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  • Resoconto teleriunione  1 febbraio 2022

Guerra interconnessa

Durante la teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 21 compagni, abbiamo commentato l'articolo "The technology of seeing and shooting your enemies", apparso sulla rivista The Economist e dedicato all'analisi della guerra occorsa nel 2020 tra Azerbaigian e Armenia per il Nagorno-Karabakh, un'enclave di etnia armena all'interno del territorio azero.

L'approfondimento proposto dal settimanale inglese è interessante perché mette in luce le dinamiche che si sono sviluppate durante il conflitto. L'Azerbaigian dispone di un equipaggiamento militare risalente all'era sovietica ma si procura da Israele e Turchia i droni TB2 e Harop, che si rivelano fondamentali per la vittoria. I velivoli acquistati, in grado di lanciare bombe e missili e di effettuare attacchi "kamikaze" ai radar nemici, sbaragliano in pochissimo tempo i mezzi d'artiglieria e le postazioni missilistiche armene. Lo scontro, seppur breve (è durato 44 giorni), è seguito con attenzione dagli esperti militari di tutto il mondo, poiché individuano in esso alcuni degli elementi che potrebbero caratterizzare i futuri conflitti, anche ad una scala maggiore.

Fu verso la fine degli anni '70 che i teorici militari sovietici iniziarono a parlare di "reconnaissance-strike complex", un sistema a rete in cui, ad esempio, un aereo da combattimento può incanalare dati riguardo un bersaglio e guidare un missile da crociera lanciato da una nave. I famigerati velivoli F-35, oltre ad essere difficilmente individuabili da radar ostili, possono lanciare munizioni guidate di precisione, raccogliere informazioni e funzionare come dei giganteschi router volanti, instradando dati da e verso gli aerei vicini. Questo sistema estremamente integrato tra sensori e armi fa sì che il tempo di reazione in caso di scontro sia alquanto ridotto; come dice il generale australiano Mick Ryan, "se pensiamo di essere stati individuati, abbiamo dieci minuti e se non ce ne siamo andati, siamo morti". Ergo: il movimento di uomini e mezzi diventa estremamente pericoloso.

Significativo l'esempio riportato dall'Economist riguardo gli smartphone: nel corso degli anni questi telefoni cellulari si sono rimpiccioliti sempre più, sono diventati meno dispendiosi dal punto di vista energetico, e hanno incorporato al loro interno strumenti avanzati (giroscopi, fotocamere, microfoni, ecc.), dotandosi di un sistema integrato che funziona grazie a wi-fi, bluetooth e torri di telefonia mobile. Se ognuno di noi ha in tasca un aggeggio così potente e può comprarsi un drone per uso civile, figuriamoci di cosa può disporre un esercito.

Le guerre d'oggi dimostrano che c'è una simbiosi sempre più spinta tra uomo e tecnologia, ed infatti il combattente moderno è una specie di cyborg. La ricognizione aerea sul campo di battaglia raccoglie talmente tanta informazione che non è più possibile scinderlo dal sistema di trasmissione. Le attuali apparecchiature belliche hanno la capacità di scoprire, identificare e colpire a distanza, un'abilità mai esistita prima nella storia.

L'obiettivo della guerra è vincere, conquistare territorio, imporre la propria volontà, come diceva Carl von Clausewitz. Grazie ai conflitti bellici l'industria guadagna moltissimo e una guerra permanente le gioverebbe di certo, ma così come il capitalismo rivoluziona il suo modo di produrre, esso rivoluziona anche le armi che produce. La necessità di occupare il territorio tramite la fanteria rimane (Guerre stellari e fantaccini terrestri) ma, senza dubbio, le grandi flotte, le divisioni corazzate e gli stormi di bombardieri avranno sempre meno peso nei conflitti futuri. La convinzione che la guerra serva alla classe dominante per distruggere i mezzi di produzione in eccesso, rilanciare il capitalismo e dissanguare il proletariato ricorda più un fantomatico piano diabolico che la realtà, dove la distruzione che solitamente segue agli scontri militari è una conseguenza e non lo scopo.

Nel braccio di ferro in corso tra Russia e Stati Uniti, chi ne paga le conseguenze è la Germania, dato che l'attivazione di Nord Stream 2, il gasdotto attuato da Gazprom in collaborazione con società tedesche, seppur completato è in stand-by. Se l'infrastruttura, di grande valore geostrategico, entrasse in funzione, raddoppierebbe le forniture di gas naturale dalla Russia alla Germania.

