Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  7 maggio 2024

La guerra è dissipazione di energia

La teleriunione di martedì sera è iniziata discutendo dell'evoluzione degli attuali scenari di guerra.

Gli Stati, anche quelli importanti come USA e Federazione Russa, faticano a tenere il passo nella produzione di munizioni necessaria per il conflitto in corso in Ucraina. Il Fatto Quotidiano riporta alcuni dati significativi: nel giugno 2022 i Russi sparavano 60 mila colpi al giorno, a gennaio del 2024 ne sparavano 10-12 mila contro i 2 mila dell'esercito avversario. Senza l'aiuto dell'Occidente l'Ucraina sarebbe già collassata, ma ora l'America ha delle difficoltà: "Gli Usa, il principale fornitore di proiettili di artiglieria dell'Ucraina, producono 28mila munizioni da 155 mm al mese con piani di aumento della produzione a 100mila entro il 2026." La fabbricazione di tali quantità di munizioni comporta uno sforzo nell'approvvigionamento di materie prime, e infatti c'è una corsa all'accaparramento di scorte di alluminio e titanio. Già l'anno scorso l'Alto rappresentante UE per la politica estera, Josep Borrell, affermava: "In Europa mancano le materie prime per produrre le munizioni da mandare all'Ucraina".

Se in un contesto di guerra limitato al territorio ucraino scarseggiano i proiettili, proviamo a pensare cosa potrebbe accadere se il conflitto si estendesse territorialmente e si prolungasse. Si stanno sperimentando nuove armi, ma per adesso queste non hanno preso il posto delle vecchie. Il volume di fuoco è diventato insostenibile, la struttura produttiva internazionale, per come si è configurata negli ultimi decenni, non sarebbe in grado di reggere un conflitto convenzionale generalizzato per lungo tempo. L'Occidente ha delocalizzato parte delle industrie pesanti (quelle che lavorano acciaio e ferro) in Asia, e ora si rende conto che dipende dagli altri e cerca di correre ai ripari. Metà del totale dell'acciaio mondiale è prodotto in Cina, la stessa Unione Europea riceve l'80% delle forniture di armi da paesi extra-europei. Paesi come la Russia, la cui industria primaria (siderurgica, metallurgica, meccanica e petrolchimica) è più sviluppata rispetto a quella secondaria, sono avvantaggiati. Putin ha dato il via libera ad esercitazioni con le atomiche tattiche al confine con l'Ucraina, in risposta alle dichiarazioni di Macron sulla possibilità di inviare truppe occidentali in territorio ucraino, e di quelle del ministro degli Esteri britannico Cameron, che ha autorizzato l'Ucraina ad usare le armi fornite dalla Gran Bretagna per colpire obiettivi all'interno della Russia. Alcuni paesi europei pensano di reintrodurre il servizio di leva obbligatorio, ma tali cambiamenti hanno bisogno di tempo; inoltre, gli eserciti d'oggi sono professionali, composti da personale altamente specializzato.

Ci stiamo avvicinando a delle "linee rosse", superate le quali ci sarà un salto di livello nel conflitto. Cosa succederà nel caso di collasso del fronte ucraino? La NATO fino a che punto accetterà un'avanzata dell'esercito russo? Il pacchetto di aiuti degli USA all'Ucraina (60 milardi di dollari) è formato per lo più da fondi che vanno a sostenere l'industria bellica americana, sono aiuti tardivi e non bastano a reggere l'offensiva russa. E non c'è solo un problema di armi e munizioni, ma anche di uomini da spedire al fronte. Non è detto infatti che i giovani ucraini continueranno ad accettare di essere mandati al macello, ben sapendo che la situazione volge al peggio.

Da qualche settimana le forze armate russe hanno intensificato gli attacchi alla rete ferroviaria ed elettrica ucraina per impedire l'arrivo delle armi promesse dagli USA. Tali attacchi avranno conseguenze sulla tenuta del fronte interno, dato che ad essere colpita è la popolazione civile. Il Papa ha dichiarato che l'esercito ucraino dovrebbe accettare la sconfitta e alzare bandiera bianca, probabilmente ha il "sentore" che il fronte interno potrebbe cedere. Negli ultimi mesi in Ucraina è cresciuto il numero di coloro che si rifiutano di andare in guerra, mentre Polonia e Lituania hanno dichiarato di voler rimpatriare gli ucraini arruolabili, residenti nel loro territorio, che non vogliono combattere.

