La teleconferenza è quindi proseguita con alcune considerazioni sulle vicende interne italiane.
Dal punto di vista politico, la chiusura temporanea dei porti della penisola per impedire lo sbarco di 629 migranti è un gesto puramente simbolico, il modo del neo-governo di fare la voce grossa con Bruxelles. Intanto, il Movimento 5 Stelle comincia a risentire dell'accordo di governo con la Lega che è uscita vittoriosa dalle ultime elezioni comunali, "rubando" voti anche a Forza Italia. Viste le contraddizioni interne, il governo giallo-verde potrebbe non avere vita lunga. I pentastellati, che hanno vinto le elezioni promettendo il reddito di cittadinanza a nove milioni di persone, non potevano che coalizzarsi con una delle forze politiche in campo al fine di formare il governo, ma ora rischiano di polverizzarsi sotto la spinta del populismo xenofobo leghista. Come tutti quelli che accettano la logica elettorale, sono precipitati nel cretinismo parlamentare conformandosi al Sistema che volevano cambiare.
La crescita di partiti e formazioni politiche dichiaratamente razziste è strettamente legata alla miseria crescente e alla guerra tra poveri che ne consegue. L'ondata xenofoba colpisce l'Europa quanto gli Stati Uniti. Donald Trump ha vinto le elezioni grazie alla promessa di costruire un muro al confine con il Messico con annessa espulsione di qualche milione di immigrati; lo stesso schema si è ripetuto con la vittoria della destra in Austria o con il successo dei partiti populisti nel resto dell'Unione. Tra Usa e Messico esistono già oltre 1000 km di muro, tra Turchia e Siria ne è stato costruito uno di 764 km, così come il filo spinato impedisce il passaggio dei profughi a Melilla, al confine tra Marocco e Spagna. La borghesia sta costruendo muri anche all'interno delle metropoli per separare l'esercito dei senza riserve dalle ville con piscina dei rappresentanti dell'1%. Barriere su barriere - che ostacolano ma di certo non fermano i flussi migratori - stanno suddividendo il mondo in un insieme di fortezze, a cui però il Capitale stesso infine si ribellerà perché intollerante alle restrizioni e ai piccoli spazi.
Detto questo, sappiamo che se a passare non è la polarizzazione di classe, allora a prevalere è la guerra tra poveri. Siccome sarà sempre di meno il valore da distribuire nella società, certe "garanzie" salteranno e caos e guerra civile aumenteranno. L'arma della concorrenza tra proletari è sempre stata utilizzata dalla borghesia, sia per scopi economici che, soprattutto, per evitare la solidarietà di classe, ma il Capitale, unificando a livello internazionale le condizioni materiali dei senza riserve, unifica anche le condizioni per la rivoluzione. A tal proposito, un compagno ha letto un passo tratto dell'articolo "La Russia nella grande rivoluzione e nella società contemporanea", apparso a puntate nei numeri 12, 13 e 14 del 1956 di Programma Comunista:
"Se la crisi non venisse mai, essi, a braccetto con Keynes e Spengler e l'avvinazzata scienza d'America, ci avranno battuti, Marx, Lenin e noi, lontani pollastri del rosso Chanteclair. E abbasseremo la cresta. Ma se crisi verrà, come verrà, non avrà solo vinto il marxismo. La risata feroce di Stalin non potrà più squillare dietro il sibilo dei primi missili, ma non varrà a nulla che, giusta la loro sporca moda, Krusciov e C. bestemmino se stessi. Per il sipario, divenuto un'emulativa ragnatela, la crisi mercantile universale morderà al cuore anche la giovane industria russa. Ciò sarà il risultato di avere unificati i mercati e resa unica la circolazione vitale del mostro capitalista! Ma chi ne unifica il bestiale cuore, unifica la Rivoluzione, che potrebbe dopo la crisi del secondo interguerra, e prima di una terza guerra, trovare la sua ora mondiale".
L'unico muro che ai proletari serve è quello di classe: una barriera che impedisca il contagio di ideologie nemiche, e in questo senso è importante rimarcare quanto scritto nell'articolo "Un programma: l'ambiente" (L'Avanguardia del 1° giugno 1913). I pacifisti, proprio come i razzisti, vorrebbero un capitalismo senza le brutture che esso stesso produce. I democratici, gli stessi che hanno foraggiato e amministrato i lager in Libia fino all'altro ieri, oggi criticano il governo Di Maio-Salvini e sfilano nelle manifestazioni #PortiAperti sull'onda della vicenda Aquarius.
