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  • Resoconto teleriunione  30 gennaio 2024

Sull'orlo del caos

La teleriunione di martedì sera, collegati 21 compagni, è iniziata dal commento della situazione politica interna degli Stati Uniti d'America.

Lo stato federale è in contrasto con lo stato del Texas riguardo alla gestione del confine con il Messico. Il presidente Joe Biden ha affermato che non è competenza dei singoli stati l'amministrazione delle frontiere, e ha intimato al Texas di rispettare la sentenza della Corte Suprema che assegna il controllo dei posti di pattugliamento al governo federale. Ben 25 stati retti da repubblicani hanno espresso solidarietà al Texas, e così pure la Guardia Nazionale texana che ha manifestato la sua fedeltà al governatore repubblicano Greg Abbott continuando a costruire barriere al confine. Funzionari locali texani hanno accusato l'amministrazione Biden di alto tradimento per non aver gestito adeguatamente il flusso migratorio e per aver trascurato la sicurezza delle frontiere.

Il Texas, stato fondamentale per l'economia americana, ospita una centrale nucleare e depositi di armi nucleari, e da diversi anni perora la causa dell'indipendenza dal governo centrale. Donald Trump ha cavalcato la situazione, dando sostegno ad Abbott e criticando il governo Biden per la politica migratoria (che sta diventando un tema strategico in vista della prossima campagna elettorale). Alcuni osservatori borghesi paventano la possibilità di un'escalation, temono cioè l'avvio di una dinamica che potrebbe andare fuori controllo conducendo alla guerra civile ("Dramma politico o crisi costituzionale? Dove può arrivare il Texas", Limes). Viene alla mente la trama del film La seconda guerra civile americana (1997), dove una problematica legata all'immigrazione scatena meccanismi catastrofici.

Il mondo capitalistico è sull'orlo del caos. Il ministro della Difesa italiano afferma che bisogna preparare una platea di riservisti, prendendo esempio da Israele e dalla vicina Svizzera; secondo Crosetto, essendo cambiati i tempi è d'obbligo mutare mentalità. Il capo dell'esercito inglese, il generale Sir Patrick Sanders, recentemente ha dichiarato che viviamo in un mondo pre-guerra: "Il Regno Unito deve reclutare e addestrare un esercito di cittadini pronti alla battaglia". E per il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, "dobbiamo pensare in modo più europeo, nella ricerca di giovani motivati a servire nella Bundeswehr". Non abbiamo bisogno che i rappresentanti dello Stato ci dicano che siamo in guerra per saperlo, ma queste dichiarazioni non vanno prese alla leggera dato che hanno come obiettivo l'intruppamento delle popolazioni.

L'industria bellica è in piena attività e si sta orientando sempre più verso il "digitale". Esistono droni dotati di sistemi di intelligenza artificiale che permettono di individuare un obiettivo, colpirlo e tornare alla base. I sistemi d'arma autonomi, chiamati anche "robot assassini", possono colpire il nemico senza ricevere ordini. La guerra del futuro sarà quella di algoritmi contro algoritmi. Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google, ha affermato che "i successi ottenuti da Russia ed Ucraina dimostrano che le armi autonome sono destinate a sostituire carri armati, artiglieria e mortai", sottolineando come le armi di domani saranno "potenti piattaforme di software. Si tratta oltretutto di una tecnologia che difficilmente sarà limitata alle superpotenze, ma presagisce una proliferazione generalizzata stimolata dalla prospettiva di enormi profitti".

Le campagne di arruolamento non puntano solamente ad aumentare i fanti, ma a dotare gli eserciti di hacker, tecnici informatici, ingegneri in grado di maneggiare strumenti sofisticati. Nell'articolo "Wargame" (2021) abbiamo scritto:

"Lo Stato Maggiore delle forze armate inglesi è convinto che giocare con i wargame sia utile alla Nazione perché abitua i cittadini a pensare in termini di conflitto e competizione anche per campi diversi da quello della guerra. Non è un modello qualsiasi, dice, ma un programma per pensare. Questo, con qualche modifica, sarebbe in linea con quanto diciamo anche noi: nel wargame l'uomo vive una situazione, il programma la calcola. Il programma non deve essere confuso con la simulazione costruttivista, la realizzazione di modelli artificiali di realtà. E nemmeno con un insieme di funzioni parziali semplici che, assemblate, conducono a risultati complessi. Una simulazione, per quanto perfetta, non è un wargame ma solo il suo motore, mentre i dati che l'informano sono il carburante."

Morirà il carro armato così come l'abbiamo conosciuto, una corazza che protegge ciò che c'è al suo interno (soldati ma soprattutto armi e proiettili), e sarà sostituito da un mezzo dotato di sistemi laser e armi ipersoniche. Un drone costa poche migliaia di euro, un carro armato "classico" qualche milione di euro: il primo può mettere fuori uso il secondo. In Giordania un attacco condotto con droni ad una base americana ha causato tre soldati morti e una trentina di feriti; Biden ha detto che i responsabili (sembra siano milizie filoiraniane locali) verranno colpiti nei modi e nei tempi decisi dagli Stati Uniti. Il conflitto israelo-palestinese nel giro di tre mesi è diventato altro, e ogni giorno che passa si aggiungono nuovi attori sulla scena: Siria, Libano, Iraq, Yemen, Giordania, USA, Inghilterra, e adesso anche Italia, Francia e Germania con la missione europea nel Mar Rosso.

