La differenza tra mondo del nato e mondo del prodotto, tra il biologico e la macchina, si fa sempre più sfumata; per citare Kevin Kelly, il sistema è completamente out of control. I borghesi studiano con attenzione questi fenomeni, mentre, paradossalmente, quelli che si richiamano al comunismo (e cioè alla società futura), li snobbano. Sotto la spinta di determinazioni potentissime la società presente produce importanti capitolazioni ideologiche di fronte al "marxismo", per esempio con la descrizione dell'evoluzione extra-organica della nostra specie (A. Leroi Gourhan, Il gesto e la parola), oppure introducendo nello studio della società la "fisica della storia" (M. Buchanan, Ubiquità, Nexus, L'atomo sociale ), oppure ancora applicando all'analisi del capitalismo il secondo principio della termodinamica (J. Rifkin, Entropia). La situazione per la borghesia è tutt'altro che rosea: mentre qualche sinistro la vede all'attacco del proletariato, a noi sembra terrorizzata dalle sollevazioni in corso in giro per il mondo. Sollevazioni che, tra le altre cose, non rivendicano nulla, sono senza leader, e inedite.
Il capitalismo si trova in una situazione davvero difficile, perché ciò che è messo in forse non è tanto la distribuzione della ricchezza, quanto la sua produzione. Nella formula del saggio di profitto il capitale costante (macchine, sistemi, logistica) è al denominatore, perciò se questo aumenta diminuisce il saggio. Con l'introduzione dei robot nelle fabbriche cambia completamente il modo di produrre, il rapporto tra uomo e macchina. Lo scontro tra modi di produzione è, in ultima analisi, scontro tra differenti rendimenti energetici. La rivoluzione in corso è stata ben descritta da Italo Calvino in Lezioni americane:
"La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d'acciaio, ma come i bits d'un flusso d'informazione che corre sui circuiti sotto forma d'impulsi elettronici. Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso."
Non si tratta di lottare per ottenere maggiori garanzie in questa società, ma per una forma sociale completamente diversa: il proletariato non ha nulla da difendere, ma un mondo da guadagnare oltre il capitalismo. Il passaggio dalla pesantezza alla leggerezza ha degli effetti anche sulla struttura del partito della rivoluzione, che sarà organico, a rete, teso verso il futuro.
In Italia, il ministro per gli affari regionali ha proposto all'associazione dei sindaci di utilizzare i percettori del reddito di cittadinanza per fare gli "assistenti civici", e cioè gli addetti al controllo del territorio affinché siano rispettate le norme di anti-Covid. La borghesia ha un blocco ideologico insuperabile: anche se le macchine liberano per sempre lavoro umano, bisogna in qualche modo legare il reddito alla coazione al lavoro, al sacrificio, anche con delle difficoltà enormi, dato che, in questo caso, sarebbe quantomeno azzardato impiegare persone non preparate per un lavoro di polizia moralizzatrice. Questa è la società dello sciupio, della dissipazione, dello spreco, come abbiamo scritto nell'articolo "L'outsourcing globale". Pur di mantenere in piedi l'attuale modo di produzione, la potenza produttiva sociale viene mortificata. Detto questo, ci sono dei limiti che non possono essere superati: la componente di lavoro umano contenuta mediamente nelle merci risulta una percentuale irrisoria e, ad un certo punto, la legge del valore risulta invalidata, perché non si può estrarre da pochi operai tanto plusvalore quanto se ne estrae da molti sfruttati meno.
