Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  16 luglio 2019

Squilibri

La teleconferenza di martedì 16 luglio, a cui hanno partecipato 8 compagni, è cominciata dallo "scandalo" dei fondi russi alla Lega.

In realtà, per quanto ne dica Repubblica, c'è ben poco di cui scandalizzarsi: la Russia ha sempre agito in questo modo, mettendo da parte quanto necessario per incastrare il malcapitato di turno per poi ricattarlo e costringerlo a fare qualcosa. Da leggere, a tal proposito, il testo di Marx Rivelazioni sulla storia diplomatica segreta del XVIII secolo.

La Russia è poco europea, ha caratteristiche asiatiche, ed è un paese fortemente centralizzato. Lo afferma lo stesso Vladimir Putin in una recente intervista al Financial Time, in cui denuncia il fallimento del liberalismo, il principio sui cui si reggerebbero i governi dell'Occidente che oggi soffrono di una "frattura tra il popolo e la classe dirigente". Secondo il presidente russo, inoltre, "la guerra fredda era una cosa cattiva, ma almeno c'erano delle regole, che tutti i protagonisti delle relazioni internazionali dovevano rispettare in un modo o nell'altro"; oggi invece il mondo è frammentato e caotico.

Difficile sapere cosa si celi dietro l'affaire Lega, è decisamente più utile concentrare l'attenzione sulle alleanze e gli schieramenti imperialistici odierni. La situazione è molto fluida e si fatica a capire chi è nemico di chi (vedi atteggiamento schizofrenico degli Stati Uniti verso la Corea del Nord). Non è quindi un'esagerazione dire che siamo alla guerra di tutti contro tutti.

In rapporto al Prodotto Mondiale Lordo il valore internazionale delle merci scambiate è al livello del 1913, e gli sbocchi per la sovrapproduzione di manufatti si stanno restringendo. Le economie di Usa e Cina sono complementari: gli Usa esportano diritti e brevetti, la Cina compra il debito pubblico americano, la Russia esporta petrolio e materie prime ed è quindi un paese arretrato. Gli unici interlocutori del duo Usa-Cina sono i paesi europei, in primis la Germania. La Cina, che produce quasi il 95% della fornitura mondiale di terre rare (i cui elementi chimici sono contenuti in quasi tutti i dispositivi tecnologici), è in una condizione di monopolio assoluto, ma nessuno - almeno per adesso – può muovergli guerra... anche se questa prima o poi scoppierà con tanto di fantaccini terrestri. Bisogna comunque ribadire che è sempre più difficile compattare il fronte interno, come ben si osserva in Francia con le manifestazioni dei gilet gialli (che sono arrivati all'#Acte35 della protesta) e con gli scontri sugli Champs-Elysées a Parigi in occasione della festa del 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia.

Gli stati, anche quelli occidentali, sono sull'orlo del collasso, e piccoli fatti come il blackout di qualche ora avvenuto a New York (a poche settimane da quello in Sudamerica) ci danno l'idea di cosa potrebbe succedere qualora queste interruzioni di energia si prolungassero nel tempo (come il blackout del 1977). Il tema è stato affrontato da Roberto Vacca nel romanzo La morte di megalopoli.

Si è poi passati a parlare della "questione spaziale" in relazione all'anniversario dello sbarco sulla Luna, e un compagno ha segnalato l'articolo "Al via la Stazione Spaziale Lunare. Nel 2022 il primo modulo del Gateway, in orbita tra la Terra e la Luna" di Focus.

Dalla prima corsa alla conquista dello spazio all'insegna del gigantismo, si è passati al piccolo e bello (il Falcon 9 di Elon Musk ha portato in orbita una sessantina di satelliti per il progetto Starlink). Fino a qualche tempo fa i macchinari lanciati in orbita pesavano migliaia di chilogrammi, negli ultimi anni i satelliti spediti in gran quantità nello spazio per scopi militari e civili pesano una cinquantina di kg. Nell'articolo "Orbital ecosystem", l'Economist passa in rassegna le start-up che si sono buttate in questo promettente business e rivela che si sta formando un vero e proprio sistema di piccoli vettori e satelliti che presto satureranno lo spazio intorno alla Terra. Gestire tutte queste macchine orbitanti diventa complicato, e infatti il nuovo problema per il business spaziale è il rischio detriti. La preoccupazione è che, con così tanti nuovi veicoli spaziali gestiti da così tante compagnie, si possa perdere il controllo del sistema. Una collisione potrebbe essere disastrosa, producendo un'ondata di detriti con un'alta probabilità di spazzare via altri satelliti, paralizzando l'intero ecosistema commerciale in un colpo solo.

Le aziende stanno andando nello spazio perché questo offre un punto di vista diverso sul nostro pianeta, consentendo loro di raccogliere nuove informazioni e grandi quantità di dati (big data), in precedenza inaccessibili. Questo mercato è dunque in crescita, tanto che SpaceX, l'azienda aerospaziale di proprietà di Musk, è valutata più di Tesla che si occupa della produzione di auto elettriche e pannelli fotovoltaici. Lo scrive Fanpage nell'articolo "Ora è Spacex (e non Tesla) a rendere più ricco Elon Musk":

"Dei 22,4 miliardi di dollari che costituiscono il patrimonio personale di Musk, circa due terzi (14,6 miliardi) sarebbero costituiti proprio da SpaceX, mentre circa un terzo (7,6 miliardi) dalle attività di Tesla – un rapporto che fino a pochi anni fa era invertito."

