Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  16 aprile

Catene di cause ed effetti

La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata dalla segnalazione di un articolo del Corriere della Sera, "L'Occidente tramonta davvero", a firma Sergio Romano. Secondo il diplomatico, ex ambasciatore presso la Nato, il pianeta è preda di un caos sistemico, e "la causa maggiore di questo stato di cose è il declino dell'America sulla scena internazionale. Ma anche quasi tutti i membri dell'Unione Europea stanno attraversando crisi esistenziali".

Temi non nuovi per noi: nell'articolo "Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio" abbiamo descritto un mondo capitalistico che non è più gestito "in condominio" tra Usa e Urss, ma si è trasformato in un sistema instabile e complesso maggiormente sensibile al classico "effetto farfalla". La guerra moderna non può evitare di confrontarsi con la velocità del flusso di informazioni che viaggiano attraverso la Rete, diventata ormai da anni un fondamentale campo di battaglia (vincere la battaglia informatica vuol dire avere più informazioni di quelle che possiede il nemico).

I rapporti sociali odierni sono quelli di un capitalismo stramaturo che permea di sé ogni cellula del sistema, la quale si sente in guerra perenne con le altre. Con il capitalismo l'uomo perde in assoluto qualsiasi residuo di rapporto umano con l'altro uomo e ciò si rispecchia nel modo di condurre i conflitti: con il massacro delle popolazioni inermi e lo studio scientifico per produrre sistematicamente sofferenza, con la distruzione e la morte. Attualmente in Libia siamo alla guerra di tutti contro tutti, mentre in Algeria e Sudan si susseguono proteste e rivolte che, dopo la cacciata del tiranno di turno, mettono ora in discussione anche i vertici militari (che in Sudan hanno compiuto un colpo di stato). Sulla situazione algerina un compagno ha segnalato l'articolo del manifesto "Algeria, la natura di classe della rivolta in corso", secondo cui le recenti manifestazioni sarebbero il risultato degli scioperi anche violenti degli ultimi anni.

Un sistema che non conosce sé stesso non è in grado di autoregolarsi e questo determina caos in campo militare. Gli Usa hanno invaso l'Iraq nel 2003 e dopo oltre 15 anni si sono ritirati; lo stesso discorso vale per l'Afghanistan da cui, dopo anni di massacri, autobombe e una buona dose di propaganda, gli americani se ne sono andati, accordandosi con i talebani. Alla caduta di Gheddafi in Libia erano presenti 30-40.000 cooperanti cinesi; considerati alleati del regime del colonnello, furono depredati e malmenati, i loro cantieri distrutti, gli accampamenti incendiati dai ribelli. In un paese desertico si tratta di un numero enorme di persone, e ciò fa pensare che la penetrazione soft della Cina in Africa stia crescendo di intensità.

Il Capitale si nega proprio nel mentre in cui si auto-ripara: tutte le pratiche messe in atto per evitare la caduta tendenziale del saggio di profitto si rivoltano contro chi le adopera. La classe dominante prende provvedimenti per evitare il crollo del sistema, ma così facendo agevola l'autonomizzazione del Capitale rispetto a governi e stati. Con l'introduzione dei moderni sistemi di macchine automatiche cambia la struttura del capitalismo e questo si riflette anche nel modo di fare la guerra. Gli scontri bellici trovano sempre una loro simmetria: l'apparato tecnologico di cui è dotato il soldato americano può sembrare sproporzionato rispetto a quello di cui è dotato il talebano che vive sulle montagne. Invece si stabiliscono routine di causa ed effetto per cui si arriva ad una stasi, ed eserciti incomparabili tra loro si confrontano su un determinato territorio per decenni, come nello scontro tra israeliani e palestinesi.

Il sopravvento dei sistemi integrati di macchine produce quella che gli economisti chiamano disoccupazione tecnologica e che noi chiamiamo miseria crescente. L'Italietta, con il Reddito di Cittadinanza, sta cercando di aumentare la propensione marginale al consumo ed è probabile che, immettendo qualche miliardo di euro nell'economia e facendo ripartire i consumi, il sistema si rianimi. Ma nel lungo periodo il tentativo di controllo del Capitale non può funzionare: non si può ovviare ad una crisi di sovrapproduzione aumentando la produzione. E quindi il RdC non è una manifestazione di controllo del sistema, si tratta piuttosto di una dimostrazione di perdita di energia. Non avendo più bisogno di forza lavoro nella produzione, il Capitale distribuisce soldi nella società, ma guai a quella società, dice Marx, che invece di sfruttare i propri schiavi è costretta a mantenerli.

