Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  23 luglio 2024

Una società in crisi irreversibile

La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la sommossa in corso in Bangladesh.

Da un paio di settimane in tutto il paese si susseguono importanti manifestazioni. Gli studenti, opponendosi ad una legge che prevede una serie di facilitazioni alle famiglie dei reduci della guerra di liberazione dal Pakistan, si sono scontrati duramente con polizia ed esercito. L'epicentro della rivolta è stata l'Università di Dacca. Al di là della contestata legge, è evidente che anche il Bangladesh affronta gravi problemi di disoccupazione giovanile.

Ottavo paese più popoloso del pianeta, con 170 milioni di abitanti, il Bangladesh ha un'età media molto bassa e una popolazione concentrata principalmente nell'area urbana di Dacca, che ha una densità abitativa altissima, con 45.000 abitanti per km². Finora si registrano 160 morti, oltre a migliaia di feriti, manifestanti scomparsi, casi confermati di torture, anche ai danni dei giornalisti. Il governo ha chiuso Internet, ma così facendo ha contribuito ad aumentare il caos.

Oltre alle manifestazioni nella capitale, ci sono stati blocchi delle autostrade e delle ferrovie, attacchi alle stazioni di polizia, tentativi di invasione delle sedi delle TV, e la liberazione di detenuti dal carcere: tutti eventi che danno l'idea di una situazione quasi insurrezionale. Almeno a partire dal 2006, nel paese si è verificata una lunga serie di scioperi nelle fabbriche, in particolare nel settore tessile.

Le manifestazioni in Bangladesh si collegano cronologicamente, ma non solo, a quelle in Kenya, dove anche lì è la cosiddetta "generazione Z" (i nati tra il 1997 ed il 2012) a scendere in piazza, a causa della miseria, della disoccupazione e in generale per la mancanza di futuro. Nel paese africano la rivolta non ha leader ed è perciò difficile per lo stato intavolare una qualche forma di trattativa. Nel mondo, una nuova generazione di senza-riserve non ha più alcuna fiducia nel sistema e si mobilita non tanto per rivendicare qualcosa, quanto per mettere in discussione tutto. La rivolta è contro la legge del valore, anche se nessuno lo dice e in pochi ne sono coscienti. Come abbiamo scritto nell'articolo "Una vita senza senso":

"Lo Stato capitalistico può 'riconoscere' qualsiasi forza sociale, anche muovendole guerra per ricondurla entro i confini del compromesso; ma non potrà mai riconoscere l'anti-forma che emerge senza rivendicare nulla, che semplicemente dà vita a una società nuova e per essa combatte contro il vecchio ambiente. Questa sarà la forza della futura comunità-partito irriducibile al compromesso. L'individuo-molecola trova le connessioni adatte e passa dall'alienazione al senso di appartenenza, si aggrega, si polarizza, si fa organismo nuovo e completo. Il quale diventa per ciò stesso il principale nemico della forma attuale, anzi, l'unico vero nemico."

Quando parliamo di società divisa in 99% e 1% lo facciamo non per rivendicare un'equa ripartizione del valore, ma per dimostrare le conseguenze di quella che Marx chiama la legge della miseria crescente. Pochissimi miliardari guadagnano quanto centinaia di migliaia di proletari. La polarizzazione economica è causa di quella sociale, di qui le rivolte che scoppiano un po' ovunque. In Bangladesh, in Kenya, ed in altri paesi su cui non si puntano i riflettori dei media, migliaia di giovani si coordinano utilizzando i social network e scendono in piazza contro lo stato di cose presente. Nell'articolo "Le unghie della talpa" abbiamo visto che la forza produttiva sociale è tale che anonimi manifestanti, di fronte al blocco di Internet, hanno messo in piedi autonomamente reti mesh per superare il problema.

La guerra civile non deve scoppiare, essa è già in corso. Ciò che cambia è il livello di intensità. Lo stesso vale per la lotta di classe: finché la società è divisa in sfruttati e sfruttatori, essa non cessa. Nel mondo, a seconda dei criteri che si utilizzano per il conteggio, ci sono circa 2,5/3 miliardi di salariati, e tale massa ha una sua forza potenziale. La lotta di classe non è solo quella tra capitale e lavoro, ma anche quello che avviene in Francia, dove larghi strati della piccola borghesia e delle classi medie votano per partiti populisti/sovranisti perché sentono minacciate le conquiste ottenute in questa società. Il vice designato da Donald Trump, J. D. Vance (autore di Elegia americana), si appella alla classe operaia bianca del Midwest, immiserita a causa della deindustrializzazione.