In Medioriente, le forze di difesa israeliane hanno occupato il valico di Rafah che collega la Striscia di Gaza all'Egitto. L'occupazione non consente il passaggio di aiuti umanitari e rientra nel progetto di invadere la stessa Rafah, dove si ammassano oltre un milione di sfollati. La guerra a Gaza è condotta in ambiente metropolitano ed è un'anticipazione dei conflitti futuri. Ufficalmente l'amministrazione Biden si è detta contraria a quest'azione, evidentemente vuole evitare un'escalation nell'area; inoltre, deve gestire le proteste nelle università in solidarietà alla Palestina.

Da un'intervista ad uno studente della Columbia University trasmessa su Radio Onda d'Urto si deduce che la mobilitazione nei campus sta evolvendo. La critica al suprematismo dei bianchi in Medioriente viene collegata al ruolo del suprematismo negli USA, stabilendo una connessione con le mobilitazioni di Black Lives Matter. Sono decine le università che hanno visto occupazioni, sgomberi e studenti arrestati (più di 2000). Volendo trovare delle similitudini con Occupy Wall Street, sicuramente quello degli accampamenti è un invariante, ma lo è anche la velocità con cui le proteste si sono diffuse nel mondo. Ciò che però manca è il messaggio universale di OWS, ovvero "noi siamo il 99% e lottiamo per abbattere il sistema dell'1%". Il "movimento" attuale non è ancora arrivato ad elaborare questo messaggio, semplice ma potente.

La situazione a livello mondiale sta accelerando, numerosi processi si stanno intrecciando e influenzando a vicenda. Gli USA sono impegnati sui fronti mediorientale e ucraino, ma la vera sfida strategica è quella con la Cina nell'Indo-Pacifico, per ora non ancora teatro di guerra. Gli USA non possono reggere lo scontro militare su due o tre fronti contemporaneamente. All'interno della classe dominante statunitense ci sono diverse componenti che si scontrano tra loro e non sono riducibili agli schieramenti democratico/repubblicano: vi sono quelli che pensano che sia meglio ritirarsi da certe aree per concentrarsi su altre (con relativa chiusura economica di tipo protezionistico), e chi invece è disposto a tutto pur di conservare l'egemonia sul mondo. In quest'ottica è da analizzare la ventilata ipotesi di abbandono della NATO da parte degli USA. Dal punto di vista dell'impiego di capitali e uomini, per gli Stati Uniti sarebbe necessario che sul fronte europeo ci fossero nazioni affidabili a cui delegare la gestione della guerra con la Russia, ma anche l'area europea è vista come un concorrente.

Le guerre sono rotture dovute al cambiamento di equilibri a livello mondiale e non possono essere risolte mettendo d'accordo questo o quel governante. Il vecchio ordine internazionale a gestione statunitense ormai è saltato. Non si può far tornare indietro la storia, un nuovo ordine capitalistico a guida cinese non sarà possibile, e perciò il marasma sociale e le guerre non potranno che aumentare.

"La rivoluzione verrà se la guerra sarà bloccata sul suo scatto, e capovolta, ossia se impedirà che la guerra si sviluppi. Perché tanto sia possibile sarà necessario che un potente partito internazionale sia organizzato con la dottrina che solo abbattendo il capitalismo si impedisce la serie delle guerre. Insomma, l'alternativa è questa: o passa la guerra, o passa la rivoluzione", scrive Bordiga al compagno Ceglia nel 1957.

I giornali borghesi attribuiscono le cause delle guerre alla volontà dei grandi uomini, personalizzando i processi storici. Abbiamo sempre detto che il capitalismo è un sistema che perde energia, e questo lo porta verso una transizione di fase. Anche il fenomeno guerra ne è una conseguenza, un automatismo che ad un certo punto scatta. Al netto della situazione contingente e delle motivazioni politiche alla base, questo mondo è sempre più fuori controllo e la catastrofe si manifesta in campo economico, militare, ambientale, sanitario. Non stupisce dunque che vengano pubblicati saggi con titoli come 2030. La tempesta perfetta (Comin, Speroni).

