La maggior parte della forza lavoro che opera in questo settore è assunta da agenzie interinali o cooperative. E' significativo che Apple, l'azienda statunitense che produce computer e dispositivi multimediali, a "fronte di 63 mila dipendenti diretti abbia 750 mila contractors" ("Gli schiavi che lavorano da mezzanotte all'alba", il venerdì). I contractors non sono solo i mercenari che operano nelle zone di guerra in Iraq o Afghanistan, ma anche gli operai che lavorano più o meno saltuariamente per aziende "civili". In Italia le cooperative ingaggiano migliaia di lavoratori non solo nel comparto della logistica ma anche negli ospedali, negli enti pubblici (comuni, province e regioni), nel settore agricolo, in quello museale e pure in quello industriale. In alcuni casi gli operai vengono assunti e licenziati tramite WhatsApp o altri servizi di messaggistica. Sono argomenti che abbiamo affrontato nell'articolo "L'outsourcing globale", in cui abbiamo notato che la disgregazione generale del mercato del lavoro porta le grandi aziende a scaricare i problemi su ditte terze le quali, per non perdere margini di profitto, tagliano i salari. Di fronte a questa situazione i sindacati esistenti, preoccupati per la loro perdita di energia, cercano rimedi (per esempio la CGIL ha realizzato il NIdiL, una struttura per organizzare i lavoratori in somministrazione e quelli atipici), ma accettando fino in fondo la logica della responsabilità verso l'economia nazionale, rimangono come bloccati.
L'"outsourcing" ha inoltre portato alla diffusione di aziende senza dipendenti propri, senza sedi o impianti stabili e anche senza un padrone, sostituito magari da una miriade di azionisti. In anticipo sui tempi, la nostra corrente ne parlava già negli anni '50 del secolo scorso:
"Sulla traccia dello studio Proprietà e Capitale vediamo il fattore essenziale dell'attuale fase capitalista mondiale nell'impresa - quella edilizia ne fornisce un esempio suggestivo - che lavora senza sede e impianto proprio e stabile, con capitale minimo ma per un profitto massimo e può fare questo perché si è asservito lo Stato che distribuisce il capitale e incamera le perdite." (Lezioni delle controrivoluzioni, 1951)
Da tempo assistiamo alla rottura dei limiti aziendali: la catena di montaggio interna alla fabbrica verticale si è prolungata sul territorio tramite la logistica (porti, aerei, navi e automezzi); il capitalista è stato via via sostituito dall'azionista, e l'operaio professionale di ordinovista memoria con il giovane precario senza garanzie. A questo punto si potrebbe pensare che, se tutto è in mano ad un Capitale automatizzato e la società è sempre più disgregata ed out of control, qualsiasi azione politica organizzata sia impossibile. Stuart Kauffman nel saggio A casa nell'universo e Mark Buchanan in Nexus dimostrano invece che proprio dal caos emergono sistemi organizzati. In natura si formano strutture robuste, cioè ordinate in rete, quando gli elementi di partenza, nel loro agitarsi caotico, superano una soglia critica in numero, posizione e qualità. La nostra corrente ha definito questo processo polarizzazione sociale e l'ha esaminato a fondo nelle Tesi di Roma del PCd'I sulla formazione e lo sviluppo del partito della rivoluzione (1922).
Siamo quindi passati a parlare delle più recenti esperienze di autorganizzazione sociale.
Se nello sciopero dei corrieri americani di UPS (1997) i mezzi di coordinamento utilizzati dai lavoratori erano stati gli stessi GPS e cellulari forniti dall'azienda per svolgere il lavoro, oggi strumenti simili sono a disposizione di chiunque (una tasca, uno smartphone). E infatti il livello di coordinamento raggiunto dal movimento Occupy Wall Street nel 2011-12 è legato proprio alla diffusione di questa strumentazione cibernetica. OWS è stata l'ultima importante esperienza che ha messo insieme lavoratori "stabili", precari, studenti indebitati, senzatetto, insomma il 99%; e che durante gli scioperi generali ha costretto un sindacato ultra-corporativo come l'AFL-CIO ad accodarsi per non rimanere tagliato fuori.
Un compagno ha letto un estratto dall'ultimo libro di Naomi Klein, Shock Politics, pubblicato su L'Espresso. Secondo la giornalista canadese la vittoria elettorale di Trump è il prodotto del caos globale, di una fase di cambiamenti epocali e repentini in cui l'1% ha fatto a meno degli intermediari politici e si è fatto esso stesso governo:
"L'esecutivo di Trump, zeppo di miliardari e multimilionari, ci spiega tante cose sulle mete occulte dell'amministrazione. ExxonMobil come segretario di Stato. General Dynamics e Boeing come ministro della Difesa. E i ragazzi di Goldman Sachs per quasi tutto quel che rimane."
Per Klein il governo Trump persegue la "decostruzione dello stato regolatore" (welfare e servizi sociali), punta tutto sui combustibili fossili e pratica una guerra contro gli immigrati. Questo insieme di fatti porterà ad un'ondata di crisi e shock che sarà utilizzata dall'attuale amministrazione per dichiarare lo stato d'assedio:
"Una crisi importante, che sia un attacco terrorista o un crollo finanziario, probabilmente fornirebbe il pretesto per dichiarare una sorta di stato d'eccezione o d'emergenza, nel quale le solite regole non vigono più. A sua volta ciò potrebbe fornire la scusa per far passare aspetti dell'agenda Trump che richiedono un'ulteriore sospensione delle norme democratiche basilari, come il suo proposito di negare l'accesso al paese a tutti i musulmani (non solo a quelli di alcuni paesi selezionati), la sua minaccia lanciata su Twitter di spedire 'i federali' a combattere la violenza nelle strade di Chicago o il suo evidente desiderio di imporre restrizioni alla stampa. Una crisi economica abbastanza grave gli regalerebbe la scusa per smantellare programmi come la previdenza sociale, che Trump ha giurato di proteggere ma che molti attorno a lui vogliono morta da decenni."
Le "campagne di denuncia" di leniniana memoria non hanno più senso visto che a farle oggi è la stessa borghesia. Tali iniziative, in cui esponenti del Sistema criticano il Sistema seppure aspramente e apertamente sui media ufficiali, sono da prendere con le pinze, perchè sono il risultato di uno scontro interno alla borghesia ed utilizzate da una fazione contro l'altra. Klein è una delle tante voci giornalistiche ostili al "capitalismo dei disastri", ma sprovvista degli strumenti teorici necessari ad andare oltre ad una critica di tipo politico-morale. Rimane comunque significativo l'aumento di saggi, convegni e articoli negli Stati Uniti e altrove, che hanno per oggetto lo spreco di risorse, lo sviluppo sostenibile, la rovina dell'ambiente, e persino la decrescita quantitativa e la critica termodinamica della dissipazione (entropia) capitalistica.