La teleriunione di martedì sera è iniziata con un focus sulla situazione economico-finanziaria mondiale.
Abbiamo già avuto modo di scrivere delle conseguenze di una massa enorme di capitale finanziario (il valore nozionale dei derivati è di 2,2 milioni di miliardi di dollari) completamente slegata dal Prodotto Interno Lordo mondiale (circa 80 mila miliardi annui). Quando Lenin scrisse L'Imperialismo, fase suprema del capitalismo, il capitale finanziario serviva a concentrare investimenti per l'industria, che a sua volta pompava plusvalore. Oggigiorno, questo capitale non ha la possibilità di valorizzarsi nella sfera della produzione, perciò è destinato a rimanere capitale fittizio e quindi, dice Marx, ad essere cancellato.
Nell'articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo sottileneato che è in corso un processo storico irreversibile, e che non si tornerà più al capitale finanziario del tempo di Lenin e Hilferding. In "Non è una crisi congiunturale", abbiamo ribadito come il rapido incremento del capitale finanziario è una conseguenza del livello raggiunto dalle forze produttive. La capacità del capitale di riprodursi bypassando la produzione materiale è un'illusione, e il ritorno alla realtà è rappresentato dallo scoppio delle bolle speculative. Ogni strumento finanziario è necessariamente un espediente per esorcizzare la crisi di valorizzazione, nella speranza di poter trasformare il trasferimento di valore in creazione del medesimo.
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, abbiamo ripreso l'argomento trattato nella scorsa riunione, ovvero l'aggravarsi della situazione economica cinese.
Il Corriere della Sera ha pubblicato una serie di dati sulla Cina da cui risulta che le amministrazioni locali delle province del paese hanno accumulato debiti per finanziarie il settore immobiliare e la costruzione di nuove infrastrutture ("Cina, il debito 'nascosto' che minaccia l'economia: le province esposte per 8.000 miliardi", Francesco Bertolino). Se alla cifra raggiunta dall'indebitamento pubblico (che ammonta a circa il 300% del PIL, circa 4700 miliardi di euro), si aggiunge quella relativa al governo delle province, vengono superati gli 8000 miliardi di euro. Ad essere in difficoltà non sono solo le amministrazioni locali e le famiglie, ma anche le banche, dato che sono state proprio queste a finanziarie il boom del mattone. Alcuni esperti fanno notare che il sistema finanziario cinese è chiuso e perciò ritengono che le conseguenze dello scoppio di una bolla immobiliare rimarrebbero circoscritte all'interno dei confini nazionali. Sappiamo, invece, che i legami e le interconnessioni economiche e finanziarie della Cina hanno un respiro globale. I conglomerati immobiliari cinesi sono indebitati con Wall Street, e la Cina, dopo il Giappone, è il maggior acquirente di titoli di stato USA; una crisi finanziaria cinese avrebbe ripercussioni sul debito americano e su tutti i suoi rapporti commerciali (ad esempio quelli con la Germania che esporta molto verso il gigante asiatico). Come dice l'economista Larry Summers, il "superciclo del debito", che ha colpito gli Stati Uniti nel 2008 e qualche anno dopo l'Europa, sta ora sferrando un duro colpo alla Cina.
Durante la teleconferenza di martedì sera, presenti 17 compagni, abbiamo parlato del progetto di "reddito universale" che sarà sperimentato il prossimo anno a Stockton, in California: "Stockton, una città californiana di circa 300mila abitanti sarà la prima comunità a sperimentare il reddito universale negli Stati Uniti. Il programma è costituito di una prova triennale nella quale un gruppo di cittadini selezionati (quanti non è ancora chiaro) riceverà un assegno mensile di 500 dollari al mese, per un totale di 6mila dollari all'anno" ("Per la prima volta Usa sperimentano il reddito universale", WSI).
Il tema della ridistribuzione della ricchezza è oggi all'ordine del giorno. Joseph Stiglitz, in un intervento alla conferenza organizzata dall'Istituto Cattaneo di Bologna su "Non si esce dalla crisi senza politica redistributiva della ricchezza", ha affermato che "l'1 per cento della popolazione controlla il 90 per cento della ricchezza mondiale"; e Romano Prodi, anch'egli presente all'incontro bolognese, ha dichiarato: "Io credo che ci sarebbe bisogno di un organismo mondiale in grado di redistribuire le risorse ma da questo punto di vista sono tutt'altro che ottimista. Le difficoltà che si incontrano ad esempio nel tassare le nuove multinazionali come Google e Apple sono significative. Comunque penso che spetti alla politica, ai governi invertire questo trend. Ma non mi pare che ci siano progetti credibili."
Questi professori pensano che la polarizzazione della ricchezza sia dovuta alle politiche dei governi e che intervenendo nel modo giusto si possa invertire questa tendenza. Per Marx invece la "legge della miseria crescente" è la legge assoluta dell'accumulazione capitalistica, un fatto fisico che nessun governante o gruppo di governanti può annullare:
La teleconferenza di martedì sera (presenti 11 compagni) è cominciata con un riferimento all'ultima newsletter, in particolare al trafiletto sulla struttura del debito americano.
