In seguito alle recenti notizie riguardo i massacri e le fosse comuni rinvenute in Ucraina, la presidente della Commissione Europea Von der Leyen ha dichiarato che i paesi membri stanno pensando ad ulteriori sanzioni che comporterebbero il blocco delle forniture di carbone e petrolio dalla Russia, e il divieto di attracco per le navi russe nei porti europei. E il presidente americano Biden ha annunciato un piano per aiutare l'Europa a porre fine alla dipendenza dal gas russo. L'America non può esportare una quantità di gas sufficiente a soddisfare le esigenze europee ("America's gas frackers limber up to save Europe", The Economist), inoltre le infrastrutture necessarie per far fronte alle importazioni di gas non sono riadattabili in così poco tempo: ricevere carichi di gas naturale liquefatto dagli Usa e convertirli in gas naturale utilizzabile richiede grandi impianti per la rigassificazione.
I marxisti sanno che quando si parla della compravendita di petrolio, gas o derrate agricole si parla di flussi di valore che viaggiano da una parte all'altra del mondo. Ciò che conta per la rendita capitalistica non è tanto la materia prima, e cioè il suo valore d'uso, ma ciò che ci sta dietro, il valore di scambio. Il valore prodotto a livello globale trova espressione monetaria nel dollaro, ancora presente nella stragrande maggioranza degli scambi giornalieri valutari globali, e questo fa sì che gli Stati Uniti continuino ad intascare una rendita dal mondo. Essi vivono di quanto prodotto da altri in virtù del loro potere di deterrenza. Nel Capitale Marx scrive: "Ogni rendita fondiaria è plusvalore, prodotto di pluslavoro". Le minacce della Russia di scambiare petrolio e gas in rubli, le voci sull'accordo tra Arabia Saudita e Cina per usare lo yuan per la vendita del petrolio sono tutti tentativi di mettere i bastoni tra le ruote all'America, ossia mettere in discussione la posizione monopolistica del dollaro. Persino un generale dell'esercito italiano come Fabio Mini arriva ad dire che "con questa 'economia finanziaria coloniale' la ricchezza americana è pagata dal resto del mondo".
Romano Prodi, intervistato da Repubblica (4/4/2022), afferma che la Russia ha tutto l'interesse a continuare a vendere gas ai paesi europei, e bloccare i flussi provocherebbe contraccolpi economici in Europa ma anche al suo interno. Pechino, che viene fatta passare come un alleata di Mosca, ha un giro di affari con Usa ed Europa dieci volte superiore rispetto a quello con la Russia. La situazione mondiale si può definire schizofrenica: l'economia cinese è strettamente collegata a quella americana, ma ciò non toglie che Pechino espanda la propria sfera d'influenza in Africa, in Asia centrale e nel Mediterraneo, pestando i piedi agli Usa. Una situazione da cui difficilmente il mondo capitalistico uscirà con un passaggio di consegne post-americano. La staffetta imperialistica si chiude con gli Usa, e quello che sta succedendo in Ucraina è la prima puntata di una serie che continuerà nei prossimi anni. Questa è l'epoca che abbiamo definito "Marasma sociale e guerra", tant'è vero che siamo di fronte, come afferma il capo della Chiesa Cattolica, ad una terza guerra mondiale combattuta a pezzi. In seguito ai rincari delle materie prime stanno scoppiando rivolte in vari paesi, dal Sudan allo Sri Lanka, dall'Albania al Perù.
I conflitti d'oggi vedono un ampio utilizzo di mercenari e il tentativo di coinvolgimento delle popolazioni, ma allo stesso tempo sono anche guerre degli stati conto la propria popolazione (basti pensare alle azioni condotte dai reparti speciali della polizia brasiliana nelle favelas). La guerra è da intendersi a 360 gradi: da quella mediatica a quella cibernetica, da quella per procura fino alle moderne partigianerie. I senza-riserve scendono in piazza a causa dell'impennata dei prezzi e i governi rispondono con il coprifuoco, schierando l'esercito e sparando. Fino a quando il capitalismo era nella sua fase ascendente c'erano margini per distribuire le briciole che cadevano dal banchetto imperialista, ma da tempo esso ha perso energia, arranca, è un cadavere che ancora cammina. Si fanno strada perciò dei movimenti anti-formisti, che mostrano la tendenza alla rottura con l'esistente. L'esperimento Occupy Wall Street negli Usa ha indicato la direzione.