Le banche centrali sono costrette ad intervenire energicamente per tenere in vita un modo di produzione moribondo. Negli ultimi due mesi le Banche centrali del G-10 operano sul mercato acquistando ogni ora asset per un valore di 2,4 miliardi di dollari. Una spirale economica da incubo, che dimostra che tutti i meccanismi di valorizzazione stanno saltando. Buenos Aires non riesce neppure a vendere materie prime come grano e carne a causa della restrizione dei mercati internazionali. La Turchia, nel giro di pochi anni, è precipitata in una situazione pesantissima, sia sul lato economico che su quello dei rapporti interimperialistici, data la sua presenza negli scenari di guerra in Siria, Iraq, Libia. La lira turca ha perso l'80% del valore rispetto al dollaro negli ultimi 10 anni. Quando le banche centrali sono impegnate in un intervento così massiccio (la FED ha retrodatato i rating di credito ritenuti accettabili per operazioni di rifinanziamento), significa che siamo di fronte ad un capitalismo che sta subendo trasformazioni strutturali profonde.
Dal punto di vista produttivo, politico, finanziario, dalla miseria crescente alla fragilità degli stati, tutto è legato. La nostra corrente ha ampliato il concetto di proletariato ai senza riserve, mettendo in contrapposizione l'antiforma con la riforma e la conforma ("Tracciato d'impostazione", 1946). Le rivolte esplose negli ultimi anni si caratterizzano per una persistenza e una diffusione dovute ad un'unica causa: la crisi della legge del valore. Le recenti manifestazioni in Cile, Ecuador, Bolivia, Francia, Libano, Hong Kong esprimono un disagio profondo verso condizioni di vita che stanno peggiorando drasticamente. In Francia, il movimento dei gilet jaunes, evidentemente interclassista, esprime l'incapacità della classe dominante francese di inglobare le istanze all'interno dello stato corporativo, generando quel collante che ha tenuto unite le classi nel secondo dopoguerra. L'autonomizzazione di interi strati sociali è dovuta alla disgregazione dello Stato, fenomeno che i borghesi valutano con preoccupazione dato che è proprio lo Stato l'elemento principale responsabile dell'ordine della società.
In "Marasma sociale e guerra", scritto sull'onda della Primavera araba, ci eravamo focalizzati sui paesi che erano stati attraversati da importanti manifestazioni e rivolte nel corso del 2011. Oggi, a distanza di qualche anno, il numero degli stati coinvolti è aumentato notevolmente, anche in Occidente. In Sudamerica le manifestazioni stanno prendendo una piega radicale: in Ecuador la popolazione è scesa in piazza contro le condizioni di miseria assoluta crescente; in Cile, gli abitanti dei quartieri della periferia sud di Santiago hanno messo in atto dure proteste perché non hanno di che vivere, e nella zona si stanno formando strutture di mutuo soccorso che ricordano quelle viste all'opera con Occupy Wall Street e, ultimamente, in piazza Tahrir a Baghdad.
Nei manifesti e negli slogan in Ecuador e Cile emerge chiaramente la disperazione delle popolazioni alle prese con la fame. Una situazione catastrofica che non tarderà a manifestarsi anche nei paesi a vecchio capitalismo. Ciò che conta è che il partito del proletariato (partito di minoranza), in quanto unico elemento a rappresentare il futuro, possa dare un'impronta di classe a questi movimenti. Come scritto in "Fiorite primavere del Capitale", le classi che si mettono in moto possono essere anche quelle non direttamente beneficiarie dei risultati della rivoluzione, in primis la piccola borghesia in crisi. All'interno dei grandi sconvolgimenti rivoluzionari, le situazioni sociali si capovolgono e le classi che nel capitalismo avevano un ruolo costruttivo possono adottare compiti distruttivi verso il capitalismo stesso. Scrive Marx ad Annenkov (Bruxelles, 28 dicembre 1846):
"Gli uomini non rinunciano mai a ciò che essi hanno conquistato, ma ciò non significa che essi non rinuncino mai alla forma sociale in cui hanno acquisito determinate forze produttive. Tutto al contrario. Per non essere privati del risultato ottenuto, per non perdere i frutti della civiltà, gli uomini sono forzati a modificare tutte le loro forme sociali tradizionali, non appena il modo del loro commercio non corrisponde più alle forze produttive acquisite."