Il fatto più importante è che probabilmente questo risparmio forzato sarà difficile spenderlo, perché non è successo che le famiglie hanno messo da parte dei soldi volontariamente e secondo i suggerimenti degli economisti. Sta succedendo tutto in maniera incontrollata quindi non si sa cosa può accadere perché se non si hanno atti commensurabili, se non si traduce in serie di numeri controllabili, l'economia capitalistica è abbastanza restia a farsi controllare e a suggerire dei risultati per le tecniche finanziarie o per i governi.
La cosa più facile che potrebbe accadere con l'entrata nell'economia di questo accumulo, insperato ma soprattutto imprevedibile, di capitale è un'inflazione piuttosto sostenuta (ed è probabile che una situazione analoga sia presente anche in altri paesi). In un caso come questo un'inflazione sostenuta significherebbe la cancellazione di pari valore di capitale disponibile, per i consumi per esempio. Il risparmio delle famiglie finché è tesaurizzato non è assimilabile a capitale. Il problema è che non c'è come negli anni '70 e '80, una protezione contro l'inflazione. Anzi, nel panorama economico generale di allora l'inflazione era auspicata proprio perché serviva a stimolare un capitale che era piuttosto sonnolento. L'inflazione tanto desiderata da Draghi quand'era a capo della Banca centrale europea non c'è stata e se dovesse presentarsi tutta in una volta combinerebbe dei disastri.
Quindi anche un fatto che veniva accolto con favore e sembrava positivo, potrebbe arrecare dei danni anziché dei benefici. C'è una situazione in cui un insperato vantaggio può provocare un altro ciclo di crisi, che dal 2008 potrebbe essere il terzo, ma più micidiale. Questa crisi, che ormai dovremmo chiamare in un altro modo perché la crisi è una situazione acuta invece questa è cronica, come diceva Engels sta diventando endemica, permanente.
Sembra insomma spuntare all'orizzonte la stagflazione, cioè una recessione accompagnata dall'aumento dell'inflazione. Si è già vista negli anni '80 ed è stata superata. In quel periodo l'inflazione viaggiava al 20%, causando non pochi problemi. Se guardiamo le cose da un punto di vista sistemico, una situazione del genere oggi è insostenibile. Nell'attuale contesto l'inflazione diventerebbe pericolosa, perché non c'è più un meccanismo volto ad indicizzare automaticamente i salari in funzione degli aumenti dei prezzi, c'è invece un precariato diffuso e alti tassi di disoccupazione. Tale situazione diventerebbe un detonatore per un eventuale movimento di massa, causato dal fatto che il proletariato o una parte di esso non riesce più a vivere con i salari esistenti. Ci sono delle soglie che non si possono superare.
L'aumento del prezzo della benzina sembra destinato a continuare, questo ovviamente si ripercuote sui prezzi dei beni di prima necessità e quindi sul costo della vita in generale. Il trasporto delle merci in Italia e in altri paesi è su gomma e i primi a soffrirne sarebbero gli autotrasportatori. In queste condizioni un aumento del salario farebbe discendere il tasso di profitto e i capitalisti sarebbero costretti a rifarsi con l'aumento dei prezzi. Vedremo quale soluzione potrà trovare il Capitale. Intanto, il problema dei colli di bottiglia nei trasporti non è ancora stato superato e ci vorrà ancora un bel po' di tempo perché i milioni di container sparsi per il mondo rientrino in casa; con il blocco della circolazione delle merci, nel frattempo, continuano a gonfiarsi le tasche dei noleggiatori, che sperano che lo stop perduri.
Lo vediamo bene con le nostre teleriunioni, ogni settimana ce n'è una: la congestione dei porti, le materie prime, l'energia, ecc. Di mese in mese andiamo verso una catastrofe. Qualcuno potrebbe dirci che siamo dei catastrofisti senza prove, ma le prove non sono evidenti ai più solo perché sono diluite nel tempo. Un anticapitalista è sempre un catastrofista perché vede sempre crollare il capitalismo anche se il crollo definitivo è ancora lontano. Da questo punto di vista un comunista è un ottimista nato.
Il trionfo del capitale finanziario su quello industriale produce degli effetti: il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva la legge che impone l'assicurazione anche per le auto ferme in box. Il fatto andrà a discapito di tutti coloro che saranno costretti a pagare una rendita alle compagnie assicurative anche se non si utilizza il mezzo, ma andrà a discapito anche degli industriali in senso stretto, i vari costruttori automobilistici. Le agenzie di assicurazioni incasseranno soldi senza far nulla, è un esempio di capitale finanziario che trionfa su quello industriale.