A Reggio Calabria, in seguito all'omicidio di Soumaila Sacko, la Prefettura ha aperto un tavolo tecnico che riunisce i vari organismi di controllo operanti sul territorio, dalla Caritas diocesana ad Emergency, passando naturalmente per le forze dell'ordine. Sono tutti d'accordo nel voler smantellare la tendopoli per dare il via a una "zona economica speciale" dotata di container e servizi igienici. Lager più "umani", insomma.
Il Prefetto ha inoltre istituito un tavolo permanente per i lavoratori stagionali, composto dai rappresentanti della Regione Calabria, delle Organizzazioni sindacali (CGIL, CISL, UGL, USB), delle Organizzazioni datoriali di categoria (Coldiretti, Unione Provinciale Agricoltori, CIA, Copagri), dal Commissario Straordinario del Governo per l'Area di San Ferdinando, dai Sindaci dei Comuni di San Ferdinando e Rosarno, dai Commissari straordinari di Gioia Tauro, dal Dirigente dell'Ispettorato Provinciale del Lavoro, dal Dirigente del Centro per l'Impiego, dal Presidente dell'ANCI, dal referente di Libera. I braccianti africani vanno tenuti a bada e, dopo quanto accaduto, si dispiega appieno quel mostro sociale corporativo composto da una parte dalle forze dell'ordine e dalle istituzioni, e dall'altra dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni "umanitarie" e di categoria, che si muovono nell'ottica del dialogo tra le classi.
Il fatto che si sia sparato e ucciso per il furto di una lamiera in una fabbrica abbandonata dimostra il livello di barbarie raggiunto. I cartelli alzati dai braccianti mentre sfilavano per le strade di San Ferdinando ricordavano quelli della rivolta di Rosarno nel 2010: "Non siamo animali, siamo esseri umani". La ribellione al Capitale nasce proprio dal fatto che questa società è anti-umana, perché per vivere i proletari devono vendere la propria forza lavoro a qualsiasi condizione. Nella piana di Gioia Tauro abbiamo l'esempio più nitido di sfruttamento, ma il lavoro in generale si sta configurando come una moderna schiavitù. Il quotidiano La Stampa, non certo comunista, scrivendo delle condizioni di lavoro a cui sono costrette le nuove generazioni, afferma:
"La mutua è una parola che non rientra nel vocabolario dei tuoi diritti. Se non lavori non vieni pagato. Dove volevi andare in vacanza quest'anno? Programmare la tua vita diventa pressoché impossibile [...] La parola d'ordine di oggi è flessibilità. Nel senso che ti devi letteralmente piegare a qualsiasi richiesta, a qualsiasi ora, a qualsiasi prezzo. Una flessibilità a senso unico che non si rispecchia in un investimento per il futuro. Una 'nobiltà' che sta sfociando in nuove forme di schiavitù."
Un po' ovunque il movimento rivendicativo è in via d'estinzione, mentre si fa strada la ricerca di una nuova appartenenza, una comunità politica che neghi radicalmente l'esistente.
In chiusura di teleconferenza si è accennato al recente accordo tra Usa e Corea del Nord e al G7 in Canada. Dallo scenario apocalittico della guerra termonucleare si è passati a dichiarazioni conciliatorie in cui il leader nordcoreano ha promesso la fine del programma nucleare. Trump è coerente, e quelli che possono sembrare dei "colpi di testa" hanno una loro logica, perché fin dall'inizio del suo mandato il tycoon aveva annunciato che avrebbe messo in discussione i trattati TTIP e Nafta ("Ancora Trump", n+1, n. 41). Dal punto di vista sovrastrutturale stiamo assistendo a qualcosa che è già avvenuto da tempo a livello strutturale, ovvero al fatto che la leadership americana non è più tale e che la politica del nuovo governo Usa ne è il portato. Non a caso, Trump abbandona malamente il G7 in Canada e vola verso l'Asia, verso i paesi che contano, in primis la Cina.