Da anni la polarizzazione economica ha separato i rappresentanti del capitale dai senza-riserve, tutti i tentativi di mettere insieme gli opposti sono destinati a fallire. In certe parti del mondo ci sono polarizzazioni chiare, scioperi di massa (come in Corea del Sud dove è in corso uno sciopero ad oltranza dei lavoratori di Samsung), ma ci sono anche situazioni spurie, dove le classi sono mescolate e non c'è una direzione chiara del moto. Sempre più osservatori borghesi si rendono conto che il sistema sta arrivando al capolinea. Nel prossimo numero della rivista (appena portato in tipografia), la rassegna "Presa d'atto" prende spunto da un articolo dell'Economist incentrato sul crollo dell'ordine economico mondiale, delle sue regole e dei suoi assetti ("The new economic order", 11 maggio 2024). Un'altra rassegna, intitolata "Il capitalismo è morto", prende le mosse da un articolo pubblicato sul quotidiano economico Milano Finanza in cui si afferma che la finanza, così come funziona oggi, ha ucciso l'attuale modo di produzione. Si aggiungono poi due recensioni: una al libro Riot, sciopero, riot di Joshua Clover, che afferma che "siamo in una sorta di interregno, un intermezzo triste, illuminato ovunque da un senso di declino e dai fuochi che si accendono sul terreno planetario delle lotte"; e l'altra al film Civil War di Alex Garland, che descrive un'America nel caos, alle prese con un vasto conflitto civile.

Nei giorni scorsi il rilascio di un aggiornamento difettoso a un programma per la sicurezza da attacchi informatici e software dannosi (Falcon Sensor dell'azienda Crowdstrike) ha causato un effetto domino planetario mandando in tilt aeroporti, sistemi ferroviari, banche, ospedali e molto altro. Il bug ha colpito tutti i dispositivi con sistema operativo Windows, causandone il blocco e la conseguente interruzione dei servizi. L'update problematico si è aggiunto al disservizio della piattaforma Microsoft Azure avvenuto qualche ora prima, portando a quella che è stata definita una "tempesta perfetta". La fragilità intrinseca del sistema ha permesso ad aspetti tutto sommato minori di creare disagi a livello globale. In questi casi ricordiamo il saggio di Roberto Vacca Il medioevo prossimo venturo che parla della degradazione dei grandi sistemi.

La società capitalistica è quella che meno conosce sé stessa, almeno in rapporto ai grandi risultati raggiunti in termini produttivi. Il sommarsi di situazioni fuori controllo, come la crescita del debito americano e quello cinese, può determinare un crollo generale del sistema. Ad Haiti, un'isola ormai in mano alle gang, lo stato non esiste più. In Sudan, alle prese con una guerra dimenticata, milioni di sfollati cercano una via d'uscita nei malmessi paesi limitrofi. Nella Striscia di Gaza, l'esercito israeliano sta sterminando la popolazione civile. La Somalia è nel caos e potrebbero prendere il potere le milizie di Al Shabab. Il Libano è precipitato in una crisi cronica, e da banca del Medioriente si è trasformato in uno stato al collasso. Israele, oltre ad Hezbollah e Hamas, deve contrastare gli Houthi che dallo Yemen inviano droni. Quando diciamo "o passa la guerra o passa la rivoluzione", abbiamo in mente l'estendersi di questi scenari, e il fatto che gli Stati non possono fermarsi, solo la rivoluzione lo può. La guerra non può essere arrestata da forze interne al sistema. Il proletariato è sì una componente della società capitalistica, ma quando lotta per sé con alla testa il suo partito anticipa un'altra forma sociale.

Un modello computerizzato del mondo dovrà averlo anche il partito della rivoluzione. I mezzi tecnici di cui si avvale la rivoluzione non possono essere ad un livello inferiore di quelli utilizzati nella produzione industriale. Per adesso i mezzi a disposizione dei rivoluzionari sono rudimentali, indubbiamente bisognerà passare da un wargame di tipo analogico (come le Tesi sulla tattica del 1922) ad uno digitale. Il futuro organismo anti-forma riuscirà a supplire a questa mancanza grazie alla rete (computer che lavorano in parallelo). Va ricordato che nei momenti di polarizzazione sociale si verificano spaccature anche all'interno della classe dominante, gli eserciti possono frammentarsi o capitolare, come nel caso delle armate controrivoluzionarie di Kornilov ("Le attenzioni dello Stato").

Quello che stiamo vivendo è un periodo di grandi conferme, sia del lavoro di Marx che di quello della Sinistra. Ci troviamo nel bel mezzo di una transizione di fase, il cui epilogo non sarà pacifico e indolore. Non si tratta del passaggio da un modo di produzione ad un altro, ma della chiusura del ciclo delle società di classe, che aprirà le porte ad un organico metabolismo sociale.

