I prezzi della benzina americana hanno raggiunto i 3 dollari al gallone, i blackout hanno travolto Cina e India e l'Europa è ostaggio di Vladimir Putin per la fornitura di carburante.
Vanno così a farsi benedire tutti i buoni propositi ecologisti tipo Green New Deal, e la fanno da padrone, come al solito, le nude e crude esigenze del modo di produzione capitalista.
Sempre l'Economist lancia l'allarme sulla spirale salari-prezzi: sia la crescita dei salari che l'inflazione sono insolitamente elevate. La paga oraria sta crescendo negli Usa e in Germania, anche a causa della mancanza di manodopera in seguito alla ripresa dei consumi post-lockdown.
Il salario è l'unica variabile indipendente, la richiesta di cospicui aumenti salariali spaventa capitalisti e governanti perché il loro sistema si regge sulla produzione di plusvalore. Abbiamo accennato, a tal proposito, alla recente ondata di scioperi negli Usa ("Striketober: American workers take to the picket lines").
Il mondo sta andando verso la catastrofe da tutti i punti di vista: economico, ecologico e sociale, ma questo non si traduce automaticamente in una polarizzazione di classe. Il dualismo di potere è ancora molto lontano, i movimenti oggi sulla piazza sono perlopiù etichettabili come interclassisti.
La società fibrilla ma per adesso non emerge nulla di nuovo dal caos. Si prepara invece un grande disordine.
In Spagna il 26,4% dei cittadini è a "rischio" povertà" e il 9,6% in povertà estrema, 4,5 milioni vivono in famiglie a reddito straordinariamente basso. La maggior parte delle persone in grave povertà (72%) sono spagnole, con un livello di istruzione medio (53%) o alto (17,9%), con un lavoro (27,5%) e con una casa (95,2%).
Il Papa, attento osservatore delle dinamiche sociali, in un recente videomessaggio all'incontro dei Movimenti Popolari ha affermato che occorrerebbe introdurre "il salario universale e la riduzione della giornata lavorativa". Bergoglio le definisce "misure necessarie" anche se "non sufficienti".
Anche in Italia, dove secondo l'Istat quasi sei milioni di persone vivono una condizione di povertà assoluta, è arrivato un po' di "marasma sociale", con le piazze di Roma, Milano e il porto di Trieste teatro di scontri. E a proposito di porti, sono numerosi nel mondo, da Los Angeles al Regno Unito, gli scali in tilt; gli analisti osservano una strozzatura dei meccanismi delle catene di approvvigionamento, un grande imbottigliamento del flusso delle merci.
Per quanto riguarda il problema dell'inflazione abbiamo ricordato quanto scritto nel III Libro de Il Capitale, sezione VII, "I redditi e le loro fonti": il profitto (guadagno d'imprenditore più interesse) e la rendita non sono altro che forme particolari assunte da particolari parti del plusvalore delle merci.
L'aumento dei prezzi porta una parte sempre più ampia del plusvalore a trasformarsi in rendita. Il rentier ci guadagna e l'industriale ci perde. Su una carenza effettiva di materie prime si innesta la speculazione, e quindi il prezzo delle stesse oscilla tra rialzi e ribassi sui listini azionari.
Prima c'è la variazione del prezzo di produzione, poi c'è la speculazione (la penuria di container fa schizzare in alto il costo dei noli marittimi, più che triplicato nel giro di un anno). Altri esempi di follie del capitalismo moderno sono la speculazione sui Bitcoin (schizzato sopra i 60.000 dollari) o quella dell'anno scorso sul petrolio, con gli scambi che avevano raggiunto un picco negativo.
Abbiamo ribadito la necessità di rifiutare ogni forma di partigianeria, specie quelle sì-green-pass/no-green-pass, dato che entrambe, pur essendo agli antipodi, sono accomunate dalla necessità di far ripartire al più presto le produzioni, di mandare a lavorare gli operai e di tenere aperti negozi e attività imprenditoriali.
C'è anche da dire che il concetto di libera scelta o libero arbitrio (tanto preteso, quanto inesistente!) non appartiene al lessico dei comunisti.
L'umanità è ancora nella sua fase preistorica: i raggruppamenti sociali hanno bisogno di simboli e slogan dietro cui marciare, che siano religiosi o ideologici poco importa, oppure di parole senza chiaro contenuto empirico come, appunto, "libertà".
Siamo anti-indifferentisti, nel senso che seguiamo con attenzione tutto quello che succede nelle piazze, anche in quelle animate da forze interclassiste o reazionarie, cercando di individuare le cause materiali che portano le molecole sociali ad agitarsi e a muoversi in una direzione invece che in un'altra, e dando il giusto peso a quello che dicono i manifestanti di sé stessi.
Il vaccino è un grande business per le case farmaceutiche, e questo è ovvio, ma è anche un mezzo di contrasto della pandemia, uno dei pochi oggi a disposizione.
La fine delle restrizioni in Inghilterra sta portando ad un aumento dei casi di Covid19, in Russia cresce il numero dei morti (più di mille in un giorno) per complicanze riconducibili al Coronavirus. A causa dell'incertezza dei dati ufficiali su nuovi casi e decessi, The Economist ha sentito la necessità di realizzare un suo modello basato su un centinaio di coefficienti correttivi, il più importante dei quali è il differenziale del numero di deceduti fra il periodo pandemico e quello precedente ("The pandemic's true death toll").
Bisogna essere drastici sulla questione dei vaccini, e cioè contrastare le ondate di irrazionalità che arrivano a lambire pure ambienti "comunisti". Si dimenticano, anche molti che si definiscono marxisti, che la scienza non è aggettivabile, non è né borghese né proletaria, ma è il livello di conoscenza raggiunto in una determinata epoca.