A proposito delle attività di Musk, sembrerebbero esserci delle novità riguardo al progetto Neuralink, quello che punta a connettere attraverso degli elettrodi il cervello umano al computer. Un argomento per certi versi inquietante, che vedremo di approfondire prossimamente.

Articoli correlati (da tag)

  • Il crollo dell'ordine economico mondiale

    La teleriunione di martedì sera è iniziata prendendo spunto dall'ultimo numero dell'Economist ("The new economic order", 11 maggio 2024), che dedica diversi articoli alla crisi mondiale in atto.

    Secondo il settimanale inglese, a prima vista il capitalismo sembra resiliente, soprattutto alla luce della guerra in Ucraina, del conflitto in Medioriente, degli attacchi degli Houthi alle navi commerciali nel Mar Rosso; in realtà, esso è diventato estremamente fragile. Esiste, infatti, un numero preoccupante di fattori che potrebbero innescare la discesa del sistema verso il caos, portando la forza a prendere il sopravvento e la guerra ad essere, ancora una volta, la risposta delle grandi potenze per regolare i conflitti. E anche se non si arrivasse mai ad uno scontro bellico mondiale, il crollo dell'ordine internazionale potrebbe essere improvviso e irreversibile ("The liberal international order is slowly coming apart").

    Il fatto che un periodico come l'Economist, rappresentante del capitalismo liberale, arrivi a parlare di un ordine economico prossimo al collasso è da annoverare tra quelle che la Sinistra definisce "capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte al marxismo". L'infrastruttura politica a guida americana che faceva funzionare le relazioni tra gli stati è andata in frantumi. Organismi nati per risolvere le controversie mondiali, ad esempio il WTO, non riescono a promuovere il commercio internazionale, che negli ultimi anni ha registrato una frenata, e a far ripartire un ciclo virtuoso di accumulazione. Secondo il settimanale inglese, i sussidi e gli aiuti all'economia nazionale, e i dazi e le sanzioni agli stati concorrenti, anche a causa della guerra (secondo il gruppo di ricerca Global Sanctions Database, i governi di tutto il mondo stanno imponendo sanzioni con una frequenza quattro volte superiore a quella degli anni '90), rappresentano una minaccia all'economia di mercato rendendo più difficile la ripresa globale. Negli ultimi anni hanno smesso di crescere gli investimenti transfrontalieri, anche in conseguenza alle misure protettive adottate dagli stati; si sono sviluppate forme di pagamento che bypassano i circuiti standard; si sta combattendo una guerra che non produce ufficialmente vittime, ma che è alla base dello sconvolgimento in corso: la guerra per detronizzare il dollaro.

  • La guerra è dissipazione di energia

    La teleriunione di martedì sera è iniziata discutendo dell'evoluzione degli attuali scenari di guerra.

    Gli Stati, anche quelli importanti come USA e Federazione Russa, faticano a tenere il passo nella produzione di munizioni necessaria per il conflitto in corso in Ucraina. Il Fatto Quotidiano riporta alcuni dati significativi: nel giugno 2022 i Russi sparavano 60 mila colpi al giorno, a gennaio del 2024 ne sparavano 10-12 mila contro i 2 mila dell'esercito avversario. Senza l'aiuto dell'Occidente l'Ucraina sarebbe già collassata, ma ora l'America ha delle difficoltà: "Gli Usa, il principale fornitore di proiettili di artiglieria dell'Ucraina, producono 28mila munizioni da 155 mm al mese con piani di aumento della produzione a 100mila entro il 2026." La fabbricazione di tali quantità di munizioni comporta uno sforzo nell'approvvigionamento di materie prime, e infatti c'è una corsa all'accaparramento di scorte di alluminio e titanio. Già l'anno scorso l'Alto rappresentante UE per la politica estera, Josep Borrell, affermava: "In Europa mancano le materie prime per produrre le munizioni da mandare all'Ucraina".

  • Capitale destinato ad essere cancellato

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un focus sulla situazione economico-finanziaria mondiale.

    Abbiamo già avuto modo di scrivere delle conseguenze di una massa enorme di capitale finanziario (il valore nozionale dei derivati è di 2,2 milioni di miliardi di dollari) completamente slegata dal Prodotto Interno Lordo mondiale (circa 80 mila miliardi annui). Quando Lenin scrisse L'Imperialismo, fase suprema del capitalismo, il capitale finanziario serviva a concentrare investimenti per l'industria, che a sua volta pompava plusvalore. Oggigiorno, questo capitale non ha la possibilità di valorizzarsi nella sfera della produzione, perciò è destinato a rimanere capitale fittizio e quindi, dice Marx, ad essere cancellato.

    Nell'articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo sottileneato che è in corso un processo storico irreversibile, e che non si tornerà più al capitale finanziario del tempo di Lenin e Hilferding. In "Non è una crisi congiunturale", abbiamo ribadito come il rapido incremento del capitale finanziario è una conseguenza del livello raggiunto dalle forze produttive. La capacità del capitale di riprodursi bypassando la produzione materiale è un'illusione, e il ritorno alla realtà è rappresentato dallo scoppio delle bolle speculative. Ogni strumento finanziario è necessariamente un espediente per esorcizzare la crisi di valorizzazione, nella speranza di poter trasformare il trasferimento di valore in creazione del medesimo.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email