Nel conflitto moderno non ci sono più i fantaccini terrestri che si sparano dalle rispettive trincee e che possono fraternizzare, si fa perciò difficile trasformare la guerra imperialista in guerra civile. Negli anni è intervenuto un cambiamento epocale, sia per quanto riguarda gli armamenti e le dottrine militari, sia per quanto riguarda l'assetto del capitalismo. Non dobbiamo dimenticare la guerra informatica, la cyber war, e soprattutto il fenomeno risorgente e tenace delle partigianerie.
La borghesia è costretta a rivoluzionare continuamente il suo modo di produzione, quindi il modo di estrarre plusvalore. Oggi siamo in una situazione in cui il capitale ha grossi problemi di accumulazione e il D', che non riesce a ricavare dalla produzione, tenta di crearlo nella circolazione, cosa evidentemente impossibile. Nella rivista monografica "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo visto che con la scomparsa delle vecchie colonie i paesi imperialisti hanno cominciato una colonizzazione interna. Negli anni '50 la corrente a cui facciamo riferimento diceva: "Nell'ultimo colonialismo, i bianchi colonizzano i bianchi" (dove ovviamente il colore denota uno stato sociale e non un pigmento).
Le rivoluzioni anticoloniali hanno dato modo di estendere la rete capitalistica al mondo interno e di sviluppare a livello globale le basi del comunismo (saggi di società futura). Tutte le ultime rivoluzioni nazionali borghesi (Algeria, Angola, ecc.) sono esplose sull'onda delle lotte del proletariato urbano e non della campagna. Le previsioni sulla guerra non si possono fare limitandosi ad elencare chi ha più portaerei, chi più cannoni o un maggior numero di soldati. Con le armi di precisione guidate da remoto (vedi film Good Kill di Andrew Niccol) ormai la potenza di un missile è tale che anche una portaerei super protetta non è al sicuro. Uno scontro inter-imperialistico oggi non può che essere totale: la guerra non è un fenomeno che si lascia adoperare, va fino in fondo e chi è sconfitto perde tutto.
Storicamente Washington e Pechino non sono nemici, e oggi sono legati a doppio filo perché la prima compra le merci della seconda, la quale investe nel debito pubblico della prima. In questa fase non avrebbe senso uno scontro diretto tra i due colossi, mentre è molto probabile la moltiplicazione di conflitti regionali e di proxy war. Le guerre in Afghanistan, Libia, Siria, Yemen, trovano poco spazio sulle pagine dei giornali ma esistono, con città rase al suolo e campi profughi sempre più estesi. Non esiste più un periodo di pace inframezzato da uno di guerra, abbiamo invece un continuum di conflitti più o meno cruenti. Quello che è successo negli Usa, con il recente assalto dei manifestanti pro-Trump al Campidoglio, è un sintomo della disgregazione dello stato federale americano, nonostante il suo primato politico, militare e tecnologico.
Oltre ai grandi blocchi imperialisti di Cina e America, non se ne intravedono altri in formazione: l'Europa è tutt'altro che un polo unitario, mentre la Russia non ha un potere imperialistico rilevante sullo scacchiere mondiale. Il numero di Limes di febbraio, intitolato "L'Italia al fronte del caos", è dedicato al Mediterraneo conteso e allo Stretto di Sicilia, soglia tra Italia e Caoslandia. La guerra moderna è endemica e diffusa, e riguarda il mondo intero, instabile e alle prese con un caos crescente. L'Italia, per la sua posizione geostorica, è una portaerei protesa sul Mediterraneo e molto vicina alla linea di faglia dei Balcani. Rischia di fare la fine del vaso di coccio tra vasi di ferro. Buona parte del Nordafrica è in preda a "marasma sociale e guerra", e gli stati si stanno dissolvendo spingendo milioni di senza riserva ad imbarcarsi verso le metropoli occidentali.
Siamo poi passati a commentare la campagna vaccinale anti-Covid-19 in corso.
Italia, Spagna, Francia, Germania hanno sospeso la somministrazione del vaccino di AstraZeneca in seguito ad alcuni decessi sospetti. A breve l'agenzia europea del farmaco potrebbe comunque dichiararlo affidabile, riabilitando il prodotto dell'azienda anglo-svedese. Ma si è ormai diffusa tra le popolazioni l'idea di società farmaceutiche interessate unicamente al profitto, e sembra che ciò produrrà ripercussioni sull'adesione alla campagna vaccinale. In Italia 4,8 milioni di persone hanno ricevuto la prima dose di vaccino, mentre solo 2 milioni hanno fatto il richiamo. In Inghilterra, Stati Uniti e Israele le vaccinazioni procedono veloci, mentre il Brasile è nel caos e ha registrato 2841 morti per Covid-19 in un solo giorno. I vaccini non sono comunque la soluzione finale, lo dice anche il documento redatto dal gruppo di lavoro Iss, Ministero della Salute, Aifa e Inail ("Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione anti-COVID-19"):
"La vaccinazione anti-COVID-19 è efficace nella prevenzione della malattia sintomatica, ma la protezione non raggiunge mai il 100%. Inoltre, non è ancora noto se le persone vaccinate possano comunque acquisire l'infezione da SARS-CoV-2 ed eventualmente trasmetterla ad altri soggetti."
Ogni azienda deposita un brevetto per il proprio vaccino anti-Covid-19, nel mondo ce ne sono già decine, e nessuna pensa di collaborare con le altre. Il fiume di capitali che gira attorno a questi farmaci ammonta a circa 150 miliardi di dollari ed è facile supporre che i colpi bassi per battere la concorrenza in questo succulento business non manchino. Badando esclusivamente all'interesse economico, la borghesia ha come priorità quella di non fermare la produzione di plusvalore, non certo di tutelare la specie. Abbiamo letto un comunicato di un infermiere e delegato della CGIL che descrive la situazione in cui versa l'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo:
"Non pensavo di riparlare dopo un anno sostanzialmente degli stessi problemi. Aumentano giornalmente i ricoveri per variante covid, l'età media dei ricoverati si è abbassata e colpisce anche giovani con nessuna comorbilità, molte unità operative sono state riconvertite in settori covid, l'ospedale è investito in pieno dalla 3a ondata, riduzione di sale operatorie, di attività ambulatoriale, riduzione di ricoveri, reparti che vengono spostati e accorpati ad altri, di nuovo bloccate ferie e congedi al personale sanitario ormai stufo di questa situazione ma nonostante tutto sempre in prima linea nella cura dei pazienti."
Se a marzo del 2020, data l'impreparazione generale, qualcuno poteva anche giustificare tutta una serie di errori commessi (eppure le direttive dell'OMS erano chiare), ritrovarsi dopo un anno in questa situazione la dice lunga e dimostra come la borghesia sia una classe che va allo sbaraglio, trascinandosi dietro il resto della società. Questo modo di produzione, nonostante i mezzi tecnici e scientifici a disposizione, proprio non riesce a realizzare piani globali d'intervento, i quali invece servirebbero, soprattutto durante una pandemia. Si continua perciò a rincorrere gli eventi invece di anticiparli.