La Prima e la Seconda guerra mondiale sono scoppiate per l'accaparramento di porzioni di territorio. La guerra moderna è differente, serve più che altro per controllare parti di territorio che altrimenti sprofonderebbero nel caos, come nei casi siriano e libico. L'Iran, ad esempio, è considerato ufficialmente dagli Usa un paese da contrastare, ma essi lo utilizzano per controbilanciare il ruolo della Russia in Medio Oriente, con la quale hanno rapporti di tipo tattico in Siria. E' avvenuto anche un cambiamento sostanziale nel modo di fare la guerra, lo dimostra l'invasione russa dell'Ucraina: missili ipersonici, armi cibernetiche, droni ridimensionano di molto il fattore umano in battaglia.
Perché un ex generale della Cia sostiene che la Russia ha già vinto la guerra, mentre un altro afferma che invece l'ha persa? Evidentemente, nemmeno ai piani alti ci capiscono un granché.
Il modello militare russo prevede l'occupazione di snodi strategici del territorio nemico, il mantenimento di posizioni di disequilibrio, e il mantenersi lontano dalle metropoli, che sono trappole per l'invasore. La Russia, almeno ufficialmente, sta difendendo la parte della popolazione russa presente in Ucraina, costringendo i nemici a contrattaccare e quindi a sfruttare la difesa. Essa rivendica la "supremazia aerea" nel paese nemico già dai primi giorni di invasione. Giulio Dohuet, generale italiano teorico della guerra aerea, nel 1921 pubblicò il trattato Il dominio dell'aria, nel quale sosteneva la straordinaria efficacia dei bombardamenti aerei, capaci di stroncare ogni possibilità di resistenza nemica, materiale e morale, e scriveva che "per assicurare la difesa nazionale è necessario e sufficiente mettersi nelle condizioni di conquistare, in caso di conflitto, il dominio dell'aria". Le forze dell'Armata Sovietica si sono ritirate dall'Afghanistan perché gli Usa avevano rifornito i mujaheddin dei micidiali stinger, un sistema d'arma missilistico capace di mettere in scacco le forze aeree sovietiche, facendogli perdere così il vantaggio di cui disponevano.
Negli scritti sulla guerra di Crimea (1853-1856), Karl Marx auspicava che la potenza russa fosse sconfitta dall'Occidente e andasse a portare la civiltà nelle sterminate steppe asiatiche, poiché essa poteva svolgere un ruolo rivoluzionario solo volgendosi verso est. La Russia è spinta da determinazioni geostoriche a dirigersi verso quell'area, cioè quella intorno al Kazakhistan.
In un moderno wargame gli stati devono anche tenere presente che le popolazioni, soprattutto quelle dei paesi a vecchio capitalismo, non sono più disponibili a farsi intruppare come in passato, hanno troppo da perdere. In queste settimane sentiamo i media mainstream sparare a raffica slogan di questo tipo: "il popolo ucraino si difende dall'aggressione russa", "armiamo la resistenza ucraina", "aiutiamo l'Ucraina rinunciando ai nostri benefici". I sinistri si appellano al "diritto alla libertà e all'autodeterminazione del popolo ucraino", ma ignorano che la questione nazionale e coloniale è chiusa per sempre, e per due semplici ragioni: 1) non esistono Stati che non abbiano compiuto la propria rivoluzione borghese nazionale; 2) non ci sono più le colonie. E, comunque, le ultime rivoluzioni nazionali borghesi (Congo, Algeria, Angola, Mozambico) avevano un carattere urbano ed erano improntate a metodi proletari più che contadini.
Oltre alla martellante divulgazione di regime, ci sono poi le anime belle che invocano l'articolo 11 della Costituzione: l'Italia ripudia la guerra. La propaganda bellica che entra nelle case attraverso le televisioni è abilmente affiancata da una finta opposizione extraparlamentare che lavora incessantemente non per il superamento dello stato di cose presente, ma per la sua riforma.