Il RdC sarà l'ennesimo pasticcio all'italiana, però intanto non si può fare a meno di fare il paragone con la tedesca legge Hartz. In Germania il rigido piano di riforma del mercato del lavoro è ora in discussione perché non ha dato i frutti sperati; tra non molto il paese potrebbe ritrovarsi con grossi problemi interni e l'intero sistema potrebbe saltare. Potrebbe invece funzionare, per un certo tempo, il raffazzonato programma nostrano grazie agli stessi effetti che si sono visti all'opera in Portogallo, dove sono state varate nuove norme di contrasto alla povertà. Misure che potrebbero essere presto copiate da altri paesi con la speranza di muovere il PIL di qualche decimo di percentuale.

Il manifesto ha pubblicato un articolo sulla proposta di Nicola Frantoianni, segretario di Sinistra Italiana (SI) e Domenico De Masi, sulla riduzione dell'orario di lavoro: "Lavorare meno, ma tutti e a parità di salario". La proposta di legge riguarda la riduzione della giornata lavorativa a parità di salario, e propone come mezzo per ottenere i fondi necessari una patrimoniale che vada a colpire i redditi più alti:

"Con il progresso tecnologico e l'automazione si può migliorare la situazione della stragrande maggioranza della popolazione. In Italia la ricchezza è aumentata, ma le disuguaglianze molto di più. Bisogna distribuire il lavoro e aumentare gli occupati".

Sembra quasi che la borghesia sia costretta a riprendere le rivendicazioni classiche del movimento operaio degli anni '20, dal salario ai disoccupati alla drastica riduzione dell'orario di lavoro, e ciò dimostra quanto sia matura la rivoluzione. In un articolo pubblicato sul blog di Beppe Grillo, "Regno Unito: l'attuale stato sociale è al limite", è indicato il Reddito di Base Incondizionato come soluzione alla crescente polarizzazione della ricchezza:

"Il Regno Unito è la 5 economia mondiale in termini di PIL, ma è al 55 posto per quanto riguarda la lotta alla disuguaglianza e alla povertà, su 160 paesi. Il governo dice che le cose stanno migliorando, ma a dispetto dei tanti incontri internazionali e meeting che ogni anno si organizzano contro la povertà, la situazione è fuori controllo. Le prove sono sconvolgenti. Ciò ha spinto la Camera dei Comuni e il Comitato delle Pensioni a condurre un'inchiesta sul sistema di welfare del Regno Unito. Crescente debito, malnutrizione e senzatetto sono in aumento in tutto il paese. A questo possiamo aggiungere salari al di sotto della soglia di povertà, alta disoccupazione, alta insicurezza nel mercato del lavoro, tutti fattori che stanno creando in UK una situazione mai vista prima: il ceto medio sta scomparendo. Per questo si sta pensando al Reddito Base Incondizionato."

Sul sito italiano BIN Italia (Basic Income Network) vengono raccolte tutte le notizie sul Reddito di Base: la California sta arrivando al traguardo nella proposta di un assegno mensile contro la povertà, mentre in Germania da mesi va avanti il dibattito sull'introduzione di un reddito di base. Anche in Italia è attiva una corrente che continua a battere su questo tema, criticando da sinistra il RdC targato M5S e proponendo misure più radicali di "lotta alla povertà". Ne è un esempio il libro Reddito di base, tutto il mondo ne parla. Esperienze, proposte e sperimentazioni a cura di Sandro Gobetti e Luca Santini.

