Durante il discorso, Xi ha dato una valutazione positiva dell'operato cinese ad Hong Kong, che ha portato "dal caos all'ordine"; e riguardo Taiwan, ne ha riaffermato l'appartenenza: la vicenda legata all'isola è da considerarsi come una questione interna da cui l'Occidente deve stare alla larga, ancor di più nell'ottica di una Cina la cui immagine, in un mondo che sta passando da unipolare a multipolare, deve essere quella di un polo autonomo rispetto alle altre potenze, slegato da qualunque forma di subalternità. Infine, non sono mancati riferimenti alla lotta alla corruzione, alla transizione energetica e alla "prosperità comune" attraverso cui, secondo Xi Jinping, si fermerà l'"espansione disordinata del capitale". La Cina d'oggi è il secondo paese dopo gli USA per numero di miliardari, e la nazione con i più alti livelli di disuguaglianza di reddito. Il richiamo alla prosperità condivisa evoca quanto fatto dalla Germania, dove è stato messo in opera un abbassamento artificiale della composizione organica del capitale, che è passato sottotraccia.
Insomma, tutto si gioca su questo binomio: controllo capillare e centralizzato del partito-stato sulla società in cambio dell'assicurazione che la crescita e la prosperità avute negli ultimi anni non si fermeranno. Sappiamo invece che l'economia del Dragone non corre più allo stesso ritmo e che le disuguaglianze crescono; se il reddito di ampie fasce di popolazione verrà intaccato, questo controllo diffuso e asfissiante potrebbe non essere più tollerato come è stato fino ad ora.
Da segnalare anche il vertice della Shanghai Cooperation Organisation (SCO) che si è tenuto a settembre scorso a Samarcanda. Fanno parte dell'organizzazione Russia, Cina, India, Pakistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kazakhistan e Kirghizistan, che insieme rappresentano oltre metà della popolazione e un terzo della ricchezza del mondo. Recentemente si è aggiunto l'Iran, e sono candidate ad entrarvi anche Bielorussia e Turchia, la quale ha tutto l'interesse ad ampliare la propria influenza verso Oriente. Il paese di Erdogan, che negli ultimi mesi ha assunto le vesti di mediatore tra Alleanza Atlantica e Russia, confermandosi player globale, ha il piede in due scarpe: se da una parte è membro della NATO, dall'altra tesse la sua tela con le potenze orientali. La SCO è nata per risolvere divergenze regionali ma ora, alla luce della guerra in Ucraina, si sta configurando come un possibile polo alternativo a quello statunitense. È vero che la Russia sta subendo le conseguenze delle sanzioni imposte dall'Occidente, ma è altrettanto vero che esiste un altro mondo a cui può rivolgersi. Detto questo, va tenuto conto del fatto che le potenze imperialiste emergenti, a differenza delle precedenti, non hanno davanti a sé decenni di progresso e sviluppo ma, al contrario, fanno già i conti con i problemi del capitalismo senile, e cioè con la finanziarizzazione dell'economia, la crisi del settore immobiliare, l'automazione dei processi produttivi, ecc.
Sul mercato internazionale il dollaro sta rafforzando la propria posizione e sembra non subire le conseguenze dell'inflazione che invece colpiscono gli altri paesi, in ulteriore difficoltà per la pressione esercitata dalla valuta americana. Alcuni osservatori affermano che un dollaro troppo forte mette a rischio la stabilità finanziaria globale. L'economia mondiale vede il rallentamento della Cina, le difficoltà dell'Europa, la sofferenza dei paesi in via di sviluppo, ecc., un insieme di elementi che incidono, al pari della guerra in Ucraina, sui rapporti intermperialistici.
La teleriunione è proseguita con alcuni commenti riguardo la situazione in Francia, alle prese con scioperi e penuria di carburante. Per il momento il livello dello scontro è ancora basso, ma sta montando qualcosa che fa pensare ad un autunno caldo. Da segnalare inoltre quanto accade in Tunisia, dove ci sono state manifestazioni di massa contro il carovita, e in Iran, dove le proteste non accennano a placarsi.
In Europa, l'ondata di scioperi ha colpito prima l'Inghilterra e ora è il turno della Francia. Prima o poi toccherà anche all'Italia. D'altronde, più la crisi si approfondisce, più cresce la rabbia sociale. I sindacati d'oggi svolgono un ruolo di controllo e di contenimento delle lotte, ma per far ciò devono cavalcarle quando esse si manifestano. Durante il recente congresso della UIL il segretario dell'organizzazione ha parlato della necessità di ridurre la giornata lavorativa a parità di salario; gli ha fatto subito eco Landini della CGIL affermando che, dati i tanti lavoratori senza lavoro e i pochi che invece fanno orari lunghi, non deve più essere un tabù parlare di riduzione dell'orario di lavoro. A parte il fatto che questo tema è ormai all'ordine del giorno un po' in tutto il mondo insieme a quello del reddito di base, vediamo che, come al solito, anche le strutture conservatrici, quelle che difendono lo status quo, devono fare i conti con le istanze della classe sfruttata (la Sinistra Comunista diceva il fascismo è stato il realizzatore dialettico delle istanze riformiste del socialismo). Anche in assenza di manifestazioni antiformiste o di piazze riempite da bandiere rosse, la borghesia si muove preventivamente, a dimostrazione che la lotta di classe c'è sempre.
In conclusione, si è fatto riferimento alle prossime manifestazioni in Italia, a cominciare da quella organizzata dal movimentismo gruppettaro per sabato 22 ottobre a Bologna. Parole d'ordine interclassiste e tanta confusione politica accompagnano questi appuntamenti di piazza. Nonostante ciò, non siamo indifferenti rispetto a queste lotte, alle cause che le producono. Resta valido quanto diceva Marx a Ruge nel settembre del 1843: "Noi non ci presentiamo al mondo come dottrinari con un nuovo principio: ecco la verità, in ginocchio di fronte ad essa! Noi mostriamo al mondo dei principii che il mondo stesso ha sviluppato entro di sé. Noi non gli gridiamo: lascia le tue lotte, sono delle sciocchezze, le vere parole d'ordine sono quelle che ti diciamo noi. Noi mostriamo semplicemente ed esattamente al mondo il perché della sua lotta, e la sua coscienza sarà un risultato che dovrà acquisire, che lo voglia o no."