Negli Stati Uniti circa il 40% del mais prodotto viene utilizzato per produrre etanolo, mentre il crollo del prezzo del grano ci indica che è drasticamente diminuito il consumo di questo importante bene di prima necessità.
Una società in grado di progettare macchine sofisticatissime ma che al contempo non riesce a salvaguardarsi dallo sciupìo e dalla dissipazione di energia, è una società che non funziona. Il capitalismo è costretto dai propri meccanismi intrinseci alla sovrapproduzione, riempiendo il mercato di merci che non possono essere assorbite e che sono quindi destinate al macero, e allo stesso tempo affamando milioni di persone che non possono accedere economicamente a quei beni.
L'impronta ecologica offre la misura di quanto sia cresciuto il divario fra l'equilibrio termodinamico e la dissipazione di energia del sistema, cioè di risorse che, se il capitalismo non verrà a breve superato, andranno irreversibilmente perdute (ad es. foresta primaria o l'acqua di molti fiumi). Esiste un limite fisico con cui l'attuale modo di produzione deve fare i conti. Proviamo solo ad immaginare cosa significhi alimentare o portare energia a città delle dimensioni di Seul, Città del Messico, Tokio o Pechino. Le metropoli globali sono molto vicine a un punto di non ritorno che apre la via a scenari apocalittici, spesso ben rappresentati dalla macchina hollywoodiana che altro non fa, in effetti, che attingere dalla realtà. Viene in mente il film The Road, e anche il meno recente Quarto Potere, in cui l'avidità e la smania per il possesso del protagonista finiscono per isolarlo e condurlo alla disperazione.
Sui social network capita sempre più spesso di imbattersi in articoli che trattano della potenza della rivoluzione informatica, tema oramai all'ordine del giorno. Sono sempre più numerosi inoltre blog e siti che pubblicano materiale con una chiara linea di rifiuto del lavoro e della società nociva basata sullo sfruttamento salariato. Un esempio significativo è l'articolo Nei prossimi anni non troverai un lavoro decente, perché il capitalismo sta crollando.
A differenza degli albori della rivoluzione industriale inglese, non assistiamo a fenomeni di luddismo o comunque di avversione alle macchine, perché oggi è fin troppo semplice immaginare l'utilizzo razionale dei robot e delle infrastrutture informatiche per liberare gli esseri umani dal giogo del lavoro. E ad un certo punto il capitalismo risulterà di troppo.
Tali temi sono stati affrontati a fondo da Marx nel primo libro del Capitale o dalla Sinistra Comunista "italiana"; è interessante che oggi siano diffusi e trattati con un linguaggio semplice e diretto anche da chi non fa riferimento ad essi. Questo significa che inizia a porsi il paragone con una società completamente diversa da questa. Il funzionamento basilare del capitalismo e la conseguente critica vengono in superficie perché sempre meno il contenuto, la società futura, corrisponde al contenitore, il vecchio modo di produzione. Tutto ciò mentre le vecchie strutture - partiti, sindacati, ecc. - si stanno dissolvendo. Nel panorama politico italiano i 5 stelle sono stati gli unici a riconoscere o per lo meno a intuire le avvisaglie del nuovo che avanza, ma sono stati ben presto fagocitati nel cretinismo parlamentare, auto-integrandosi nel vecchio paradigma.
In chiusura si è accennato alla possibilità di un super-imperialismo. Il corso del capitalismo è una tendenza che porta alla formazione di monopoli in conflitto fra loro. A questo punto, quando i predatori fanno fuori tutte le prede, come nel modello di Volterra, non rimane più nulla da mangiare e l'unica possibilità che resta è l'estinzione della forma sociale.