Lo sviluppo della produttività del lavoro porta all'aumento della sovrappopolazione assoluta, quella parte di umanità che non è più necessaria alle esigenze di valorizzazione del Capitale ma è fondamentale per sostenere i consumi. Intelligenza artificiale, robotica, disoccupazione e miseria: i borghesi non riescono più a nascondere i processi epocali di cambiamento/crisi in corso, solo che non disponendo di una teoria del divenire sociale brancolano nel buio e mettono delle toppe che - a lungo andare - sono peggio del buco.

Articoli correlati (da tag)

  • Vedere oltre la catastrofe

    La teleriunione di martedì sera è iniziata affrontando il tema delle imminenti elezioni americane.

    Come nota The Economist nell'articolo "The risk of election violence in America is real", il termometro sociale negli USA registra l'aumento della tensione, con toni da guerra civile. Nel nostro testo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo scritto che "la direzione del moto storico, l'andare verso... è irreversibile. Se il determinismo ha un senso, gli Stati Uniti sono ciò che la storia del globo li ha portati ad essere."

    La polarizzazione economica e politica negli USA è il prodotto di una dinamica storica che possiamo far partire almeno dal 1971, quando il presidente Nixon eliminò l'ancoraggio del dollaro all'oro. Gli Stati Uniti assommano su di sé tutte le contraddizioni del capitalismo mondiale, e non è un caso che proprio lì sia nato un movimento avanzato come Occupy Wall Street che, nei suoi due anni di esistenza, ha voltato le spalle alla politica parlamentare, al leaderismo e al riformismo. Interessante, a tal proposito, la descrizione che viene fatta di Occupy Sandy nel libro Emergenza. Come sopravvivere in un mondo in fiamme di Adam Greenfield:

  • Cresce la tensione ovunque

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la situazione di guerra in Medioriente.

    Recentemente, le forze di difesa israeliane hanno preso di mira le basi UNIFIL presenti nel sud del Libano, lungo la "linea blu", con il chiaro intento di farle evacuare. Nell'attacco sono state distrutte le telecamere e le torrette di osservazione, e ci sono stati alcuni feriti tra i caschi blu. I ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno manifestato il loro disappunto, mentre Israele ha dichiarato di aver precedentemente invitato il comando UNIFIL a ritirarsi. Le truppe dell'ONU sono presenti in Libano dagli inizi degli anni '80 in quanto "forza militare di interposizione", ma evidentemente il tempo della mediazione è finito per lasciare spazio a quello della guerra aperta.

  • Dall'impero americano, al caos, alla rivoluzione

    La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dall'intervento di Lucio Caracciolo al festival di Limes a Genova 2024 ("Dall'impero americano al caos").

    Le determinazioni materiali spingono gli analisti di politica ed economia internazionale ad affermazioni forti. Caracciolo sostiene che le guerre in corso riguardano la transizione egemonica, ma che nei fatti non c'è nessun nuovo candidato alla guida di un mondo post-USA, e prevede una fase più o meno lunga di caos. Va ricordato che, almeno dagli anni Settanta, si è scoperto che non esiste il caos fine a sé stesso. Gli studi sui sistemi dinamici e la complessità ci indicano l'esistenza di un caos deterministico, nel quale vi sono attrattori strani che rappresentano un nuovo tipo di ordine. Il caos non è dunque il punto di arrivo, ma rappresenta la transizione ad una nuova forma sociale. I teorici dell'autorganizzazione, ad esempio Stuart Kauffman, descrivono il margine del caos come quella "terra di confine" che rende possibili nuove configurazioni.

    Nella rivista monografica "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" abbiamo descritto la guerra, apertasi dopo il crollo del blocco sovietico, il miglior nemico degli USA. Quel mondo bipolare aveva trovato un equilibrio fondato sulla deterrenza nucleare ("Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio"), che oggi è venuto meno anche dal punto di vista demografico: gli americani sono circa 300 milioni mentre il resto del mondo conta oltre 7 miliardi e mezzo di abitanti. E poi, di questi 300 milioni, la maggioranza non fa parte del sistema dell'1%: lo testimoniano l'ultima ondata di scioperi e il fatto che l'esercito abbia problemi con l'arruolamento. Si sono affacciate sul mondo nuove grandi potenze, in primis la Cina, che già solo per il fatto di esistere e crescere, economicamente e militarmente, mettono in discussione il primato degli Stati Uniti.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email