Sulla vicenda si è espresso anche The Economist ospitando una serie di interventi di esperti in materia, da Douglas Hofstadter a Blaise Agüera y Arcas, i quali però non hanno saputo cogliere le implicazioni profonde dell'avanzamento della cosiddetta intelligenza artificiale. Il dibattito intorno al tema è viziato dall'antropomorfismo, e quindi dalla ricerca nella macchina di capacità, facoltà e abilità proprie dell'uomo. Ciò che arrovella gli addetti ai lavori è lo stabilire se un robot può o meno arrivare ad avere un'intelligenza, o una coscienza, simile a quella umana. Ma lasciamo i borghesi alle loro diatribe sull'impatto etico dei software e poniamoci al di fuori della mischia.
Innanzitutto, chi ha detto che l'intelligenza informatica debba assomigliare a quella umana? Come alcuni biologi evoluzionisti sostengono, non c'è motivo di credere che l'intelligenza umana - con emozioni e pulsioni animalesche come la riproduzione e l'aggressività - sia l'unica forma possibile di intelligenza evoluta. The Guardian fa scrivere i suoi editoriali dal programma GPT-3 e il risultato non scandalizza nessuno.
Inoltre, questione ancora più importante, si continuano ad intendere i congegni tecnologici come qualcosa di separato da noi, di alieno. Si tratta di un approccio tipicamente capitalistico, perché in questa forma sociale sono le macchine a dominare gli uomini e non viceversa. E proprio per questo motivo la borghesia teme l'avvento di un mondo simile a quello descritto nel celebre film Matrix, nel quale gli uomini sono ridotti a batterie per le macchine.
Le macchine, però, sono un prodotto dell'uomo, una sua esteriorizzazione, al pari delle prime pietre scheggiate che via via si sono evolute fino a diventare lance, giavellotti, ecc. Esse sono nate per potenziare l'uomo, per renderlo più abile, permettendogli di sopravvivere. Ora, diventate intelligenti, formano un super-organismo con l'umanità, un simbionte in grado di auto-organizzarsi ed evolvere. Noi e la tecnologia siamo costretti a co-evolvere ("Verso la singolarità storica").
La borghesia ormai non può fare a meno di computer e robot e comincia ad aver paura del suo stesso sistema, avendo la percezione che esso stia andando fuori controllo.
Da qualche tempo è in costruzione un mondo virtuale, il Metaverso, in cui gli uomini si trasformano in avatar diventando copie di sé stessi in grado di muoversi, condividere e interagire. A tal proposito, si è fatto riferimento a due articoli pubblicati sul sito Difesa Online: "Il Metaverso è oramai una realtà: quali sfide ci attendono?" e "Metaverso, società e cybersecurity".
Nel primo articolo si narra dell'origine del Metaverso e dell'impatto che la fusione tra mondo virtuale e fisico avrà sulle nostre vite, descrivendolo come un cambio di paradigma al pari della nascita del World Wide Web negli anni '90. Nel secondo, si mette in guardia dalla possibilità che in esso si possano compiere atti di spionaggio e di riciclaggio di denaro: "Il metaverso è uno spazio creato dall'uomo, in cui l'uomo, attraverso il suo avatar, avrà la possibilità di muoversi, vivere, compiere atti di tutti i tipi. Atti che avranno indubbiamente dei risvolti sia nel mondo virtuale sia nel mondo reale. Ecco perché è importante capire quali siano queste interazioni e quali siano i rischi possibili per il singolo e per la società nel suo complesso."
La classe dominante ha sviluppato i wargame poiché utili per preparare le azioni di guerra; allo stesso modo sarà utile il Metaverso per addestrare i militari (realtà aumentata, visori, simulazioni 3D, ecc.). Ma nessuno sa ancora quali potrebbero essere le conseguenze dello sviluppo di questo mondo virtuale. Un assaggio di quanto potrebbe accadere dal punto di vista della virtualizzazione della guerra lo possiamo vedere nel film Good Kill di Andrew Niccol.
Conquistare il territorio non serve più all'imperialismo d'oggi, e infatti gli Usa non mirano a quello, ma al controllo del mondo. Per questo devono pigiare sull'acceleratore del riarmo, dato che non hanno ancora sviluppato le armi adatte per continuare a farlo, come qualche analista militare americano fa notare.
Le macchine, nella guerra come nell'industria, prendono il sopravvento sugli uomini. Lo stesso vale per i wargame computerizzati, che suggeriscono agli stati maggiori cosa fare. La borghesia deve ripensare tutto, dalla strategia alla tattica alle tecnologie. La Russia ha minacciato di usare dei missili ipersonici, capaci di raggiungere velocità superiori a Mach 5 (oltre 6mila Km/h); alcuni eserciti hanno in dotazione missili a planata ipersonica, che dopo essere stati trasportati oltre l'atmosfera da un lanciatore scendono sul bersaglio spostando continuamente la traiettoria, rendendola imprevedibile. La dialettica cannone-corazza spinge tutti verso nuove simmetrie di guerra (game-changer). Ad esempio, sono sempre più necessari aerei velocissimi in grado di non essere intercettati dal nemico.
La guerra deve essere bloccata al suo scatto altrimenti passa e si rafforza la controrivoluzione, lo scrive Amadeo Bordiga ad un compagno nel gennaio 1957. Ciò non significa che se passa la guerra il comunismo è spacciato. Esso fa parte del DNA della nostra specie. La guerra, con le sue unioni sacre e la sua difesa della patria, può ritardare la rivoluzione, anche di molto, ma non la elimina. Quella in corso è stata chiamata infinita e senza limiti, e oramai anche il Papa ammette che una nuova guerra mondiale è stata dichiarata. La chiama Terza, noi invece preferiamo chiamarla Quarta per le ragioni che abbiamo riportato nel volantino distribuito il Primo Maggio.
La lotta del proletariato contro la borghesia non muore, almeno finché resta in piedi il capitalismo, ma cambia di significato rispetto a un tempo. Oggi la posta in gioco è molto più alta rispetto ad una vertenza nazionale generalizzata per un aumento salariale (senza nulla togliere alle lotte contro il carovita dei portuali tedeschi o degli autotrasportatori sudcoreani), e riguarda l'inquinamento, l'aumento delle temperature del pianeta, le risorse energetiche, l'approvvigionamento dei beni di prima necessità, dal cibo all'acqua, nuovi e pericolosi patogeni.
La classe proletaria è diventata sempre più universale e i suoi interessi ormai coincidono con quelli della specie umana; di qui la necessità di un partito rivoluzionario che abbia come fine la salvaguardia dell'umanità insieme a quella della biosfera. Se si estingue la tradizione "marxista", la rivoluzione troverà comunque gli strumenti necessari per imporsi e rompere l'involucro che la imprigiona. Il comunismo, in quanto "conoscenza di un piano di vita per la specie", vincerà anche senza il contributo attivo dei comunisti e dei proletari.