Il dollaro è ancora la principale moneta di riserva e di scambio internazionale, ma non è più sostenuto dalla potenza economica di una volta. Se gli Stati Uniti consumassero di meno avrebbero meno debito, ma comprerebbero anche meno merci dalla Cina che, ricordiamolo, possiede buona parte del debito pubblico americano. Quest'ultima intanto vede aumentare la sua presenza nel mondo: dal porto del Pireo in Grecia alla nuova base militare in Gibuti, passando per il progetto della Nuova Via della Seta, il Dragone è costretto a espandersi per dare sfogo alla sua esuberanza produttiva. Anche l'India, che per numero di abitanti è salita in prima posizione, sarà costretta a fare altrettanto. Però il pianeta è piccolo e la crescita di un paese va a scapito dell'altro. A tal proposito, abbiamo ricordato l'articolo "Il fiato sul collo" (n+1, n. 4):
La teleconferenza di martedì, presenti 13 compagni, è iniziata commentando le relazioni svolte durante l'ultimo incontro redazionale a Torino.
La prima relazione ha affrontato il tema della salute nella società capitalista. Oggi la medicina vive una pesante dicotomia: da una parte esiste una conoscenza di tipo "occidentale" che prende origine da Galileo, dall'altra quella che abbiamo definito di stampo "leonardesco-orientale". In questa situazione, c'è chi attacca la prima utilizzando pedestremente la seconda, oppure, viceversa, chi si barrica dietro a concezioni e principi cartesiani e riduzionisti. In entrambi i casi domina l'omologazione e la scienza viene piegata all'ideologia, come accaduto con la tifoseria pro o contro vaccini. Il massimo a cui è giunta la nostra epoca è l'interdisciplinarità, ovvero la conferma dell'esistenza di discipline che in qualche modo devono dialogare fra loro. Tutt'altra cosa è invece l'identità monistica e materialistica della conoscenza umana propugnata dalla nostra corrente.
I temi affrontati durante la teleriunione di martedì, a cui hanno partecipato 14 compagni, sono stati i seguenti: le città fantasma cinesi e la "legge della bicicletta"; debito globale: la Cina nel mirino; Bretton Woods: note sul numero 41 della rivista.
Ne avevamo parlato qualche anno fa in una newsletter in cui raccontavamo di Ordos, una città nel nord della Cina costruita dal nulla nel deserto mongolo per un milione di persone ma con appena 28.000 residenti. Oggi il fenomeno delle città fantasma cinesi ha raggiunto cifre impressionanti: sono 50 milioni le unità abitative non occupate e 6 miliardi i metri quadrati lasciati vuoti, a cui nel futuro si aggiungeranno quelli previsti dalle decine di piani di sviluppo edilizio locali per la costruzione di 3500 nuovi complessi abitativi per una capienza totale di 3,4 miliardi di persone, la metà della popolazione mondiale.
La spiegazione di tale irragionevolezza è presto data: gli investimenti nel settore non possono fermarsi perché, come scrive l'autore dell' articolo da cui abbiamo preso i dati, vale la cosiddetta legge della bicicletta: "se la macchina produttiva smette di pedalare cade e l'industria immobiliare, che coinvolge acciaio, cemento, vetro e carbone rappresenta con l'indotto almeno il 15% del Prodotto interno lordo". Ma, aggiungiamo noi, prima o poi a fermarsi sarà il sistema stesso, come si è visto negli Stati Uniti con la crisi dei mutui subprime.
La teleconferenza di martedì, presenti 16 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo la manifestazione del 14 giugno contro la Loi Travail.
Secondo gli organizzatori, a Parigi sono scesi in strada circa 1 milione di persone; nettamente inferiori i numeri diffusi dalle forze dell'ordine che hanno contato tra i 75.000 e gli 80.000 partecipanti. Violenti scontri si sono verificati fin dall'inizio, con la polizia che a più riprese ha cercato di dividere il lungo corteo. Decine i feriti, anche tra le fila dei tutori dell'ordine.
I sindacati francesi stanno cavalcando il malcontento dei lavoratori ma hanno tutto l'interesse a spegnere la lotta e perciò spingono in tale direzione. Potrebbe darsi che l'uccisione dei due poliziotti, a cui si aggiungono gli scontri con gli hooligans arrivati in occasione degli Europei di calcio, favorisca il tentativo di riportare il tutto sul piano della responsabilità nazionale.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata prendendo spunto da una recente corrispondenza sul "crollo del capitalismo", ovvero sulla natura transitoria del capitalismo e sulla sua inesorabile fine. È noto che Marx per "comunismo" intendeva una dinamica in corso e non uno schema sociale da raggiungere; dovrebbe essere altrettanto noto che egli intendeva per "dinamica in corso" la liberazione degli elementi di comunismo anticipati in questa società così com'è, altrimenti ogni tentativo di farla saltare sarebbe donchisciottesco. La profonda crisi sistemica che stiamo vivendo ha smosso la terra sulla bara dello zombie ed ecco che questi è di nuovo apparso fra i viventi e blatera seminando confusione: "attenzione, è vero che il capitalismo è transitorio, ma se non si dice che verrà abbattuto dal proletariato con la conquista del potere politico sarebbe come dire che, data la fine inevitabile, è inutile agitarsi, basta aspettare che cada da sé come una mela marcia".
Editoriale: Non potete fermarvi
Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra
Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto
Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera
Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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