Se in un contesto di guerra limitato al territorio ucraino scarseggiano i proiettili, proviamo a pensare cosa potrebbe accadere se il conflitto si estendesse territorialmente e si prolungasse. Si stanno sperimentando nuove armi, ma per adesso queste non hanno preso il posto delle vecchie. Il volume di fuoco è diventato insostenibile, la struttura produttiva internazionale, per come si è configurata negli ultimi decenni, non sarebbe in grado di reggere un conflitto convenzionale generalizzato per lungo tempo. L'Occidente ha delocalizzato parte delle industrie pesanti (quelle che lavorano acciaio e ferro) in Asia, e ora si rende conto che dipende dagli altri e cerca di correre ai ripari. Metà del totale dell'acciaio mondiale è prodotto in Cina, la stessa Unione Europea riceve l'80% delle forniture di armi da paesi extra-europei. Paesi come la Russia, la cui industria primaria (siderurgica, metallurgica, meccanica e petrolchimica) è più sviluppata rispetto a quella secondaria, sono avvantaggiati. Putin ha dato il via libera ad esercitazioni con le atomiche tattiche al confine con l'Ucraina, in risposta alle dichiarazioni di Macron sulla possibilità di inviare truppe occidentali in territorio ucraino, e di quelle del ministro degli Esteri britannico Cameron, che ha autorizzato l'Ucraina ad usare le armi fornite dalla Gran Bretagna per colpire obiettivi all'interno della Russia. Alcuni paesi europei pensano di reintrodurre il servizio di leva obbligatorio, ma tali cambiamenti hanno bisogno di tempo; inoltre, gli eserciti d'oggi sono professionali, composti da personale altamente specializzato.
Ci stiamo avvicinando a delle "linee rosse", superate le quali ci sarà un salto di livello nel conflitto. Cosa succederà nel caso di collasso del fronte ucraino? La NATO fino a che punto accetterà un'avanzata dell'esercito russo? Il pacchetto di aiuti degli USA all'Ucraina (60 milardi di dollari) è formato per lo più da fondi che vanno a sostenere l'industria bellica americana, sono aiuti tardivi e non bastano a reggere l'offensiva russa. E non c'è solo un problema di armi e munizioni, ma anche di uomini da spedire al fronte. Non è detto infatti che i giovani ucraini continueranno ad accettare di essere mandati al macello, ben sapendo che la situazione volge al peggio.
Da qualche settimana le forze armate russe hanno intensificato gli attacchi alla rete ferroviaria ed elettrica ucraina per impedire l'arrivo delle armi promesse dagli USA. Tali attacchi avranno conseguenze sulla tenuta del fronte interno, dato che ad essere colpita è la popolazione civile. Il Papa ha dichiarato che l'esercito ucraino dovrebbe accettare la sconfitta e alzare bandiera bianca, probabilmente ha il "sentore" che il fronte interno potrebbe cedere. Negli ultimi mesi in Ucraina è cresciuto il numero di coloro che si rifiutano di andare in guerra, mentre Polonia e Lituania hanno dichiarato di voler rimpatriare gli ucraini arruolabili, residenti nel loro territorio, che non vogliono combattere.
In Medioriente, le forze di difesa israeliane hanno occupato il valico di Rafah che collega la Striscia di Gaza all'Egitto. L'occupazione non consente il passaggio di aiuti umanitari e rientra nel progetto di invadere la stessa Rafah, dove si ammassano oltre un milione di sfollati. La guerra a Gaza è condotta in ambiente metropolitano ed è un'anticipazione dei conflitti futuri. Ufficalmente l'amministrazione Biden si è detta contraria a quest'azione, evidentemente vuole evitare un'escalation nell'area; inoltre, deve gestire le proteste nelle università in solidarietà alla Palestina.