Ma non è solo l'Occidente a essere in profonda crisi, lo è anche la Cina. Lo dimostra il fallimento del colosso immobiliare Evergrande. Il gigante cinese è passato da una crescita del PIL a due cifre al 5,2% del 2023. Nel paese ci sono decine di città costruite ex novo rimaste disabitate, il mercato immobiliare ha raggiunto il suo picco, e le provincie hanno accumulato debiti enormi per finanziare il mattone (che rappresenta un quarto del PIL), circa 9mila miliardi di euro. Alcuni economisti sostengono che il fallimento di Evergrande costringerà Pechino a una svolta nelle politiche interne, ma cosa potrà fare di nuovo la Cina? Ha installato robot nelle fabbriche, investe massicciamente nell'intelligenza artificiale, è super-indebitata. Insomma, ha gli stessi problemi che hanno i paesi occidentali: bassa crescita, disoccupazione e crisi demografica.

Si è poi accennato alle notizie su Neuralink, l'azienda fondata da Elon Musk nel 2016, che ha dichiarato di aver impiantato il primo chip wireless nel cervello di un essere umano. Dopo una serie di test su scimmie e maiali, la sperimentazione si è spostata sugli esseri umani, e in particolare su coloro che hanno problemi motori. L'obiettivo è stimolare la mobilità di una protesi, attraverso una connessione senza fili, direttamente dal cervello; il chip funzionerebbe come un hub che raccoglie i segnali dagli elettrodi, decodificando l'intenzione di movimento del soggetto e trasmettendo tali segnali ad un robot esterno. Musk, citato dal Washington Post, afferma che lo scopo delle sue ricerche è di "raggiungere una vita in simbiosi con l'intelligenza artificiale e le macchine", contribuendo alla "fusione di umano e intelligenza artificiale" per evitare di essere surclassati dall'IA quando questa diventerà più potente e più sofisticata dell'intelligenza umana. La telepatia, ha detto Musk, è un nuovo campo di lavoro: essa permetterà "il controllo del telefono o del computer e, attraverso di essi, di quasi tutti i dispositivi semplicemente pensando".

Nell'articolo "Sul libero arbitrio" (2023) abbiamo esaminato i saggi Natural-Born Cyborgs di Andy Clark, e The Extended Mind di Andy Clark e David Chalmers. I due ricercatori sostengono che nel corso della nostra evoluzione abbiamo prodotto artefatti che hanno retroagito su noi stessi potenziandoci (Engels: è la mano che ha prodotto il cervello). Oggi tali artefatti non sono più delle protesi (lancia, arco, fucile, ecc.), ma stanno entrando dentro di noi trasformandoci in cyborgs, esseri al confine tra uomo e macchina. I chip di Neuralink sono connessi a delle reti, potrebbe essere difficile stabilire dove comincia e dove finisce l'io dell'uomo in cui sono impiantati. In Natural-Born Cyborgs è scritto:

"Quando le nostre tecnologie si adattano a noi in modo attivo, automatico e continuo così come noi ci adattiamo a loro - allora la linea che separa lo strumento dal suo utilizzatore diviene incerta. Queste tecnologie saranno sempre meno degli strumenti e sempre più parte dell'apparato mentale delle persone. Rimarranno strumenti solo nel senso paradossale in cui lo sono le mie strutture neurali che operano inconsciamente."

A proposito di coscienza, nel filo del tempo "Gracidamento della prassi" (1953) si ribadisce la corretta concezione della rivoluzione. Il pretesto è la critica a "Socialisme ou Barbarie", "ennesima pattuglia innovatrice", un raggruppamento di sinistra nato alla metà del secolo scorso che portava avanti teorie ancora oggi in circolazione. Pensiamo a quelli che si fermano alla formula proletari contro borghesi, che sostengono la causa dell'autonomia di classe, del libero dibattito, ecc. A questi immediatisti rispondiamo: "Proletari contro borghesi è formula per descrivere marxisticamente la società attuale, non formula marxista della rivoluzione. La formula giusta è comunismo contro capitalismo. Ma sono uomini che lottano tra loro! E chi lo nega?" Le epoche di sovversione sociale seguono ad un nuovo sviluppo delle forze produttive: prima cambia la base produttiva, solo dopo la sovrastruttura. Tale processo lo si vede all'opera nelle manifestazioni degli agricoltori, che non hanno preso coscienza di chissà cosa, ma si sono mossi sull'onda di spinte materiali. La mobilitazione dei trattori sta dilagando e il prossimo passo sarà la convergenza su Bruxelles, sede del parlamento europeo. Le classi di mezzo sono le prime ad agitarsi, temendo di precipitare nel girone dei senza-riserve.

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Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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