In Israele, le strade sono tornate a riempirsi di manifestanti che chiedono le dimissioni di Netanyahu, e si è verificato uno scontro fra il primo ministro e l'Idf, dopo che le forze militari hanno annunciato una "pausa tattica" quotidiana delle operazioni a Gaza. Inoltre, ora si profila la possibilità che Tsahal attacchi Hezbollah, l'esercito ha comunicato che i piani per l'offensiva in Libano sono stati approvati. Israele è una testa di ponte degli USA nell'area mediorientale e sta subendo forti pressioni interne ed esterne, a cominciare proprio dall'alleato americano. Il gabinetto di guerra israeliano si è sciolto in seguito alle dimissioni di due ministri, quello della Difesa e quello degli Affari strategici. Se si aprisse un fronte di guerra con il Libano, i già sfumati confini nell'area potrebbero essere stravolti. Il fenomeno della disgregazione degli stati è più visibile nei paesi del Medioriente, dell'Africa, del Sahel e del Mashrek. L'Iraq è conteso tra vari gruppi armati, così come Libia, Yemen e Siria. Le aree fuori controllo, dove manca o è compromessa l'azione dello Stato, si estendono.
Durante lo scorso incontro redazionale abbiamo parlato dell'importanza dell'industria dei semiconduttori e dei big data, e più in generale dei "gigacapitalisti" (definizione di Riccardo Staglianò). Arriva ora la notizia che Nvidia, società tecnologica americana specializzata nella produzione di schede video, dispositivi di comunicazione wireless e hardware, è l'azienda quotata di maggior valore al mondo con 3,34 trilioni di dollari. Nell'ultimo anno le sue azioni hanno più che raddoppiato il loro valore (+ 217%). Si tratta di una "gigabolla" pronta ad esplodere?
L'ultimo numero dell'Economist è dedicato al gigante cinese. Nell'articolo "China's giant solar industry is in turmoil" si affronta il problema dell'eccesso di capacità produttiva del settore energetico solare del paese. Tale comparto è dominante nella catena globale, Pechino è in grado di produrre più del doppio dei pannelli solari installati ogni anno nel mondo. La rapida crescita produttiva ha superato la domanda globale e ridotto i profitti nel settore. Un altro articolo, intitolato "How Worrying Is the Rapid Rise of Chinese Science?", si concentra sulla rapidità dell'innovazione scientifica in Cina. Nel testo si invitano gli USA, al fine di mantenere la loro leadership mondiale, a focalizzarsi maggiormente sulla propria attività di ricerca piuttosto che su boicottaggi e dazi. Molti scienziati rientrano in Cina dopo aver lavorato all'estero e portano con sé preziosi know how; per The Economist è allarmante che un regime autoritario come quello di Pechino sia all'avanguardia nel campo dell'intelligenza artificiale, dei computer e delle nuove tecnologie. Infine, nell'articolo "A price war breaks out among China's AI-model builders" vengono descritti i progressi fatti nel settore dei grandi modelli linguistici (LLM) che stanno alla base delle chatbot. Nel giro di pochissimi anni i Cinesi hanno bruciato le tappe arrivando a competere con gli Americani, se non nella qualità almeno nel prezzo. Anche in Cina si sta passando dalla concentrazione dei capitali alla loro centralizzazione, dato che i grandi colossi digitali come Alibaba, Baidu, Tencent stanno monopolizzando l'industria interna dell'intelligenza artificiale. Alcuni di questi giganti potrebbero tentare la fortuna sui mercati internazionali.
La Cina ha il primato mondiale nella produzione di batterie. Quelle a ricarica rapida potrebbero cambiare la prospettiva di diffusione delle auto elettriche. Il motore elettrico ha un rendimento superiore a quello a scoppio e funziona senza emissioni, ma non sarà così facile far saltare la vecchia filiera dell'auto a benzina. A proposito di auto elettriche, è da segnalare che recentemente il produttore americano Fisker è fallito: ancora prima di partire, il mercato è già in sovrapproduzione. Il passaggio alle automobili elettriche pone il problema delle materie prime necessarie alla loro produzione; anche nel settore del solare e dell'eolico si cercano i siti con la migliore resa, che garantiscono ai proprietari una rendita differenziale. La diffusione di fonti rinnovabili è più distribuita, ma gli stati che vivono grazie alle fonti fossili andranno inevitabilmente in crisi (Russia, Arabia Saudita, ecc.). E, comunque, la rapida crescita delle fonti rinnovabili non riuscirà a soddisfare la fame di energia del capitalismo.