Da un'intervista ad uno studente della Columbia University trasmessa su Radio Onda d'Urto si deduce che la mobilitazione nei campus sta evolvendo. La critica al suprematismo dei bianchi in Medioriente viene collegata al ruolo del suprematismo negli USA, stabilendo una connessione con le mobilitazioni di Black Lives Matter. Sono decine le università che hanno visto occupazioni, sgomberi e studenti arrestati (più di 2000). Volendo trovare delle similitudini con Occupy Wall Street, sicuramente quello degli accampamenti è un invariante, ma lo è anche la velocità con cui le proteste si sono diffuse nel mondo. Ciò che però manca è il messaggio universale di OWS, ovvero "noi siamo il 99% e lottiamo per abbattere il sistema dell'1%". Il "movimento" attuale non è ancora arrivato ad elaborare questo messaggio, semplice ma potente.
La situazione a livello mondiale sta accelerando, numerosi processi si stanno intrecciando e influenzando a vicenda. Gli USA sono impegnati sui fronti mediorientale e ucraino, ma la vera sfida strategica è quella con la Cina nell'Indo-Pacifico, per ora non ancora teatro di guerra. Gli USA non possono reggere lo scontro militare su due o tre fronti contemporaneamente. All'interno della classe dominante statunitense ci sono diverse componenti che si scontrano tra loro e non sono riducibili agli schieramenti democratico/repubblicano: vi sono quelli che pensano che sia meglio ritirarsi da certe aree per concentrarsi su altre (con relativa chiusura economica di tipo protezionistico), e chi invece è disposto a tutto pur di conservare l'egemonia sul mondo. In quest'ottica è da analizzare la ventilata ipotesi di abbandono della NATO da parte degli USA. Dal punto di vista dell'impiego di capitali e uomini, per gli Stati Uniti sarebbe necessario che sul fronte europeo ci fossero nazioni affidabili a cui delegare la gestione della guerra con la Russia, ma anche l'area europea è vista come un concorrente.
Le guerre sono rotture dovute al cambiamento di equilibri a livello mondiale e non possono essere risolte mettendo d'accordo questo o quel governante. Il vecchio ordine internazionale a gestione statunitense ormai è saltato. Non si può far tornare indietro la storia, un nuovo ordine capitalistico a guida cinese non sarà possibile, e perciò il marasma sociale e le guerre non potranno che aumentare.
"La rivoluzione verrà se la guerra sarà bloccata sul suo scatto, e capovolta, ossia se impedirà che la guerra si sviluppi. Perché tanto sia possibile sarà necessario che un potente partito internazionale sia organizzato con la dottrina che solo abbattendo il capitalismo si impedisce la serie delle guerre. Insomma, l'alternativa è questa: o passa la guerra, o passa la rivoluzione", scrive Bordiga al compagno Ceglia nel 1957.
I giornali borghesi attribuiscono le cause delle guerre alla volontà dei grandi uomini, personalizzando i processi storici. Abbiamo sempre detto che il capitalismo è un sistema che perde energia, e questo lo porta verso una transizione di fase. Anche il fenomeno guerra ne è una conseguenza, un automatismo che ad un certo punto scatta. Al netto della situazione contingente e delle motivazioni politiche alla base, questo mondo è sempre più fuori controllo e la catastrofe si manifesta in campo economico, militare, ambientale, sanitario. Non stupisce dunque che vengano pubblicati saggi con titoli come 2030. La tempesta perfetta (Comin, Speroni).
Se il cadavere cammina ancora ("Sul filo del tempo", 1953), non lo potrà fare ancora a lungo, e quindi si può delineare una traiettoria storica: la guerra è un processo che si autoalimenta, che si spinge fino all'estremo. Se non si spezza questa dinamica, se non interviene un organismo antiformista, l'umanità rischia di precipitare in un conflitto che, con l'impiego delle moderne armi automatiche e intelligenti, potrebbe metterne a rischio l'esistenza ("La Quarta Guerra Mondiale").