In questi giorni è morto a Pechino il "macellaio" Li Peng, l'ex primo ministro cinese in carica durante la rivolta di piazza Tienanmen, repressa dall'intervento dell'Esercito di Liberazione Popolare. Da allora è completamente cambiato il comportamento dello Stato e della polizia. Durante le proteste del 1989 il governo cinese lasciò fare gli studenti, dato che tutto sommato non davano troppo fastidio; ma non appena ci fu il sentore che cominciassero a muoversi gli operai delle fabbriche, scattò la repressione ferocissima. Oggi le polizie di tutto il mondo si stanno preparando ad affrontare scenari del genere, predisponendo l'utilizzo di attrezzature e mezzi di tipo militare in contesti urbani (vedi Progetto Nato SAS 30 Urban Operation in the year 2020).
Attualmente in Cina è all'opera un sistema di sorveglianza composto da milioni di telecamere che monitora costantemente la popolazione. Le immagini raccolte e lavorate attraverso apparecchiature software per il riconoscimento facciale sono milioni. Come afferma Gnosis, la rivista italiana d'intelligence, i big data sono cruciali per vincere le sfide del futuro in campo commerciale e soprattutto bellico. Il monitoraggio della popolazione attraverso l'identificazione dei volti ricorda il romanzo fantascientifico Rapporto di Minoranza di Philip K. Dick, da cui è stato tratto il film Minority Report diretto da Steven Spielberg.
Gli apparati repressivi hanno sempre cercato di prevedere il comportamento delle masse tramite l'uso delle tecnologie e il controllo delle informazioni. Ma emerge un paradosso. Facciamo un esempio: se in un ambiente chiuso viene posto un termostato collegato a un climatizzatore che rinfresca l'aria quando fa troppo caldo, allora l'ambiente si omeostatizza su una determinata temperatura. Ciò però non vale per il capitalismo perché esso è un modo di produzione non omeostatico basato sulla crescita continua, D-M-D', e perciò ogni equilibrio raggiunto è precario. Ad Hong Kong lo stato ha permesso che venisse occupato il Parlamento, in modo da abbassare la temperatura sociale ed evitare reazioni a catena. Sembra che gli apparati statali non diano troppa importanza ai simboli e badino più alla dinamica delle manifestazioni, specialmente quando queste coinvolgono masse ingenti di atomi sociali. Teniamo presente che, al contrario di qualche anno fa, i movimenti sociali non prendono più in considerazione i tavoli delle trattative, non hanno leader con cui confrontarsi, ma avvengono e basta, con la stessa potenza con cui si manifestano i terremoti o le eruzioni vulcaniche.
La borghesia ha imparato a non farsi influenzare dai fatti superficiali (come la devastazione di una sede politico-amministrativa), spostando invece l'attenzione sul piano militare, quello risolutivo per affrontare la cosiddetta questione sociale. A tal proposito, abbiamo ricordato la Mission Italcon, quando l'Italia, dal 1982 al 1984, ha ricoperto il comando di un settore del Libano con il compito di mantenere la pace. Il comandante della missione, Franco Angioni, esaltò la capacità degli italiani nella gestione dell'operazione, peculiare rispetto alle altre forze presenti: mentre gli altri paesi si facevano coinvolgere ideologicamente dagli schieramenti di guerra, i militari italiani si comportarono freddamente, cercando di risolvere problemi pratici e tenendo una vasta area sotto il cessate il fuoco senza subire grosse perdite, grazie ad una rete di alleanze e trattative intessuta con i potentati locali e le varie fazioni in lotta. Anche in questo caso l'Italia ha fatto scuola? Oggi gli stati sono costretti sempre più ad utilizzare metodi militari per affrontare situazioni di crescente instabilità sociale.
Se nelle grandi manifestazioni che si son viste negli ultimi tempi sembra esser venuta meno la massiccia presenza del proletariato classico, quello in tuta blu, è però cresciuta quella della popolazione proletarizzata, che non ha più rivendicazioni legate al posto di lavoro, e si organizza con telefonini e social network per supplire all'organizzazione di fabbrica. Insomma, il proletariato è tutt'altro che assente in questi movimenti, e ha la possibilità di organizzarsi in maniera molto più potente rispetto al passato. E questo terrorizza la borghesia.
Si è poi passati a parlare degli effetti del caldo che sta sferzando da giorni l'Europa. Si tratta di fenomeni più o meno estremi che portano con sé le interminabili discussioni sul riscaldamento globale, il buco dell'ozono, ecc. Sarà anche vero che l'aumento dell'anidride carbonica provoca il riscaldamento della biosfera, ma la meteorologia ci dice che anche in passato ci sono stati cataclismi giganteschi. L'indagine della crosta terrestre testimonia che nel corso della storia del pianeta si sono attivate energie cinetiche che non riusciamo quasi ad immaginare, ovviamente in epoche in cui non esistevano gli esseri umani. Da una parte bisogna tener conto che il capitalismo sta rovinando il pianeta e ci sono processi di estinzione in corso, dall'altra possiamo stare tranquilli circa la salute della biosfera la quale può spazzare via il fastidioso bipede in un batter d'occhio. I dibatti fra i sostenitori della catastrofe ecologica e coloro che ritengono i fenomeni d'oggi irrilevanti rispetto al passato, finiscono per non prendere seriamente in esame, dal punto di vista scientifico, quello che sta succedendo: il sistema borghese non conosce sé stesso, e quindi non ha un metodo per prevedere cosa gli accadrà, per fare scienza della società. L'attuale classe dominante, per quanto tecnologicamente e militarmente attrezzata, è in preda all'irrazionalità: è come una nave senza nocchiere in gran tempesta.