Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  12 settembre 2017

Il mondo della shock economy

La teleconferenza di martedì, a cui si sono collegati 14 compagni, si è aperta con le notizie sugli uragani che si sono abbattuti sugli Stati Uniti.

I dati a disposizione mostrano un crescendo dei fenomeni atmosferici capaci di provocare ingenti danni e di mettere in pericolo la vita umana. Sarà anche colpa del cambiamento climatico in atto, ma la crescente antropizzazione del pianeta non può che peggiorarne gli effetti. Gli uragani, le "bombe d'acqua", e tutti gli altri eventi "naturali" che si verificano sul pianeta, si trasformano in "drammi gialli e sinistri" non appena coinvolgono territori ad alta concentrazione di manufatti.

Recentemente è accaduto negli Stati Uniti con il passaggio dell'uragano Harvey in Texas e di Irma in Florida. Scenari del genere ricordano quanto successo nel 2005, quando Katrina devastò New Orleans. Allora, mentre i soccorsi non arrivavano e i sopravvissuti erano lasciati in balia di sé stessi, si scatenò una sorta di guerra civile con l'occupazione della città da parte dell'esercito, sostenuto dall'intervento degli uomini delle famigerate aziende militari private. L'episodio ha rappresentato un giro di boa per gli Stati Uniti in termini di controllo in ambito metropolitano, anche per l'utilizzo di mezzi corazzati, droni e mercenari.

Sul tema un compagno ha segnalato l'articolo "I signori dei disastri" di Naomi Klein. In continuità con le tesi presentate nel saggio Shock economy. L'ascesa del capitalismo dei disastri, la giornalista canadese sostiene che nel capitalismo i disastri diventano motivo di accumulazione, e quindi di profitto, per una parte ristretta della popolazione (l'1%), e di spoliazione per la restante (il 99%). Per dimostrarlo, parte da ciò che accade a Baghdad nel 2003, quando per l'Iraq viene decisa dall'alto una terapia economica d'urto, basata su una deregolamentazione selvaggia intrisa di corruzione e favorita dal clima di emergenza sociale. In quel caso il disastro sociale che colpisce il territorio non origina da uragani o inondazioni, bensì dall'invasione militare da parte delle truppe a stelle e strisce. Se nel 2003 questo succedeva nell'estrema periferia dell'impero, sostiene la Klein, le stesse dinamiche si vedono successivamente nel cuore del capitalismo, e cioè a New Orleans nel 2005, dove tra l'altro operano quegli stessi mercenari (Blackwater) che difendevano l'1% asserragliato nella zona verde di Baghdad.

La giornalista mette bene in luce i legami economici tra pubblico e privato, ovvero la rete di interessi che lega governi e lobbisti:

"Tra il giorno delle elezioni presidenziali, l'8 novembre 2016, e la fine del primo mese di amministrazione Trump, il 20 febbraio, le quotazioni in borsa delle due più grandi aziende carcerarie private negli Stati uniti, la CoreCivic e la Geo, sono raddoppiate, salendo rispettivamente del 140 e del 98 per cento. Perché sorprendersi? Se la Exxon ha imparato a guadagnare dal cambiamento climatico, queste aziende fanno parte della fiorente industria delle prigioni private, della sicurezza e della sorveglianza, un'industria che vede nelle guerre e nelle migrazioni – due fenomeni spesso collegati ai problemi climatici – altrettante interessanti e sempre più ghiotte opportunità di mercato".

Negli Usa - ma non solo - industria bellica, apparato militare, sistema carcerario e aziende di contractors sono un mostro economico con agganci nelle istituzioni pubbliche e nella politica. La Klein descrive il sistema come un'economia dei disastri che cresce su sé stessa, in cui lo stato non è altro che uno strumento in mano al Capitale. Fin dal suo insediamento il presidente Trump, e l'abbiamo visto con i progetti di colonizzazione di Marte, ha fatto capire che per il "rilancio" del paese utilizzerà non tanto il settore pubblico quanto una partnership tra questo e quello privato.

