Esistono poi centinaia di like-farm, dove anonimi lavoratori occupati ad apporre manualmente centinaia di "mi piace" su social network per far crescere il profilo di qualcuno, o su Youtube per aumentare le visualizzazioni di un video, o a postare commenti su determinati prodotti in vendita, vengono pagati qualche centesimo di dollaro a like. Si tratta di lavoratori di paesi asiatici come Bangladesh, India, Pakistan, Malaysia e Indonesia, che lavorano anche da casa o da qualche Internet point. La piattaforma globale Upwork impiega circa 12 milioni di lavoratori, la cinese Zhubajie ha 15 milioni di iscritti, Freelancer ne conta più di 25, mentre sono circa 500 mila quelli occupati su Amazon Mechanical Turk. E oltre a queste ne esistono apposite di Google, Ibm, Uber. Quest'ultima si occupa di gestire il servizio di Taxi condotto da una folla di autisti automuniti ed è in grado di utilizzare sia i dati prodotti dai conducenti che quelli dei passeggeri per migliorare l'applicazione, e di ricavare informazioni utili per l'intelligenza artificiale da applicare un domani alla guida delle automobili senza pilota.
Nell'intervento alle giornate della CGIL, Casilli analizza anche il ruolo dei sindacati nei confronti di questi milioni di nuovi lavoratori. Evidentemente oggi va di moda parlare di "gig-economy" e "digital labour", e la CGIL ne cavalca l'onda, ma queste problematiche esistono davvero nella società e i confederali dovranno affrontarle seriamente se vorranno continuare ad esistere. La UIL da qualche tempo ha creato il sito NetWorkers nel tentativo di prendere contatto con i lavoratori dell'economia delle piattaforme. L'IG Metal, il maggiore sindacato metalmeccanico tedesco, ha aperto il sito Fair Crowd Work che serve a connettere i precari che operano nel settore del digitale. Altre esperienze di coordinamento sono in atto in Inghilterra promosse dal sindacato IWGB e in Francia dal collettivo CLAP (Collectif des livreurs autonomes de Paris). Anche i lavoratori di Amazon Mechanical Turk hanno messo in piedi una piattaforma di coordinamento che si chiama Dynamo.
Un compagno ha ricordato l'esistenza di WorkIt, l'app per i lavoratori di Walmart, un colosso globale della distribuzione con circa 2,2 milioni di dipendenti:
"Chiunque può usare WorkIt. Per usarlo bisogna inserire nome, e-mail, numero di telefono e codice postale. E chi lo desidera può anche inserire la propria posizione lavorativa e il negozio presso cui è impiegato. Geolocalizzazione e accesso ai contatti personali sono invece disabilitati. Il database di partenza è stato costruito grazie al lavoro volontario di dipendenti ed ex dipendenti di Walmart che hanno individuato una lista di 50 domande frequenti a cui hanno fornito altrettante risposte. OUR Walmart ha dichiarato che non venderà mai i dati raccolti, ma li condividerà con i ricercatori e li userà nei tavoli di trattativa. Se i sensori del sistema Walmart acquisiscono informazioni ad ogni livello - dal comportamento dei consumatori alle giacenze sugli scaffali, dal percorso lungo la rete logistica a quello che porta a casa del consumatore - ora anche le organizzazioni dei lavoratori cominciano a muoversi nella stessa direzione dotandosi di strumenti cibernetici."
La CGIL ha dedicato le giornate di Lecce al tema "Il futuro del lavoro dopo l'era della disintermediazione", confessando implicitamente che il sindacato fatica a rappresentare le istanze che arrivano dal (nuovo) mondo del lavoro essendo venuta meno la capacità di organizzare le nuove generazioni di lavoratori. Dal nostro punto di vista, la "retificazione" del lavoro esprime un potenziale enorme in termine di coordinamento territoriale e di strumenti lotta. A distanza di 20 anni dall'articolo sullo sciopero alla UPS, vediamo che i saggi di organizzazione futura sono sempre più visibili. Pensiamo alla struttura a rete messa in campo da Occupy Wall Street nel biennio 2011-12: dal quel livello, raggiunto a New York come a Oakland, non si può tornare indietro.
La situazione di oggi, in cui milioni di micro-lavoratori con la loro opera sulla Rete allenano le macchine ad imparare, ricorda il brodo primordiale in cui si sono formati organismi viventi. Oggi, l'interazione di nuovo tipo tra uomo e macchina costringe l'umanità a porsi domande inedite sul proprio futuro, e ciò significa che il futuro agisce più che mai sul presente ("Verso la singolarità storica", n+1 n. 40). La forza produttiva sociale ha raggiunto livelli impensabili fino a pochi anni fa: miliardi di sensori inviano continuamente informazioni a centri di raccolta dati che li elaborano in tempo reale, configurando la nascita di un cervello bio-cibernetico globale. Per una società angusta come quella capitalistica è veramente troppo: l'involucro non corrisponde più al suo contenuto.
A proposito di crescita della forza produttiva, alcuni paesi hanno dimostrato vivo interesse per il progetto della società Hyperloop One di Elon Musk, e cioè la costruzione di un sistema di trasporto ad alta velocità fatto di tubi in cui transitano treni, spinti da motori lineari a induzione e compressori d'aria, in grado di raggiungere i 1.200 km all'ora. Fin quando si trattava di prove di laboratorio, sembrava fosse solo pubblicità, ma ora si sono fatti avanti paesi come l'Australia e l'Italia. Anche la Cina ha progetti simili e mira a costruire una rete di treni magnetici in cui la velocità potrebbe essere di 4 mila km all'ora.
In chiusura di teleconferenza, oltre ad accennare ai temi che saranno affrontati durante l'incontro redazionale del 22-23-24 settembre a Torino, abbiamo ricordato quanto accade a Saint Louis, negli Stati Uniti, dove per la terza notte consecutiva migliaia di giovani sono scesi in strada scontrandosi con le forze dell'ordine, dopo che il Tribunale ha assolto l'ex poliziotto accusato di aver ucciso l'afroamericano Anthony Lamar Smith. In seguito ai disordini, 13 persone sono state arrestate e quattro agenti sono rimasti feriti. Negli Usa le situazioni di scontro con la polizia in ambito metropolitano stanno diventando la normalità. Oggi più che mai la banlieue è il mondo.