Il sistema della rendita è un altro guaio per il Capitale: la rendita è profitto differito nel tempo e nello spazio. Il plusvalore che finisce alla rendita non va più nelle tasche dei capitalisti ma va nelle banche, che magari prestano soldi agli imprenditori, ma che intanto fanno lo spulcio dell'interesse bancario.
Ma si può prevedere una soglia di povertà generalizzata oltre la quale scoppia la rivoluzione? Certamente la soglia c'è, ma non la conosciamo. Possiamo però ricavarla grossomodo da un lavoro tipo quello che avevamo fatto negli anni '80 con il quaderno La crisi del capitalismo senile. Possiamo ricavare qualcosa di approssimativo perché, per esempio, abbiamo delle difficoltà a calcolare il saggio di profitto visto che non abbiamo la quantità di plusvalore ricavato dalla forza lavoro pura ma delle cifre ibride che prendono in considerazione anche i salariati del settore pubblico che producono beni e servizi non vendibili. Qualcuno ha cercato di ricavare i dati dalle montagne di cifre fornite dalla borghesia ma rimane molto difficile stabilire delle soglie precise. Diciamo che possiamo fare delle considerazioni su quello che esiste: l'Italia ha il 70% del Pil formato da servizi, l'Inghilterra addirittura l'80%. Paesi del genere dovrebbero aver superato la soglia da un bel pezzo, invece vediamo il proletariato ridotto ai minimi termini, al 10/15% della popolazione, e tutto il resto che viene mantenuto col plusvalore da esso prodotto. La classe media è una classe con facoltà di consumo e se gliela tolgono si arrabbia prima di tutti. Il reddito di un bottegaio è diverso da quello di un salariato e dipende molto dal mercato, può essere ricco o povero a seconda di come si trova rispetto agli alti e bassi del consumo, mentre il salariato ha un salario di riferimento. Il bottegaio ha un risparmio completamente diverso rispetto all'operaio: se chiede un mutuo glielo danno sulla base del lavoro futuro, delle attività future che intraprenderà coi soldi della banca, all'operaio chiedono la casa in garanzia. La questione del reddito e delle sue fonti, come dice Marx nel III Libro del Capitale, sezione VII, è molto semplice: se non c'è plusvalore per ricavare reddito la società capitalistica muore.
La fascia bassa della classe media rischia la proletarizzazione e allora entra in agitazione e va in piazza a chiedere libertà, pretendendo di poter tenere aperte le attività senza impedimenti di sorta. C'è una differenza tra il bottegaio puro e semplice e l'artigiano che ha un laboratorio che produce delle merci che vanno sul mercato: l'artigiano prende una parte del salario dando in cambio qualcosa, mentre il bottegaio in cambio da solo l'affitto per il magazzino e il pagamento della vetrina. Ci sono anche queste sottospecie di classi che influiscono sulla composizione del Pil.
Abbiamo poi affrontato la questione ambientale: dal punto di vista scientifico c'è una degenerazione dei rapporti tra l'uomo e la natura che è veramente preoccupante, perché non ci sono solo le cose visibili come le isole di plastica negli oceani, l'estinzione della foca monaca, il buco dell'ozono, ecc., si sta distruggendo la biosfera e le cifre che bisogna guardare sono quelle dell'"impronta ecologica" (ecological footprint), che abbiamo utilizzato nell'articolo "Un modello dinamico di crisi", rivista n. 24.
Non c'è una relazione automatica tra la crisi economica e la ripresa di movimenti di classe. L'abbiamo visto mille volte nella storia: gli uomini hanno sopportato l'inenarrabile prima di ribellarsi. L'umanità è nella sua fase preistorica. Ci siamo evoluti con un difetto, quello raccontato da Richard Dawkins nel saggio Il gene egoista: l'individuo in quanto tale è egoista perché ha il compito genetico di salvaguardare sé stesso, dopodiché in seconda istanza si collega con gli altri perché ha notato che l'unione fa la forza e che la socialità porta ad un migliore controllo dell'ambiente circostante. Quindi abbiamo questa contraddizione che ci portiamo dietro dal punto di vista genetico. L'importante è togliersi dai piedi il capitalismo e, con ciò, impostare una società che dia prevalenza all'essere sociale e non a quello egoista.
Ci sono due accezioni con cui trattiamo il problema della preistoria umana: quella cronologica (paleolitico, neolitico, ecc.), e quella figurata da Marx della preistoria e della storia della specie umana: tutte le società divise in classi sono la preistoria umana, dal comunismo sviluppato inizierà invece la storia dell'uomo. Finora l'umanità non è cosciente (non conosce sé stessa) e quindi non riesce a progettare globalmente la propria vita sulla terra, ma si comporta come qualunque altro mammifero. Il comunismo corrisponde alla fine della preistoria umana.