In generale manifestazioni globali possono innescarsi per qualsiasi motivo in qualunque momento: l'aumento del prezzo del carburante (Francia), una legge sull'estradizione (Hong Kong), l'aumento del prezzo dei beni di prima necessità (Sudan), l'indignazione per la corruzione governativa (Algeria, Puerto Rico, Romania). Superata una certa soglia, il tratto comune diventa la lotta contro lo stato, o meglio contro lo stato di cose presente. Queste mobilitazioni incidono inoltre sull'economia. In Francia le proteste dei gilets jaunes hanno fatto perdere credibilità al paese e danneggiato il turismo; ad Hong Kong, scrive Il Sole 24 Ore, "Disordini, manifestazioni e scioperi impongono un costo all'attività economica, che rallenta: le vendite al dettaglio sono in frenata del 10% e il turismo cala, non solo per i minori flussi dalla Cina. L'agenzia di rating internazionale Fitch, che l'11 giugno ha confermato il rating AA+, ha ribadito i rischi per Hong Kong in caso di perdita di fiducia da parte degli investitori internazionali."
Volgendo lo sguardo all'Europa, la situazione che appare agli occhi dell'osservatore è instabile. Boris Johnson, primo ministro del Regno Unito, ha affermato davanti alla Camera dei comuni che la Brexit avverrà il 31 ottobre, con o senza accordi con l'UE. La Brexit (vedi l'articolo "Lo Stato nell'era della globalizzazione") è uno di quei processi che avvengono perché determinate strutture non reggono più al proprio peso, per cui si sviluppano contraddizioni che nessuno è in grado di risolvere. L'Inghilterra non ha più la struttura da grande paese imperialista: possiede navi e aerei datati, che le impediscono, tra l'altro, di mettere in atto una qualsiasi risposta sul campo all'Iran che recentemente ha sequestrato una sua petroliera. La Spagna non riesce a formare un governo e a tre mesi dalle elezioni si vocifera di farne già di nuove. Il governo italiano è alle prese con una guerra intestina che vede contrapposti M5S e Lega su temi quali Tav, Flat Tax e riforma della giustizia. La Turchia, alleato storico degli Usa nel Mediterraneo, si sta svincolando da tale rapporto, acquistando armi e sistemi di difesa dalla Russia. Questo disordine generalizzato si riflette anche nelle politiche nazionali, con governanti che risultano personaggi da avanspettacolo, non contano nulla né hanno programmi politici.
In Italia il Movimento 5 Stelle si è candidato a neutralizzare le proteste di piazza "parlamentarizzando" la rabbia sociale e presentandosi come alternativa di sistema. Adesso la sua spinta si è esaurita e la borghesia dovrà inventarsi nuove soluzioni, nuovi partiti che svolgano opera di pompieraggio. Ma è difficile farlo quando non si riesce a gestire la situazione dal punto di vista economico: il reddito di cittadinanza doveva essere un aiuto statale finalizzato all'ingresso dei disoccupati nel mondo del lavoro: per adesso si configura come un salario ai disoccupati (molto basso e selettivo), problematico da togliere qualora cadesse il governo.
La società tende a esasperare i suoi estremi generando un polo in cui sta la classe borghese con le sue rappresentanze politiche, e un altro in cui è concentrato chi non ha rappresentanze di sorta entro il sistema. Da una parte l'1%, dall'altra il 99%. Per questo da anni masse numerose di persone come non si vedevano da tempo sono scese in lotta, lasciando sul terreno morti e feriti. Come abbiamo scritto nella newsletter numero 234, in Grecia, in Spagna, in Bulgaria e in Romania erano stati attaccati i parlamenti, ma senza conseguenze. Adesso, in Cina, i manifestanti nel parlamento ci sono entrati, devastandolo. Lo stato ha lasciato fare, la polizia ha ricevuto l'ordine di non intervenire. Hong Kong confina con Shenzhen, uno di poli industriali della Cina continentale, con dodici milioni di abitanti e già coinvolta nelle precedenti manifestazioni in stile Occupy. Questo è il problema: lo stile Occupy non ha tavolo di trattative, non avanza rivendicazioni, non ha leader che mediano.
La legge del valore, quella che sta alla base del modo di produzione capitalistico, non funziona più tanto bene: le merci ad alto contenuto tecnologico costano sempre meno, anche grazie all'enorme logistica mondiale che ha come punta avanzata Amazon (che oltre a essere un distributore sta diventando un produttore di merci). Il fatto che i robot siano utilizzati nelle fabbriche, nei magazzini e nei trasporti, porta una grossa fetta dell'umanità ad essere espulsa per sempre dal mondo del lavoro. Il prezzo di produzione continua ad abbassarsi e così bisogna produrre sempre più merci per avere lo stesso saggio di profitto: la sovrapproduzione è un male endemico della presente forma sociale, e allo stesso tempo è un fenomeno che riguarda la transizione di fase (Vulcano della produzione o palude del mercato?).
Siamo allo scontro tra due mondi: la forma economica sociale con più alto rendimento soppianterà quella a minore rendimento per mezzo di una rottura rivoluzionaria. Quella capitalista è la società in cui il plusvalore rende possibile la riproduzione allargata, ma quando si rende impossibile tale riproduzione vengono intaccati i suoi processi vitali. Le manifestazioni antisistema sono un'evidente conseguenza di tutto questo, perché il disagio sociale si basa su situazioni materiali, dai bassi salari alla vita senza senso.
La società capitalista non parla di futuro, ma si concentra sul passato o al massimo sul presente. Non si fanno programmi, non si fanno progetti sociali, si naviga a vista. The Economist, la bibbia dei capitalisti, quando tratta della battaglia tra Usa e Cina per il Prodotto Interno Lordo e per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, lo fa in termini puramente quantitativi senza rendersi conto che invece la Cina è qualitativamente più moderna degli Stati Uniti. Washington ha treni, reti ferroviarie e sistemi energetici che cadono a pezzi, mentre in Cina si costruiscono strade, città, metropolitane e ferrovie da centinaia di chilometri. Qualcosa di epocale sta accadendo.
Eppure governanti miopi pensano di affrontare tali cambiamenti prendendosela con gli immigrati: invece di cogliere l'occasione di sfruttare qualche milione di stranieri come peraltro suggerito da qualcuno qualche tempo fa (The Economist), li cacciano aizzando l'odio contro i neri e rassegnandosi a vedere drasticamente diminuita la propria popolazione. Il declino demografico è una tendenza che si sta traducendo in "un vero e proprio calo numerico di cui si ha memoria nella storia d'Italia solo risalendo al lontano biennio 1917-1918, un'epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell'epidemia di 'spagnola'", ha dichiarato il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, nel Rapporto annuale dell'Istituto di statistica. Un paese che invecchia è un paese morto.
In chiusura di teleconferenza, un compagno ha segnalato una notizia pubblicata su Business Insider, secondo cui la polizia italiana avrebbe sviluppato un software (XLAW) per prevenire i fatti criminali, dagli scippi alle rapine. Calcolando i dati statistici prodotti dalla società, il programma sarebbe in grado di prevedere con una certa esattezza i crimini che si verificheranno in un determinato quartiere in una data ora. Queste strategie di controllo del territorio possono essere utili per prevenire episodi isolati, ma non possono niente contro movimenti di milioni di uomini, su cui non si può intervenire con mezzi (repressivi) ordinari.