Gli effetti delle catastrofi "naturali" sono pari a quelli di una piccola guerra, obbligano la popolazione a muoversi e determinano la possibilità di lucrose ricostruzioni. A New Orleans, dopo l'uragano, ha avuto luogo una diaspora di afro-americani poveri, mentre il cantiere per la ricostruzione dei quartieri colpiti ha occupato migliaia di lavoratori (per lo più immigrati) nel modo più precario possibile.

Nel 2012 il ciclone Sandy si abbatte sulla costa orientale degli Stati Uniti, toccando anche New York, e dall'emergenza nasce Occupy Sandy, che rappresenta un salto di qualità rispetto al passato. Siamo sicuri che strutture simili, ed anche più evolute, si formeranno in futuro sull'onda dei bisogni materiali di migliaia di esseri umani. D'altronde, se è vero che gli Stati si stanno sgretolando, è normale che prendano piede strutture autorganizzate di mutuo soccorso.

I fenomeni di ribellione allo Stato sono molto importanti in quanto mettono in moto meccanismi sociali che convergono verso una soluzione determinata: proprio la difficoltà ad organizzarsi, nei luoghi di lavoro e non, costringe i precari e i senza riserve ad organizzarsi in un modo nuovo. Si pensi a quanto scriveva Occupy Oakland nell'appello per la partecipazione allo sciopero generale del 1° maggio 2012:

"Noi dobbiamo reinventare lo sciopero generale per una fase storica in cui la maggior parte dei lavoratori non è più iscritta a un sindacato, e dove la gran parte di noi sta combattendo per il privilegio di lavorare o per ottenere miglioramenti marginali nelle condizioni di lavoro. Noi dobbiamo portare la lotta nelle strade, nelle scuole e negli uffici delle amministrazioni cittadine corrotte. Uno sciopero generale reinventato significa trovare soluzioni immediate per quelle comunità colpite dai tagli alla spesa pubblica e dalla continua azione repressiva della polizia: un'azione che vada al di là della semplice sostituzione dei nostri governanti. Occupy Oakland darà il suo contributo per imprimere al movimento Occupy una nuova direzione, che riconosca la necessità di trovare modi di provvedere ai nostri bisogni che superino le forme di assistenza statale. Perché noi dobbiamo attaccare anche quelle istituzioni che ci condannano a una vita miserabile di sfruttamento, debito e povertà crescente."

Un sistema dinamico come quello capitalistico è soggetto a perturbazioni tali che lo spingono fino ad una soglia in cui avviene un radicale cambiamento. E questa non è una probabilità: è una certezza. Siamo deterministi e sappiamo che la probabilità è un fattore assolutamente soggettivo, dovuto al bisogno di determinare una certa sequenza di eventi. Il problema della indeterminazione dei fenomeni non è dovuto ad una qualità intrinseca dei fenomeni stessi, ma alla mancanza di conoscenza dell'osservatore. In quanto rivoluzionari riteniamo a priori che il sistema capitalistico sia transitorio, che esso sarà superato come i modi di produzione che l'hanno preceduto e che sarà sostituito da uno meno dissipativo. Sul crollo prossimo venturo possiamo fare delle previsioni, ma sappiamo che le variabili in campo sono molte e che il loro interagire può allungare o restringere i tempi della rivoluzione.

Si è poi passati a commentare gli importanti processi di centralizzazione avvenuti negli ultimi tempi. Dopo la fusione tra Dow Chemical e DuPont di qualche anno fa, ha destato scalpore l'accordo commerciale tra Google e Walmart e la fusione tra i colossi Bayer e Monsanto. Alla faccia della libera concorrenza, qui siamo al trionfo dei super-monopoli e della rendita: "La centralizzazione industriale e finanziaria, che in gran parte sostituisce la vecchia concentrazione, ingloba grande e piccola industria in una rete d'interessi in cui scompare il singolo capitalista e domina incontrastato, al di là dei nomi dei vari personaggi registrati dalla cronaca, il Capitale anonimo." ("Massimo di centralizzazione").

