In Italia, l'Istat registra nel secondo trimestre il crollo del tasso di occupazione dei giovani sotto il 40%. Per il quarto mese consecutivo l'inflazione segna -0,5%, il dato peggiore dal luglio 2016. In un rapporto di Coop 2020 si nota che "gli italiani riducono il raggio della mobilità e delle attività fuori casa". In generale, da quando è iniziata la pandemia il mondo ha bruciato oltre 12mila miliardi di PIL. La miseria sociale è cresciuta e con essa il numero delle rivolte, che tendono a sincronizzarsi a livello mondiale. Il fatto che ultimamente i media ufficiali comincino a parlare di salario ai disoccupati e riduzione dell'orario di lavoro è dovuto alla preoccupazione per la tenuta sociale, alla luce di quanto sta succedendo negli Usa, in Francia, dove sono tornati in piazza i gilet gialli, e in Colombia, dove gli scontri tra manifestanti e la polizia hanno provocato diversi morti e centinaia di feriti. Si tratta di movimenti di piazza che non hanno più una dimensione rivendicativa, ma vanno direttamente allo scontro con lo stato.
L'economista Guy Standing, intervistato dal Fatto Quotidiano (15.09.20), ha affermato che "la pandemia ha innescato la recessione, non l'ha causata. È come l'assassinio dell'Arciduca nel 1914, che fu solo la miccia della Prima guerra mondiale". Secondo Standing, per uscire da questa situazione è necessario "un nuovo patto sociale" basato su un reddito universale di base, una sorta di dividendo sociale; il reddito di cittadinanza targato M5S è un primo passo, ma non basta: "è molto meglio dare a tutti un reddito universale e poi riprenderlo dai ricchi con le tasse, per evitare che ne godano anche i vari Berlusconi". La proposta è quella di un reddito garantito per tutti, più razionale della selva di misure particolari, dalla cassa integrazione al REI, dai bonus ai vari provvedimenti di assistenza sociale.
Dalla sua entrata in vigore, il reddito di cittadinanza vincolato all'obbligo al lavoro si è dimostrato un fiasco, per il semplice fatto che pochi hanno trovato un'occupazione. Questa è la società della dissipazione: esiste un'apposita industria che gestisce la disoccupazione con l'assunzione di personale impiegato per trovare lavoro ai disoccupati, il quale poi magari diventa disoccupato anch'esso ("L'outsourcing globale"); per non parlare del business dei corsi di formazione, che vede coinvolti anche i sindacati. Invece di mantenere questo mostro corporativo improduttivo, alcuni borghesi cominciano a pensare che sarebbe il caso di ordinare un po' il sistema, distribuendo incondizionatamente il reddito a chi ne ha bisogno. Ma, evidentemente, ci sono degli ostacoli difficili da superare. I confederali, ad esempio, invece di iniziare una battaglia per la riduzione dell'orario di lavoro, propongono un nuovo piano occupazionale puntando a risolvere, una alla volta, le 150 vertenze aperte a livello nazionale (che coinvolgono circa 200 mila lavoratori). Sono posizioni di retroguardia e quindi prive di futuro. I bonzi sindacali hanno un bel gridare a gran voce che il lavoro è sacro, che è un diritto sancito dalla Costituzione, che nobilita l'uomo. Quando il lavoro viene eliminato dal moderno sistema di produzione, esso non è né sacro né maledetto, è semplicemente superfluo ("Diritto al lavoro o libertà dal lavoro salariato?").
La religione del lavoro fa dimenticare che le soluzioni ci sarebbero già. Con la pandemia, ad esempio, abbiamo visto spuntare bonus per le piccole imprese, per i bottegai, per i precari, e l'Europa ha addirittura sospeso il Patto di Stabilità dando la possibilità agli stati di sforare il deficit. Quando servono, i soldi si trovano e le compatibilità economiche vengono messe da parte. Il capitalismo è già una società che si auto-difende distribuendo reddito ai meno abbienti, anche se per adesso lo fa in maniera insufficiente e disordinata.
Lo sciupìo è insito nel processo di produzione capitalistico. Nel quaderno Scienza economica marxista come programma rivoluzionario abbiamo individuato alcune fonti di passivo sociale: 1) sciupìo nella produzione; 2) sciupìo nella necessità di garantirsi un capitale anticipato (immobilizzi); 3) sciupìo nella circolazione propriamente detta (spese di circolazione); 4) sciupìo nella contabilità a base di valore; 5) sciupìo nel bisogno di moneta; 6) sciupìo nella conservazione della moneta e delle merci; 7) sciupìo nella insensata circolazione nazionale e internazionale delle merci.
Eliminando queste fonti di dissipazione si potrebbe razionalizzare l'erogazione di energia sociale, in modo da ridurre considerevolmente l'orario di lavoro fino a trasformare tutto in tempo di vita. Milioni di esseri umani, oggi disoccupati, parcheggiati in attesa di non si sa bene cosa, potrebbero partecipare al metabolismo sociale. Arriviamo a queste conclusioni facendo un confronto con il futuro, non certo con il passato.
Tra le forme di sciupìo possiamo aggiungere anche l'enorme spreco di energia sociale dovuto alla "vita senza senso", che alimenta i business della droga, dei farmaci, ecc. Ci sono borghesi che scrivono libri di denuncia sui drammi provocati dal capitalismo, ma a noi non interessa una condanna di tipo morale, bensì la dimostrazione scientifica che una forma sociale a più alto rendimento energetico estingue quella a più basso rendimento. La borghesia rattoppa il sistema, ma permanendo il dualismo tra produzione sociale e appropriazione privata, l'anarchia della produzione resta e con essa lo sciupìo sociale. L'abbiamo visto anche durante le riunioni sulla grande socializzazione: tra le due guerre presero piede teorie e spinte razionalizzatrici mondiali che puntavano a una programmazione dell'economia (tecnocrazia, planismo, ecc.), eppure, operando la legge del valore, i risultati furono scarsi. La produzione industriale ha bisogno di piano, ma l'esistenza di interessi privati impedisce una pianificazione generale della produzione.
Il mondo sta abbandonando la pesantezza per puntare sulla leggerezza. Non si tornerà più alla fabbrica fordista di novecentesca memoria: oggi i robot, i computer e la Rete eliminano in massa il lavoro delle tute blu, ma anche quello dei colletti bianchi. Il processo è stato analizzato a fondo da Jeremy Rifkin, che nel 1995 ha scritto La fine del lavoro, consigliando ai governi di ridurre l'orario di lavoro e aumentare i salari.
Riferendosi al futuro, alcuni settori della borghesia parlano di "Global Green New Deal", transizione energetica, decarbonizzazione, politiche più restrittive contro le emissioni di CO2. Circola inoltre la notizia che l'Italia potrebbe diventare un hub per la produzione di energia per tutta l'Europa importando l'idrogeno prodotto dagli impianti solari del Nord Africa. Sappiamo bene che l'unico modo per la specie di ottenere un sostanziale risparmio di energia, tale da permettere il passaggio dal regno della necessità a quello della libertà, è quello di superare l'attuale energivoro modo di produzione.