Se il cadavere cammina ancora ("Sul filo del tempo", 1953), non lo potrà fare ancora a lungo, e quindi si può delineare una traiettoria storica: la guerra è un processo che si autoalimenta, che si spinge fino all'estremo. Se non si spezza questa dinamica, se non interviene un organismo antiformista, l'umanità rischia di precipitare in un conflitto che, con l'impiego delle moderne armi automatiche e intelligenti, potrebbe metterne a rischio l'esistenza ("La Quarta Guerra Mondiale").

Articoli correlati (da tag)

  • Sono mature le condizioni per una società nuova

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni sulle strutture intermedie tra il partito e la classe.

    Occupy Sandy non era né un sindacato né, tantomeno, un partito, ma una struttura di mutuo-aiuto nata sull'onda dell'emergenza e dell'incapacità della macchina statale di intervenire efficacemente per aiutare la popolazione. In "Partito rivoluzionario e azione economica" (1951) si afferma che, nella prospettiva di ogni movimento rivoluzionario generale, non possono non essere presenti tali fondamentali fattori: un ampio e numeroso proletariato, un vasto strato di organizzazioni intermedie e, ovviamente, la presenza del partito rivoluzionario. Gli organismi di tipo intermedio non devono per forza essere strutture già esistenti (ad esempio i sindacati), ma possono essere forme nuove (come i Soviet in Russia). Il tema è stato approfondito in una corrispondenza con un lettore intitolata "Sovrappopolazione relativa e rivendicazioni sindacali".

    Nella tavola VIII (Schema marxista del capovolgimento della prassi), riportata in "Teoria ed azione nella dottrina marxista" (1951), vediamo che alla base dello schema ci sono le forme ed i rapporti di produzione, le determinazioni economiche e le spinte fisiologiche, che portano la classe a muoversi verso la teoria e la dottrina (partito storico), passando attraverso strutture intermedie. Si tratta di cicli di feedback che irrobustiscono la struttura del partito formale. Quando si parla di classe, partito e rivoluzione bisogna intendere una dinamica, un processo che si precisa nel corso del tempo:

  • Vedere oltre la catastrofe

    La teleriunione di martedì sera è iniziata affrontando il tema delle imminenti elezioni americane.

    Come nota The Economist nell'articolo "The risk of election violence in America is real", il termometro sociale negli USA registra l'aumento della tensione, con toni da guerra civile. Nel nostro testo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo scritto che "la direzione del moto storico, l'andare verso... è irreversibile. Se il determinismo ha un senso, gli Stati Uniti sono ciò che la storia del globo li ha portati ad essere."

    La polarizzazione economica e politica negli USA è il prodotto di una dinamica storica che possiamo far partire almeno dal 1971, quando il presidente Nixon eliminò l'ancoraggio del dollaro all'oro. Gli Stati Uniti assommano su di sé tutte le contraddizioni del capitalismo mondiale, e non è un caso che proprio lì sia nato un movimento avanzato come Occupy Wall Street che, nei suoi due anni di esistenza, ha voltato le spalle alla politica parlamentare, al leaderismo e al riformismo. Interessante, a tal proposito, la descrizione che viene fatta di Occupy Sandy nel libro Emergenza. Come sopravvivere in un mondo in fiamme di Adam Greenfield:

  • Cresce la tensione ovunque

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la situazione di guerra in Medioriente.

    Recentemente, le forze di difesa israeliane hanno preso di mira le basi UNIFIL presenti nel sud del Libano, lungo la "linea blu", con il chiaro intento di farle evacuare. Nell'attacco sono state distrutte le telecamere e le torrette di osservazione, e ci sono stati alcuni feriti tra i caschi blu. I ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno manifestato il loro disappunto, mentre Israele ha dichiarato di aver precedentemente invitato il comando UNIFIL a ritirarsi. Le truppe dell'ONU sono presenti in Libano dagli inizi degli anni '80 in quanto "forza militare di interposizione", ma evidentemente il tempo della mediazione è finito per lasciare spazio a quello della guerra aperta.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email