I media mainstream, intanto, puntano i riflettori su altro, spesso su notizie secondarie. Uno su tutti lo spread. Quando scattano determinate pressioni politiche, eccolo tornare sulle prime pagine dei giornali come una sorta di segnale lanciato ai governi affinché eseguano gli ordini dei mercati. In realtà, il dato più interessante non è tanto la differenza di rendimento tra due titoli di Stato - lo spread appunto -, ma quella che si realizza tra Buoni del tesoro a 2 e 10 anni: se i primi si vendono più dei secondi, allora significa che la fiducia a lungo termine nel paese non c'è più e che i capitali se ne stanno andando altrove.
Il sistema bancario italiano è pieno di titoli di Stato e questa è la vera mina pronta ad esplodere. Quando il tasso di interesse aumenta, diminuisce il prezzo dei titoli di riferimento e con ciò entrano in crisi i bilanci dei maggiori istituiti bancari e delle assicurazioni, come sta accadendo in questi giorni. Anche le industrie sono piene di titoli tossici, iscritti in attivo nei bilanci. L'Argentina per salvarsi ha emesso buoni a 100 anni raccogliendo una certa quantità di capitali, ma al costo di cari interessi. Per uscire da questa crisi l'unica soluzione potrebbe essere quella di azzerare, cancellandoli, i capitali in esubero; il problema è che gli esiti di un'operazione del genere sono imprevedibili.
La carenza di teoria e quindi di comprensione del sistema da parte degli addetti ai lavori (economisti, governanti, banchieri, ecc.) è dovuta al fatto che essi pensano in termini ragionieristici, e ciò produce una prassi che mira a risolvere i problemi via via che si presentano, senza nessuna progettualità a medio e lungo termine. Anche gli economisti "critici" che teniamo d'occhio, tipo P. Krugman, J. Stiglitz e N. Roubini, non si fanno più sentire, sembrano quasi annichiliti di fronte ad una situazione che non presenta vie d'uscita.
Noi non siamo indifferenti rispetto a nessuna manifestazione sociale e cerchiamo sempre di indagarne le cause economiche. La promessa del reddito di cittadinanza spiega, per esempio, il successo del Movimento 5 Stelle nell'ultima tornata elettorale. Evidentemente, il cervello sociale ha punito quello che restava della sinistra di governo (PD e affini), individuata non come soluzione ma come parte del problema, puntando su chi sembrava rappresentare il "cambiamento". Ora, sul tema del sussidio di sostegno per disoccupati si è aperto uno scontro sia all'interno delle varie componenti della borghesia italiana che tra questa e il resto dell'UE. A gettare altra benzina sul fuoco, c'è la questione, tanto cara ai leghisti, dell'abolizione della legge Fornero, che non va proprio giù alla Banca d'Italia e al FMI. Quest'ultimo ha dichiarato che "le passate riforme pensionistiche e del mercato del lavoro dovrebbero essere preservate e ulteriori misure andrebbero perseguite, come una decentralizzazione della contrattazione salariale per allineare i salari con la produttività del lavoro a livello aziendale."
A tal proposito, quanto succede in Cgil si inserisce a pieno titolo nel caos sociale e politico dominante. L'attuale segretaria Susanna Camusso ha ufficializzato la candidatura di Maurizio Landini come suo successore, ma all'interno del sindacato si è determinata una spaccatura politica dato che Vincenzo Colla, ex segretario dell'Emilia Romagna, forte del sostegno di varie categorie, non ha abbandonato la corsa per conquistare la poltrona di Corso d'Italia. Il tutto mentre cala il numero dei tesserati e aumenta l'indifferenza dei lavoratori verso le beghe interne al gruppo dirigente cigiellino.