La flotta navale russa è nel Mediterraneo e la Nato, chiarisce il ministero della Difesa italiano, "sta seguendo la navigazione del gruppo navale sin dalla partenza, avvenuta a metà gennaio dai porti di Severomorsk (Flotta del Nord) e da Baltijsk (Flotta del Baltico), e continuerà a monitorarne il transito. Né le Forze Nato e né la formazione navale russa hanno posto in essere comportamenti o volontà escalatorie". Quello in corso è un grande un wargame in cui ognuno osserva l'altro, muove pedine sullo scacchiere e mette in atto mosse e contromosse.

Interessante l'intervista di Claudio Gallo al generale Fabio Mini riguardo i libri di Qiao Liang, ex generale maggiore dell'aviazione dell'Esercito Popolare di Liberazione. Mini è un osservatore lucido delle dinamiche economiche e militari mondiali, e individua come grande nemico degli Usa l'Europa dell'Euro e, in particolare, il suo cuore, la Germania. Egli mette in luce il fatto che vi è una lotta mondiale tra stati e multinazionali per l'accaparramento delle risorse e del lavoro altrui, notando che eventuali riprese economiche in Usa (ma anche in Cina) saranno "senza lavoro":

"Da tempo [gli Usa] hanno abbandonato l'idea di dare lavoro per aumentare la produzione e quindi la ricchezza e non hanno mai detto che questa debba essere meglio distribuita. Anzi, la concentrazione della ricchezza in poche mani ne agevola il controllo e l'utilizzazione. Per questo, da tempo hanno sostituito i benefici del lavoro con quelli dello sfruttamento e della speculazione. Il lavoro per tutti è ormai un ammortizzatore sociale come da noi è la cassa integrazione. Il lavoro è uno strumento per tenere impegnate le masse e i sindacati sono soltanto associazioni di categoria che devono sostenere le imprese, non i lavoratori. Ogni rinnovo di contratto dipende dai profitti dell'impresa e non da quante famiglie vengono mantenute. A profitti immensi corrispondono cifre da capogiro per i dirigenti e aumenti salariali ridicoli."

Rispetto al passato ciò che oggi fa la differenza è il sistema produttivo (robot, automazione, intelligenza artificiale), e la guerra non fa altro che adattarsi ad esso. Se nella Seconda guerra mondiale l'industria produceva acciaio e quindi la vittoria era alla portata di coloro che dominavano il settore, e cioè potevano costruire più aerei, carri armati, ecc. (con la successiva ricostruzione postbellica e l'affermarsi del "quantitativismo produttivo".), oggi siamo nell'epoca della cyberwar, della guerra dell'informazione, che vede l'abbandono della pesantezza dell'acciaio e il trionfo della leggerezza, del potere del software sull'hardware (Italo Calvino, Lezioni americane). Alcuni analisti militari arrivano a sostenere che le offensive militari tra grandi potenze non sono più possibili perché gli eserciti hanno abbracciato una capacità tecnologica tale che permette loro di neutralizzare rapidamente qualsiasi movimento di truppe, innalzando al massimo il rischio di una distruzione reciproca in pochissimo tempo.

Un altro aspetto che va ricordato è l'indebolimento degli Usa, alle prese con una crisi politica interna ma comunque ancora detentori del primato economico e militare: essi combattono una guerra per il mantenimento del proprio status a livello imperialistico ("Teoria e prassi della nuova politiguerra americana"). Da osservare con attenzione quindi il fronte interno americano: se crollasse porterebbe a tutta una serie di conseguenze a livello mondiale.

Abbiamo concluso la teleconferenza accennando ad alcuni temi d'attualità: 1) la Cina: uscita prima degli altri dalla crisi legata al Covid, nel 2021 ha visto aumentare le sue esportazioni del 20%, e il surplus commerciale verso gli Stati Uniti; 2) il rincaro di materie prime e bollette: potrebbe determinarsi il fallimento di intere filiere produttive e il formarsi di movimenti di piazza, come avvenuto in Kosovo; 3) l'ideologia del lavoro sta subendo pesanti colpi: lo testimonia il fenomeno degli anti-workers (#IQuitMyJob) in America e altrove, seguito con attenzione dalla stampa di tutto il mondo.

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