Articoli correlati (da tag)

  • La curva del capitalismo non ha ramo discendente

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un approfondimento del testo "Teoria e azione nella dottrina marxista" (1951), ed in particolare del seguente passo:

    "Alla situazione di dissesto dell'ideologia, dell'organizzazione e dell'azione rivoluzionaria è falso rimedio fare assegnamento sull'inevitabile progressiva discesa del capitalismo che sarebbe già iniziata e in fondo alla quale attende la rivoluzione proletaria. La curva del capitalismo non ha ramo discendente."

    L'andamento del capitalismo non è di tipo gradualistico, ma catastrofico e questo dipende dagli stessi meccanismi di accumulazione. Anche se cala il saggio medio di profitto, cresce la massa del profitto, altrimenti non ci sarebbe capitalismo e cioè valore che si valorizza (D-M-D'). La Tavola II ("Interpretazione schematica dell'avvicinamento dei regimi di classe nel marxismo rivoluzionario") di "Teoria e azione" ci suggerisce che non c'è una lenta discesa dell'attuale modo di produzione (fatalismo, gradualismo), ma un accumulo di contraddizioni che ad un certo punto trova una soluzione di tipo discontinuo (cuspide, singolarità).

  • Cresce la tensione ovunque

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la situazione di guerra in Medioriente.

    Recentemente, le forze di difesa israeliane hanno preso di mira le basi UNIFIL presenti nel sud del Libano, lungo la "linea blu", con il chiaro intento di farle evacuare. Nell'attacco sono state distrutte le telecamere e le torrette di osservazione, e ci sono stati alcuni feriti tra i caschi blu. I ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno manifestato il loro disappunto, mentre Israele ha dichiarato di aver precedentemente invitato il comando UNIFIL a ritirarsi. Le truppe dell'ONU sono presenti in Libano dagli inizi degli anni '80 in quanto "forza militare di interposizione", ma evidentemente il tempo della mediazione è finito per lasciare spazio a quello della guerra aperta.

    Hezbollah è riuscito a penetrare in profondità nel territorio israeliano attaccando, con alcuni droni, un campo di addestramento della Brigata Golani, poco fuori la città di Haifa. I sistemi di difesa nemici non sono riusciti ad intercettare i velivoli e pare che uno di questi abbia colpito una mensa, uccidendo quattro soldati israeliani e provocando diversi feriti. Nonostante la decapitazione delle leadership di Hamas e di Hezbollah, le ramificazioni dei miliziani sono tutt'altro che smantellate. Alcuni analisti fanno notare che, al di là delle figure di spicco, l'organizzazione islamista ha una struttura a rete. Dato che i leader vengono periodicamente uccisi, Hamas si è posta il problema di rigenerare continuamente i propri quadri. La struttura è difficilmente eliminabile anche perché svolge una funziona di welfare state ed è radicata nella popolazione. Hezbollah, in Libano, è un partito politico che siede in Parlamento, esprime sindaci e ministri, e con la sua rete di assistenza dà sostegno ad un'ampia fetta di popolazione sciita. In entrambi i casi si tratta di strutture che riescono ad auto-rigenerarsi anche dopo aver subito duri colpi.

  • Dall'impero americano, al caos, alla rivoluzione

    La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dall'intervento di Lucio Caracciolo al festival di Limes a Genova 2024 ("Dall'impero americano al caos").

    Le determinazioni materiali spingono gli analisti di politica ed economia internazionale ad affermazioni forti. Caracciolo sostiene che le guerre in corso riguardano la transizione egemonica, ma che nei fatti non c'è nessun nuovo candidato alla guida di un mondo post-USA, e prevede una fase più o meno lunga di caos. Va ricordato che, almeno dagli anni Settanta, si è scoperto che non esiste il caos fine a sé stesso. Gli studi sui sistemi dinamici e la complessità ci indicano l'esistenza di un caos deterministico, nel quale vi sono attrattori strani che rappresentano un nuovo tipo di ordine. Il caos non è dunque il punto di arrivo, ma rappresenta la transizione ad una nuova forma sociale. I teorici dell'autorganizzazione, ad esempio Stuart Kauffman, descrivono il margine del caos come quella "terra di confine" che rende possibili nuove configurazioni.

    Nella rivista monografica "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" abbiamo descritto la guerra, apertasi dopo il crollo del blocco sovietico, il miglior nemico degli USA. Quel mondo bipolare aveva trovato un equilibrio fondato sulla deterrenza nucleare ("Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio"), che oggi è venuto meno anche dal punto di vista demografico: gli americani sono circa 300 milioni mentre il resto del mondo conta oltre 7 miliardi e mezzo di abitanti. E poi, di questi 300 milioni, la maggioranza non fa parte del sistema dell'1%: lo testimoniano l'ultima ondata di scioperi e il fatto che l'esercito abbia problemi con l'arruolamento. Si sono affacciate sul mondo nuove grandi potenze, in primis la Cina, che già solo per il fatto di esistere e crescere, economicamente e militarmente, mettono in discussione il primato degli Stati Uniti.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email