Per fortuna che lo scoppio della lotta di classe non è dovuto alla presa di coscienza del proletariato (altrimenti, diceva Bordiga, dovremo aspettare vari secoli ancora per "prepararlo"), quanto al superamento di determinate soglie di sopportazione. Si tratta di qualcosa di fisico, nel senso di "fisica della storia" (L'atomo sociale di Mark Buchanan). Ed è importante essere precisi con il linguaggio: molto spesso capita, erroneamente, di parlare di rottura rivoluzionaria come di una fase di transizione, che evoca un periodo di passaggio breve o lungo e tira in ballo un certo gradualismo. E' invece più corretto, riferendosi al passaggio rivoluzionario, parlare di transizione di fase, ovvero di un allineamento repentino delle molecole sociali, come quando l'acqua diventa ghiaccio o quando l'asse di legno si rompe dopo aver subito una serie di sollecitazioni. Il passaggio da uno stato della materia all'altro è discontinuo e avviene attraverso dei processi di trasformazione rapidi.
Nella società, anche se i più non se ne accorgono, stanno maturando fenomeni di rilevanza epocale, come il buono di non-lavoro lanciato dal governo giallo-verde. La proposta di fornire a chi ne ha i requisiti una tessera elettronica per fare la spesa fa pensare a quanto la società sia matura per un salto rivoluzionario. Come al solito, l'Italietta è il brodo di coltura di qualcosa che maturerà nei prossimi anni, magari a livello mondiale. Processi come la smaterializzazione del denaro sono irreversibili e stanno producendo già adesso degli effetti dirompenti; si è infatti arrivati ad elaborare la proposta di una moneta elettronica non cumulabile con la quale si possono acquistare dei beni, mentre il denaro lo vede solo il commerciante quando incassa direttamente dallo Stato.
La discussione intorno al reddito di base, va ricordato, è partita negli anni '80 in Belgio da parte del Collettivo Charles Fourier che ha istituito la Rete europea del reddito di base (Basic Income European Network), che poi è diventa un network mondiale (Basic Income Earth Network) con svariate decine di reti nazionali e regionali. Per un paio di decenni il "basic income" è rimasto appannaggio degli addetti ai lavori e di alcuni movimenti di sinistra, ma da qualche anno la questione è esplosa a livello globale: ne parlano i democratici Usa, i sindacati sudafricani, americani, inglesi e olandesi, i movimenti dei precari europei, ecc.; e molti sono i paesi che stanno sperimentando forme di reddito di base (Alaska, Finlandia, Olanda, Danimarca e singole città come Stockton in California). Il tutto va di pari passo con l'incalzare del fenomeno dell'automazione e dell'intelligenza artificiale. Siccome la produttività è altissima e bastano pochi operai a produrre tutto il plusvalore necessario alla società, questa deve provvedere in qualche modo alla sua sovrappopolazione relativa e assoluta, con lavori fasulli o con ammortizzatori sociali, in modo che non scoppino rivolte. Ma guai a quella società, si dice nel Manifesto del 1848, che invece di sfruttare i suoi schiavi dovesse giungere a mantenerli soltanto.
La forza produttiva sociale trova negli attuali rapporti di produzione delle insopportabili catene, e quindi le farà saltare. Se ne accorgono anche teorici delle reti come Michel Bawens, che nel 2012 ha scritto l'articolo "Occupy as a business model: The emerging open-source civilisation"; o come Kevin Kelly in "The New Socialism: Global Collectivist Society Is Coming Online". A questi articoli si può aggiungere il saggio di Jacob Rigi La produzione peer to peer come alternativa al capitalismo: un nuovo orizzonte comunista, di cui riportiamo un passo significativo:
"La centralizzazione della informazione/conoscenza e la struttura a rete contraddicono, intrinsecamente, i rapporti di produzione capitalistici. La logica di rete richiede che la conoscenza prodotta in ciascun nodo di una rete integrata a livello globale debba fluire liberamente e in orizzontale in tutte le direzioni per tutti gli altri nodi".
Viene in mente quanto diceva Bordiga in Struttura economica e sociale della Russia d'oggi (1955) a proposito dell'elettrificazione:
"L'accumulazione capitalistica classica poté sorgere da impianti isolati e controllabili da privati, e anche la macchina a vapore che edificò il capitalismo dell'ottocento poteva essere controllata localmente e in modo autonomo. Ma la rete delle centrali che producono energia elettrica per migliaia di macchine motrici-operatrici su un territorio immenso non può... che sorgere con una progettazione centrale... L'energia termica è locale, autonoma, degna della democrazia filosofica e dell'anarchia economica del piccolo borghese. L'elettricità è unitaria, centralista, organica."