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  • Resoconto teleriunione  17 gennaio 2023

Curve inesorabili

Durante la teleriunione di martedì sera, presenti 19 compagni, abbiamo commentato alcuni articoli sul calo demografico in Cina (meno 850 mila abitanti alla fine del 2021).

Attualmente il pianeta Terra ospita oltre 8 miliardi di abitanti e il punto di flesso è previsto entro il 2100 (vedi curve presenti in "Un modello dinamico di crisi"). Negli ultimi anni in tutti i continenti, Africa compresa, l'età media della popolazione è cresciuta, e in maniera più marcata in Giappone e nell'Europa occidentale. Nell'articolo "Malthusianesimo ricorrente e tenace" abbiamo scritto: "Il boom demografico dei paesi in via di sviluppo è dovuto alla disponibilità di merci a basso prezzo e quindi alla rottura di antichi equilibri, mentre nei paesi a vecchio capitalismo si accentua il fenomeno della sovrappopolazione anche in presenza di una stagnazione demografica". Se, ad esempio, il miracolo economico cinese è stato anche il risultato della politica del figlio unico portata avanti dal governo, è vero anche che le nuove generazioni hanno adesso l'onere di sobbarcarsi il peso delle generazioni precedenti. Il sistema pensionistico cinese, come d'altronde quello dei paesi occidentali, è destinato a collassare, con tutte le conseguenze del caso. Avere più genitori che figli è un vantaggio quando i figli sono piccoli, ma è uno svantaggio quando i genitori invecchiano. Il principale fondo pensionistico cinese potrebbe esaurire i suoi fondi entro il 2035.

Si stanno verificando grandi cambiamenti a livello sociale che avranno un impatto su quella che i borghesi chiamano la geopolitica del mondo e che per noi sono gli equilibri interimperialistici. A breve gli abitanti dell'India supereranno quelli della Cina. L'Economist fa notare che il paese non ha un seggio permanente alle Nazioni Unite, anche se la sua economia recentemente ha sostituito quella britannica come quinta più grande del mondo, e si classificherà al terzo posto entro il 2029 ("India will become the world's most populous country in 2023"). L'India fornirà almeno 1/6 della popolazione lavorativa nei prossimi decenni, mentre la Nigeria sarà il terzo paese più popoloso entro il 2050 con oltre 400 milioni di abitanti. Secondo un report delle Nazioni Unite, fino al 2050 i paesi africani domineranno la crescita della popolazione mondiale: si tratta di aree geostoriche dove il capitalismo è meno senile che altrove.

I problemi del capitalismo sono di natura economica, sociale, demografica, e vanno sincronizzandosi. L'attuale modo di produzione da una parte ha bisogno di forza lavoro abbondante e a basso prezzo, dall'altra rende superflue masse enormi di uomini. L'orizzonte è quello di Un mondo senza lavoro, come da titolo di un saggio di Daniel Susskind, l'ennesima capitolazione ideologica della borghesia di fronte al marxismo: una delle più grandi minacce con cui deve fare i conti la società più lavorista mai esistita, scrive lo studioso di economia, è dovuta al fatto che il lavoro sta sparendo. Di conseguenza, aggiungiamo noi, tutta la sovrastruttura basata sul sistema del lavoro salariato è destinata a crollare. Oggi, sviluppo tecnologico vuol dire sviluppo dell'intelligenza artificiale: la grande rivoluzione iniziata negli anni '40 del secolo scorso, che va sotto il nome di teoria dell'informazione (Shannon), cibernetica (Wiener) e informatica (von Neumann), è maturata appieno e gli stessi borghesi parlano con grande preoccupazione di disoccupazione tecnologica. Di fronte ad un tale scenario, capita talvolta che economisti, politici e sindacalisti propongano redditi universali e riduzione dell'orario di lavoro per rattoppare un sistema che fa acqua da tutte le parti. In realtà, la nuova base industriale che si è venuta formando spinge l'umanità verso una società completante differente, dove non vi sarà più separazione tra tempo di lavoro e tempo di vita, e non vi saranno più sussidi statali o redditi di cittadinanza, pensioni o welfare state.

Nell'ultimo numero di Limes, intitolato "L'intelligenza non è artificiale", si legge che in Cina chi ha partecipato alle recenti proteste ha poi ricevuto telefonate minatorie da parte delle forze di polizia. Nel paese è attiva una rete di 800 milioni di telecamere alimentate da sofisticati sistemi di controllo facciale, intelligenza artificiale, algoritmi per il controllo dei movimenti, spionaggio su Web e smartphone. Tutte queste tecniche servono per il controllo della popolazione (crowd analysis) ma, nonostante ciò, le rivolte scoppieranno e saranno sempre più estese. Nessuna tecnologia può fermare milioni di persone infuriate contro lo stato di cose presente (en passant: secondo Il Sole 24 Ore, il Pil cinese è cresciuto del 3% nel 2022, segnando una delle performance più deboli da decenni).

Da qualche anno il mondo è precipitato in una situazione di estrema polarizzazione sociale. Non passa settimana che non si registrino rivolte, sommosse o manifestazioni di massa. In Perù si è formato un movimento generalizzato antigovernativo e per tutta risposta il governo ha decretato lo stato di emergenza nella capitale Lima e in altre tre province. In Tunisia ci sono manifestazioni molto partecipate contro il carovita, da mesi ormai nel paese è difficile trovare carburante e beni di prima necessità mentre inflazione e disoccupazione sono in crescita. Secondo il quotidiano spagnolo El País non è solo il Brasile ad essere in preda al marasma sociale, ma l'erosione della democrazia avanza e a livello globale e i populismi approfittano dei disordini sociali favorendo la polarizzazione della società ("No es solo Brasil. La erosión global de la democracia avanza"). A dirla tutta, la crescita dei populismi è un prodotto della profonda crisi dei rapporti sociali capitalistici.

Secondo l'ultimo Rapporto Oxfam pubblicato come di consuetudine all'apertura del World Economic Forum, l'1% più ricco possiede il 45,6% della ricchezza netta globale. La Sinistra scriveva: "Chi lavora non accumula, e accumula chi non lavora. Non a caso dice il Manifesto descrivendo la crisi: il salario diviene sempre più incerto, più precaria la condizione di vita dell'operaio. Compenso incerto, non più basso, condizione precaria, non più modesta" ("Marxismo e miseria", 1949).

I capitalisti accumulano capitale senza lavorare, mentre i salariati pur lavorando si impoveriscono. Al polo dei salariati dobbiamo aggiungere coloro che non percepiscono salario pur senza essere usciti dalla classe proletaria o senza esservi ancora entrati nonostante siano nati e vissuti in essa. Essi non possono vivere del salario che non hanno, né possono avere un reddito proprio o elargito da qualcuno, sono quindi dei senza-riserve puri. La condizione di intere fette di popolazione peggiora nettamente con l'ampliarsi del divario fra i redditi minimi e quelli massimi. Aumenta quindi la povertà assoluta e tendono a scomparire le mezze classi, quelle più sensibili alle variazioni di reddito e che hanno ancora qualcosa da perdere ("Rivolta contro la legge del valore").

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Editoriale: Reset

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