voluta da Matteo Renzi. La schiavizzazione crescente è una manifestazione del "capitalismo di transizione" e non di una barbarie di ritorno. Non la barbarie è il fondo sociale del capitalismo ma la civiltà: e la civiltà è questa. Si pensi ai fattorini della startup Foodora, in questi giorni al centro delle cronache: paghe bassissime, precarietà assoluta, nessun tipo di garanzia. Nel loro caso e in altri simili, il tempo di lavoro tende a coincidere col tempo di vita. E se non basta un lavoro per vivere, un numero sempre maggiore di lavoratori è costretto a farne due o più.

Articoli correlati (da tag)

  • Cresce la tensione ovunque

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la situazione di guerra in Medioriente.

    Recentemente, le forze di difesa israeliane hanno preso di mira le basi UNIFIL presenti nel sud del Libano, lungo la "linea blu", con il chiaro intento di farle evacuare. Nell'attacco sono state distrutte le telecamere e le torrette di osservazione, e ci sono stati alcuni feriti tra i caschi blu. I ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno manifestato il loro disappunto, mentre Israele ha dichiarato di aver precedentemente invitato il comando UNIFIL a ritirarsi. Le truppe dell'ONU sono presenti in Libano dagli inizi degli anni '80 in quanto "forza militare di interposizione", ma evidentemente il tempo della mediazione è finito per lasciare spazio a quello della guerra aperta.

    Hezbollah è riuscito a penetrare in profondità nel territorio israeliano attaccando, con alcuni droni, un campo di addestramento della Brigata Golani, poco fuori la città di Haifa. I sistemi di difesa nemici non sono riusciti ad intercettare i velivoli e pare che uno di questi abbia colpito una mensa, uccidendo quattro soldati israeliani e provocando diversi feriti. Nonostante la decapitazione delle leadership di Hamas e di Hezbollah, le ramificazioni dei miliziani sono tutt'altro che smantellate. Alcuni analisti fanno notare che, al di là delle figure di spicco, l'organizzazione islamista ha una struttura a rete. Dato che i leader vengono periodicamente uccisi, Hamas si è posta il problema di rigenerare continuamente i propri quadri. La struttura è difficilmente eliminabile anche perché svolge una funziona di welfare state ed è radicata nella popolazione. Hezbollah, in Libano, è un partito politico che siede in Parlamento, esprime sindaci e ministri, e con la sua rete di assistenza dà sostegno ad un'ampia fetta di popolazione sciita. In entrambi i casi si tratta di strutture che riescono ad auto-rigenerarsi anche dopo aver subito duri colpi.

  • Dall'impero americano, al caos, alla rivoluzione

    La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dall'intervento di Lucio Caracciolo al festival di Limes a Genova 2024 ("Dall'impero americano al caos").

    Le determinazioni materiali spingono gli analisti di politica ed economia internazionale ad affermazioni forti. Caracciolo sostiene che le guerre in corso riguardano la transizione egemonica, ma che nei fatti non c'è nessun nuovo candidato alla guida di un mondo post-USA, e prevede una fase più o meno lunga di caos. Va ricordato che, almeno dagli anni Settanta, si è scoperto che non esiste il caos fine a sé stesso. Gli studi sui sistemi dinamici e la complessità ci indicano l'esistenza di un caos deterministico, nel quale vi sono attrattori strani che rappresentano un nuovo tipo di ordine. Il caos non è dunque il punto di arrivo, ma rappresenta la transizione ad una nuova forma sociale. I teorici dell'autorganizzazione, ad esempio Stuart Kauffman, descrivono il margine del caos come quella "terra di confine" che rende possibili nuove configurazioni.

    Nella rivista monografica "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" abbiamo descritto la guerra, apertasi dopo il crollo del blocco sovietico, il miglior nemico degli USA. Quel mondo bipolare aveva trovato un equilibrio fondato sulla deterrenza nucleare ("Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio"), che oggi è venuto meno anche dal punto di vista demografico: gli americani sono circa 300 milioni mentre il resto del mondo conta oltre 7 miliardi e mezzo di abitanti. E poi, di questi 300 milioni, la maggioranza non fa parte del sistema dell'1%: lo testimoniano l'ultima ondata di scioperi e il fatto che l'esercito abbia problemi con l'arruolamento. Si sono affacciate sul mondo nuove grandi potenze, in primis la Cina, che già solo per il fatto di esistere e crescere, economicamente e militarmente, mettono in discussione il primato degli Stati Uniti.

  • Caos deterministico

    La teleriunione di martedì sera è iniziata prendendo spunto dalle ultime notizie dal Medioriente.

    In seguito al massiccio attacco sferrato da Israele contro le postazioni di Hezbollah in Libano, durante il quale è stato ucciso Hassan Nasrallah, segretario generale dell'organizzazione, l'Iran ha lanciato circa 200 missili in direzione di Tel Aviv.

    Sono le determinazioni materiali a costringere gli stati a muoversi, e tutti lo fanno all'interno di una complessa rete di condizionamenti. In un'intervista, reperibile su YouTube ("E' ancora possibile evitare la terza guerra mondiale?"), il generale Fabio Mini afferma che la situazione mondiale non è tanto complicata quanto complessa, poichè gli attori in campo sono molti ma comunque tutti ben individuabili. L'annientamento di Hamas e Hezbollah ad opera di Israele non può essere portato a termine e ciò innesca un'escalation bellica. Rispetto al passato, ad azione non corrisponde una reazione proporzionata, bensì una risposta "randomica", caotica e di difficile previsione.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email