Come afferma la corrente a cui facciamo riferimento, è necessaria una drastica riduzione dell'ingorgo, della velocità e del volume del traffico (PCInt., Il programma rivoluzionario immediato, riunione di Forlì, punto "g", 1952). Tecnicamente le soluzioni già ci sono, come abbiamo scritto nell'articolo "Evitare il traffico inutile". Il mondo dispone di risorse limitate e pertanto la crescita economica ha dei confini, superati i quali si produce tutta una serie di catastrofi. I paesi che si sono affacciati per ultimi sul mercato globale partono già da un livello tecnologico avanzato, e registrano gli stessi problemi dei paesi a vecchio capitalismo, ovvero invecchiamento della popolazione, disoccupazione, inquinamento. Il capitalismo porta le sue contraddizioni ovunque e le aggrava.
La velocità con cui avvengono le trasformazioni, come ad esempio lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, sta rivoluzionando i rapporti di produzione. Lo sviluppo ineguale, di cui parla Lenin nell'Imperialismo, fa sì che chi arriva sul mercato mondiale per ultimo sgomiti per ottenere spazio sui mercati contendendolo ad altri. La Cina ha lanciato una nuova missione robotica (la Chang'e 6) per esplorare il lato nascosto della Luna; il paese ha compiuto passi da gigante nella "conquista dello Spazio", raggiungendo gli USA. E proprio in orbita potrebbe svolgersi lo scontro tra America e Cina. L'Occidente ha esportato capitali, tecnologie e produzioni in Asia; adesso il continente asiatico invade i mercati occidentali. Lo scontro nell'Indo-Pacifico ha la sua base materiale nello sviluppo nell'area di un capitalismo ultramoderno.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha lanciato l'allarme sul conflitto in Ucraina: teme che possa diventare globale. Tra le due Coree cresce la tensione: diversi soldati della Corea del Nord sono morti al confine con il Sud per l'esplosione di mine. Vladimir Putin si è recato in visita a Pyongyang per rinsaldare accordi economici e soprattutto militari con il paese. Tra le aree calde, c'è poi Taiwan alle prese con le recenti esercitazioni militari cinesi intorno all'isola. Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha parlato della necessità di schierare più armi nucleari in Europa per fronteggiare la minaccia militare russa e cinese.
Nell'articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo visto che le invarianze nei passaggi della catena imperialistica sono saltate: oggigiorno il paese a guida del capitalismo, gli USA, viene foraggiato dalla Cina e da altri paesi (ad esempio il Giappone) che ne detengono il debito. Anche per questo affermiamo che non può esserci una via d'uscita a questa situazione, che non esiste un XXI secolo a guida cinese. Stiamo assistendo all'avvento di una crisi generale su vari fronti (qualcuno la chiama "policrisi"): lo scontro strategico tra USA e Cina, la grande bolla finanziaria che prima o poi scoppierà, la tenuta degli stati, la questione ambientale, l'intelligenza artificiale, il dollaro che si sta erodendo come valuta standard per il commercio e la finanza mondiale. Tutto ciò fa dire ad economisti come Nouriel Roubini (La grande catastrofe, 2023) che ci stiamo avvicinando ad una "tempesta perfetta".
Per i comunisti lo studio del futuro, e cioè la previsione, è essenziale, ma essi non hanno la sfera di cristallo, non sono indovini o medium. Essi adottando un preciso metodo di lavoro, sono in grado di tracciare una dinamica. In tutte le previsioni della corrente cui facciamo riferimento, il crollo del fronte interno americano è una condizione indispensabile per l'avvio di un ciclo rivoluzionario internazionale. L'insieme di portaerei, basi militari e potere del dollaro rappresenta una struttura materiale che regge quello che è rimasto dell'ordine mondiale.