Anche McDonald's, azienda globale nel campo della ristorazione veloce con locali sparsi in tutto il mondo e circa un milione di dipendenti diretti, è un monopolio. I collegamenti tra i lavoratori della multinazionale del panino dovranno inevitabilmente internazionalizzarsi e le prime avvisaglie si son viste con le mobilitazioni #FastFoodGlobal. In Gran Bretagna, per la prima volta, lo scorso 4 settembre, è stato organizzato uno sciopero dei lavoratori di McDonald's con assemblee in varie città.

Nel nuovo mondo della "gig economy" gli scioperi sono iniziati a Londra nel 2016 contro Deliveroo, per poi toccare rapidamente altre aziende come Foodora e UberEats ed estendersi, nel giro di un anno, a Berlino, Parigi, Marsiglia, Torino, Milano, ma anche a Giacarta e in alcune città della Cina. Le aziende si centralizzano e si globalizzano così come le lotte dei proletari; la differenza sta nel fatto che mentre le prime hanno interessi privati da difendere, i proletari non hanno nulla da perdere entro questa società e hanno tutto da guadagnare dall'avvento di una nuova.

In chiusura di teleconferenza, si è accennato allo sciopero generale in Francia contro la Loi Travail, ora portata avanti dal governo Macron. La CGT, il sindacato che ha organizzato la manifestazione, dichiara che hanno scioperato 400 mila persone, 233 mila invece secondo il ministero dell'Interno. A Parigi 60 mila persone sono scese in strada, numerose scuole sono state occupate dagli studenti, code e blocchi si sono avuti alla circolazione intorno alla capitale a causa delle proteste di camionisti e casellanti. Un inviato della Cgil testimonia su Rassegna.it che la polizia a Place d'Italie lanciava lacrimogeni e sparava proiettili di gomma sui manifestanti... fatto ormai ordinario durante le manifestazioni francesi.

Articoli correlati (da tag)

  • La guerra è dissipazione di energia

    La teleriunione di martedì sera è iniziata discutendo dell'evoluzione degli attuali scenari di guerra.

    Gli Stati, anche quelli importanti come USA e Federazione Russa, faticano a tenere il passo nella produzione di munizioni necessaria per il conflitto in corso in Ucraina. Il Fatto Quotidiano riporta alcuni dati significativi: nel giugno 2022 i Russi sparavano 60 mila colpi al giorno, a gennaio del 2024 ne sparavano 10-12 mila contro i 2 mila dell'esercito avversario. Senza l'aiuto dell'Occidente l'Ucraina sarebbe già collassata, ma ora l'America ha delle difficoltà: "Gli Usa, il principale fornitore di proiettili di artiglieria dell'Ucraina, producono 28mila munizioni da 155 mm al mese con piani di aumento della produzione a 100mila entro il 2026." La fabbricazione di tali quantità di munizioni comporta uno sforzo nell'approvvigionamento di materie prime, e infatti c'è una corsa all'accaparramento di scorte di alluminio e titanio. Già l'anno scorso l'Alto rappresentante UE per la politica estera, Josep Borrell, affermava: "In Europa mancano le materie prime per produrre le munizioni da mandare all'Ucraina".

