Se il fascismo è un fenomeno storico di portata internazionale e non una manifestazione estetica legata alle camicie nere, allora diventa difficile immaginare cosa possa fare il capitalismo per inglobare ulteriormente i sindacati e il proletariato nel suo stato. Esiste un limite storico: la crescita della forza produttiva cozza contro i vecchi rapporti sociali (Lenin: "I rapporti di economia e di proprietà privata formano un involucro che non corrisponde più al suo contenuto"). La crisi storica del sindacato è la stessa che attraversa il sistema del lavoro salariato. Se va in crisi uno ne risente anche l'altro. E' per questo che l'attuale presidente del Consiglio ha sentito la necessità di abbracciare di fronte ai fotografi il segretario della CGIL davanti alla sede vandalizzata in Corso d'Italia a Roma. Curiosamente, il ministro dell'Interno in carica si professa antifascista ma si lamenta che la polizia è disarmata visto che le norme di piazza che risalgono al 1931 (regio decreto n. 773) non le teme più nessuno.
Marx ne Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte (1852) afferma: "La rivoluzione sociale del secolo decimonono non può trarre la propria poesia dal passato, ma solo dall'avvenire. Non può cominciare a essere sé stessa prima di aver liquidato ogni fede superstiziosa nel passato". Ogni movimento rivoluzionario, per essere tale, deve legarsi al futuro e voltare le spalle alla vecchia società, ovvero alla superstizione democratica e parlamentare.
Le posizioni no vax sono presenti anche tra le fila del sindacato (soprattutto quello di base) e nei posti di lavoro. Nella base della CGIL serpeggia un certo disagio, soprattutto tra i delegati, che devono farsi carico della difesa degli iscritti non vaccinati e che non hanno indicazioni chiare dai vertici.
In mancanza di un partito di classe in possesso di una precisa visione del futuro, il proletariato è in balia delle ideologie di altre classi (Marx: "L'ideologia dominante è quella della classe dominante"), non esprime una sua autonomia programmatica. Noi non abbiamo il mito del proletariato: se esso non è classe per sé è classe per il Capitale. Negli ultimi anni infatti abbiamo visto operai che si incatenavano ai cancelli delle aziende o che facevano lo sciopero della fame per difendere il posto di lavoro o la fabbrica che stava per chiudere chiedendo implicitamente ai capitalisti di non essere più tali, invece di rivendicare un salario per i senza lavoro.
Comunque, a prescindere da quello che i proletari pensano di sé stessi, quando la situazione è matura, scoppia la rivolta. Gli uomini, per conservare ciò che hanno raggiunto in questa società, e che stanno perdendo, sono costretti ad iniziare un'epoca di rivoluzione sociale (Lettera di Marx ad Annenkov, 1846). La scintilla che ha dato il via alla sommossa di Hong Kong è stata la contestata legge sull'estradizione. In Cile erano altre le motivazioni, così come in Libano o in Francia. Il marasma sociale si va sincronizzando al di là delle bandiere o delle parole d'ordine che vengono lanciate. In Inghilterra, prima sono scese in piazza un milione di persone contro la Brexit e subito dopo un altro milione perché favorevoli alla stessa. Quando la coperta diventa corta le molecole sociali iniziano a fibrillare in maniera del tutto caotica.
Nell'editoriale della rivista n. 19 (2006), "La banlieue è il mondo", abbiamo scritto che le rivoluzioni sono fenomeni "sporchi": le classi non si presentano immediatamente separate tra di loro, vi sono sfumature e sovrapposizioni. Nelle manifestazioni che ci sono state ed in quelle che ci saranno in futuro, sarà certa la presenza attiva di agenti d'influenza. La presenza dello Stato non è solo quella visibile, ma esso è presente anche con l'utilizzo di agenti anonimi che si attivano in determinati momenti e cercano di influenzare l'andamento di una manifestazione o di uno sciopero, attraverso partigianerie create ad arte. In questo scenario estremamente complesso, i comunisti dovrebbero essere gli agenti dell'antiforma, una voce aliena che dal futuro chiama a raccolta contro il capitalismo. Quindi essi rifiutano di farsi arruolare nelle rispettive partigianerie, nel vortice dell'immediatismo, nei dibattiti imposti dalla borghesia. L'argomento all'ordine del giorno oggi sembra essere il "green pass", ma c'è ben altro che bolle in pentola: le conseguenze della bolla immobiliare in Cina, i colli di bottiglia nella logistica, la finanziarizzazione dell'economia e il rincaro del prezzo delle materie prime.
Il prezzo dell'acciaio è quadruplicato nel corso degli ultimi anni; schizzati in alto anche quello di rame, ferro, legno. Siccome il gas naturale è già molto caro (200 dollari al barile), presto salirà anche il prezzo del petrolio. Tutti temono un'ondata inflattiva nei prossimi mesi. La semola è più cara del 90% rispetto al 2019, il mais del 50%, la soia del 60%. Il rincaro dei costi di produzione determina un aumento dei costi dei depositi bancari, delle tariffe pubbliche (trasporti, servizi), ecc. La crisi energetica in Cina ha provocato frequenti blackout e la chiusura di diverse aziende che producono merci per l'Occidente. Il 9 ottobre è rimasto completamente al buio il Libano, stato tecnicamente fallito. Anche l'Inghilterra fa i conti con la mancanza di carburanti e dei beni di prima necessità. In Italia è annunciato dai portuali il blocco dei maggiori porti e potrebbero esserci conseguenze per tutta la catena logistica. I blackout, gli attacchi hacker, il problema dell'approvvigionamento di merci nei supermercati, sono problemi che non riguardano un futuro lontano e indefinito.
Ciò che la classe dominante teme maggiormente non sono tanto i movimenti contro la "dittatura sanitaria", quanto la possibilità che il proletariato cominci a muoversi per obiettivi propri. Il fascismo ha vinto in Italia e si è esteso al resto del mondo perché ha inglobato la classe operaia e le sue organizzazioni nello stato elargendo in cambio le briciole che cadevano dal banchetto imperialista: pensioni, malattia, indennità di licenziamento, assegni familiari, ecc. Durante la ricostruzione postbellica, il corporativismo si è perfezionato coprendosi con la veste democratica e antifascista. In questo processo storico i sindacati hanno svolto un ruolo di primo piano, ponendosi come difensori della Costituzione e delle istituzioni democratiche. Il patto corporativo, uscito vincitore dalla Seconda Guerra mondiale, è ancora in piedi ma in profonda crisi. Il sistema capitalista perde energia, si disgrega, è inefficiente, e quindi la famiglia, la parrocchia, la fabbrica, i partiti, i sindacati, vedono venir meno la loro funzione ("Una vita senza senso", n+1 n. 18).
Per Marx la dissoluzione delle vecchie forme sociali è accompagnata simmetricamente dall'emergere di quelle nuove, a più alto rendimento energetico.
I teorici della complessità danno estrema importanza a quello stato dei sistemi che è l'orlo del caos, o margine del caos, quel luogo in cui si incontrano ordine e disordine, e dove si ipotizza sia nata la vita (alcuni scienziati parlano di caos deterministico). Lo stesso fenomeno lo affronta la nostra corrente nell'articolo "Attivismo" (1952), in cui si sostiene che "allorché tutto sembra franare e andare in rovina (la macchina statale, la gerarchia sociale, lo schieramento politico borghese, i sindacati, la macchina propagandistica), la situazione non sarà mai rivoluzionaria, ma sarà a tutti gli effetti controrivoluzionaria, se il partito rivoluzionario di classe sarà deficitario, male sviluppato, teoricamente traballante."