    Se in un contesto di guerra limitato al territorio ucraino scarseggiano i proiettili, proviamo a pensare cosa potrebbe accadere se il conflitto si estendesse territorialmente e si prolungasse. Si stanno sperimentando nuove armi, ma per adesso queste non hanno preso il posto delle vecchie. Il volume di fuoco è diventato insostenibile, la struttura produttiva internazionale, per come si è configurata negli ultimi decenni, non sarebbe in grado di reggere un conflitto convenzionale generalizzato per lungo tempo. L'Occidente ha delocalizzato parte delle industrie pesanti (quelle che lavorano acciaio e ferro) in Asia, e ora si rende conto che dipende dagli altri e cerca di correre ai ripari. Metà del totale dell'acciaio mondiale è prodotto in Cina, la stessa Unione Europea riceve l'80% delle forniture di armi da paesi extra-europei. Paesi come la Russia, la cui industria primaria (siderurgica, metallurgica, meccanica e petrolchimica) è più sviluppata rispetto a quella secondaria, sono avvantaggiati. Putin ha dato il via libera ad esercitazioni con le atomiche tattiche al confine con l'Ucraina, in risposta alle dichiarazioni di Macron sulla possibilità di inviare truppe occidentali in territorio ucraino, e di quelle del ministro degli Esteri britannico Cameron, che ha autorizzato l'Ucraina ad usare le armi fornite dalla Gran Bretagna per colpire obiettivi all'interno della Russia. Alcuni paesi europei pensano di reintrodurre il servizio di leva obbligatorio, ma tali cambiamenti hanno bisogno di tempo; inoltre, gli eserciti d'oggi sono professionali, composti da personale altamente specializzato.

  • Capitale destinato ad essere cancellato

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un focus sulla situazione economico-finanziaria mondiale.

    Abbiamo già avuto modo di scrivere delle conseguenze di una massa enorme di capitale finanziario (il valore nozionale dei derivati è di 2,2 milioni di miliardi di dollari) completamente slegata dal Prodotto Interno Lordo mondiale (circa 80 mila miliardi annui). Quando Lenin scrisse L'Imperialismo, fase suprema del capitalismo, il capitale finanziario serviva a concentrare investimenti per l'industria, che a sua volta pompava plusvalore. Oggigiorno, questo capitale non ha la possibilità di valorizzarsi nella sfera della produzione, perciò è destinato a rimanere capitale fittizio e quindi, dice Marx, ad essere cancellato.

    Nell'articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo sottileneato che è in corso un processo storico irreversibile, e che non si tornerà più al capitale finanziario del tempo di Lenin e Hilferding. In "Non è una crisi congiunturale", abbiamo ribadito come il rapido incremento del capitale finanziario è una conseguenza del livello raggiunto dalle forze produttive. La capacità del capitale di riprodursi bypassando la produzione materiale è un'illusione, e il ritorno alla realtà è rappresentato dallo scoppio delle bolle speculative. Ogni strumento finanziario è necessariamente un espediente per esorcizzare la crisi di valorizzazione, nella speranza di poter trasformare il trasferimento di valore in creazione del medesimo.

  • La guerra e il suo contesto

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi del recente attacco dell'Iran ad Israele.

    Secondo un portavoce dell'esercito israeliano, nell'azione compiuta nella notte tra il 13 e il 14 aprile l'Iran ha impiegato 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici, che sono stati quasi tutti abbattuti. L'attacco è stato simbolico, le nazioni arabe erano state avvertite e probabilmente anche gli Americani; dopo il bombardamento di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco il primo aprile scorso, Teheran non poteva non rispondere. Gli USA hanno chiesto ad Israele di evitare una reazione a caldo e di pazientare, onde evitare un'escalation; gli Iraniani hanno dichiarato che se Israele lancerà un nuovo attacco essi colpiranno più duro: "Con questa operazione è stata stabilita una nuova equazione: se il regime sionista attacca, sarà contrattaccato dall'Iran."

    Teheran è all'avanguardia nella produzione di droni, ha sviluppato un'industria bellica specializzata e vende queste tecnologie alla Russia ma anche ad Algeria, Bolivia, Tagikistan, Venezuela ed Etiopia.

    Ciò che sta accadendo in Medioriente conferma l'importanza del lavoro sul wargame, a cui abbiamo dedicato due numeri della rivista (nn. 50 - 51). I giochi di guerra servono a delineare scenari futuri, e le macchine amplificano le capacità dell'uomo aiutandolo a immaginare come potrebbero svilupparsi i conflitti in corso. Gli eserciti e gli analisti militari che lavorano con i wargame sono in grado di accumulare grandi quantità di informazioni, ma sono però costretti a vagliarne solo una parte. È un dato oggettivo: i big data vanno ordinati e l'ordine risente dell'influenza di chi applica il setaccio.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email